Maleducazione di chi la colpa? Derby, di chi il dominio?

l L c A s O. Colpi bassi e insinuazioni su Martin Amis, che ha cambiato agente, editore e moglie LETTECI AL GIORNALE Maleducazione, di chi la colpa? Derby, di chi il dominio? Quando la famiglia blocca la scuola Nella Scuola Media Statale «San Leone» di Capena (Roma) la professoressa Anita Corsane ha dato per tema nella classe 3 D l'articolo di Ferdinando Camon «Figli maleducati? E' reato», uscito sulla «Stampa» il 23 febbraio, e ha mandato al giornale una manciata di compiti. Ne pubblichiamo una scelta, con la risposta di Camon. Lei dice che il reato di «cattiva educazione» esiste e va punito, ma a mio parere prima che questo avvenga bisognerebbe aiutare tutta la famiglia che magari ha molti altri problemi e crede che quello «■:<». il più superficiale. Fino allo scorso anno nella mia classe c'era un ragazzo di 15 anni, molto maleducato, quasi analfabeta, e incapace di fare qualcosa per la scuola. Rispondeva male, disturbava me e i miei compagni, era violento e ci «rubava» qualcosa che ci spettava di diritto: il poter imparare. I professori hanno cercato di aiutarlo, di parlargli per fargli capire che si faceva male da solo, hanno anche parlato con i genitori che in questo erano, secondo me, veramente menefreghisti. Laura Piermarini I genitori hanno rifiutato il dialogo con gli insegnanti, e ora questo ragazzo si trova a vagabondare, è senza licenza media e quasi analfabeta. Adele Parente Sull'articolo si è scatenata una forte discussione: una parte dei miei compagni era d'accordo con il giornalista, se un ragazzo è maleducato la colpa è dei genitori; altri credono che i genitori sono colpevoli fino a un certo punto, se un ragazzo si comporta male la colpa non può essere che sua; altri dava¬ no la colpa alla società; un quarto gruppo attribuisce la colpa a tutti e tre. Io faccio parte di quest'ultimo gruppo. Valentina Piazza Risponde Ferdinando Camon: Cari ragazzi, grazie dei compiti che avete mandato al giornale. Ora, voi avete un esempio personale: i genitori del vostro compagno non hanno accettato il dialogo con i professori, sicché i professori dovevano lottare senza e contro la famiglia: quindi non potete dire che la famiglia non abbia una sua responsabilità, e grave; la scuola media però è una scuola dell'obbligo, è un diritto-dovere frequentarla, e lo Stato deve fare in modo che tutti la frequentino fino alla fine; ma l'episodio che io commentavo nell'articolo si era svolto in un istituto professionale, dove si va per imparare un mestiere: è giusto che un'intera classe venga bloccata dalla violenza di uno studente, e che tutti i suoi compagni finiscano per imparare meno? Imparare meno vuol dire avere meno probabilità di trovar lavoro, e poi lavorare peggio, con danno della società. La società non deve difendersi da chi le produce un danno? e se ci sono famiglie che non l'aiutano in questa difesa, anzi le aggravano il problema, non sono famiglie anti-sociali, da punire? Toro, Juve e obiettività Leggo da molti anni La Stampa e trovo che ci lavorano ottimi giornalisti, in tutti i vari settori della cronaca. Però quando si tratta di calcio e specialmente del derby, certi giornalisti sarebbe meglio che non scrivano, perché dicono solo quello che vogliono loro, come per esempio quello di lunedì 10 aprile di Roberto Beccantini che afferma che il derby è stato dominato dal Torino, sulla vittoria niente da ridire, ma affermare che il Toro ha dominato è pura menzogna, perché per molto tempo il Toro ha passato la propria metà campo so- lo sui rinvìi del suo portiere. E poi quel bel 7 all'arbitro è la ciliegina sulla torta. Giancarlo Rampezzini Invorio (Novara) Risponde Roberto Beccantini: Pur rispettando la sua opinione, resto della mia. Che la Juve abbia mantenuto più a lungo il possesso della palla, è un dettaglio accademico: non ricordo chiare occasioni da gol, al di là di un pareggio maturato, fra l'altro, attraverso una fortunosa autorete. Sul piano atletico e tattico (marcature, pressing, contropiede), il Torino ha dominato il derby e, visto che sino a prova contraria le partite durano 90 minuti, se non di più, la invito a non sottovalutare le opportunità sprecate da Pelé e (soprattutto) Rizzitelli negli ultimi minuti. Capitolo arbitro: non capisco il suo livore, dove ha sbagliato Cesari? Nell'espellere Paulo Sousa? Gli era così vicino da non poter sbagliare interpretazione. Mentre i tifosi, per eccesso di amore, a volte sono troppo lontani da tutto. Gli aerei attentano al clima Vorrei chiedere agli esperti (e mi rivolgo in particolare agli autori dell'articolo sul clima apparso sul supplemento scientifico della Stampa) alcuni chiarimenti in merito. Innanzitutto vorrei sapere per quale motivo gli impianti di riscaldaménto vengono sempre più trasformati a metano, se questo gas, come sembra, è tra i responsabili dell'effetto serra. La sensazione infatti è che il cosiddetto «cielo azzurro» nasconda in realtà un inquinamento ancora maggiore. In secondo luogo mi pare che si metta poco in risalto l'mquinamento provocato dagli aerei, che, secondo me, è maggiore di quello provocato dalle automobili e capace da solo di avere effetti deleteri sul clima. Infine vorrei capire come mai, se come da loro sottolineato nell'articolo, il destino dell'Italia è di avere una sempre maggiore desertificazione al Sud e un aumento delle precipitazioni al Nord, in realtà sta accadendo da qualche tempo esattamente l'opposto. Mariangela Pomari, Torino Risponde Piero Bianucci: Il metano è in sé un gas a effetto serra e in gran parte finisce nell'aria per processi naturali legati, per esempio, agli allevamenti di bestiame. Bruciando metano si contribuisce all'effetto serra meno che bruciando petrolio o carbone e inoltre non si immettono inquinanti sotto forma di smog. Bisogna quindi limitare non l'uso del metano ma la sua dispersione nell'aria. L'inquinamento prodotto dagli aerei non è certo trascurabile, ma rispetto a quello delle auto è diluito su regioni molto più vaste. In ogni modo i nuovi modelli sono molto più puliti rispetto a quelli di qualche anno fa. Quanto ai mutamenti climatici in Italia, devono essere valutati sulla scala di varie decine di anni o di secoli e non di periodi brevi, che sono influenzati da fattori contingenti. Quella storia di partigiani Dopo l'uccisione di due soldati nazisti effettuata in Bertinoro (Forlì), mio padre che sapeva di essere il primo nella Usta, preparata dai repubblichini locali, degli antifascisti da assassinare in ipotesi di ulteriori azioni partigiane, quando io ritornai per giustiziare un criminale fascista che aveva orribilmente torturato il commissario della mia brigata, mi fornì le indicazioni che grandemente facilitarono il mio compito, senza rivelarmi che in tal caso egli sarebbe stato ucciso e invece di fuggire, come bene avrebbe potuto, scelse di rimanere ad attendere gh sgherri che lo uccisero, insieme al fratello e ad altri tre, all'alba del 1° maggio 1944. Ma vi è di più e di meglio atto a dimostrare che la vituperazione delle azioni partigiane a causa delle rappresaglie conseguenti è solo un comodo pretesto per denigrare la Resistenza, se si considera che nessuno di tanti benpensanti che si ergono a giudici, mai e poi mai hanno condannato le incursioni terroristiche, anche quelle condannate dalle leggi di guerra, dei nostri aviatori su obiettivi civili in Inghilterra che hanno provocato rappresaglie e lutti ^finitamente superiori a quella, sia pure dolorosissima, delle Fosse Ardeatine; anche chi pianificava i bombardamenti, al sicuro nei suoi ben muniti rifugi, ben doveva sapere che si sarebbe provocata una risposta quanto meno della stessa portata, com'è nell'ordine naturale della guerra! Se nessun addebito è stato mai mosso ai generali che, senza alcun pericolo, così disposero e comandarono, chi e in base a quale legge morale può sentirsi autorizzato a censurare il partigiano che, a costo della propria vita ed esponendosi a torture feroci in caso di cattura, colpiva il nemico con i mezzi di cui disponeva? Umberto Fusaroli Casadei Bertinoro (Forlì)