Masi: la sinistra bacerà il rospo di Massimo Gramellini
Masi: la sinistra bacerà il rospo Masi: la sinistra bacerà il rospo MILANO ACIARE il rospo, compagni. Schizzi di partito democratico nelle tre regionissime del Nord, Lombardia-Piemonte-Veneto, dove i «governatori» candidati dal centro-sinistra sono più a destra di Prodi: il pattista-aziendalista, il confindustriale e l'amico di Fracanzani, arruolati in un Cln-Alta Italia antiberlusca. Unico precedente, jellato: Bartolo Ciccardini, un anno fa al Senato per i progressisti. Trombato. I tempi non erano maturi e Ciccardini, forse, lo era anche troppo. Ma adesso? Primo rospo: Diego Masi, quanto di più simpaticamente simile a un manager di Publitalia si possa trovare sul mercato della politica italiana. Un pubblicitario che conosce la magia berlusconiana dei numeri. A Lodi, dove ha incontrato la Sinistra - una ventina di giacche di fustagno in una sala buia - ha bloccato gli sbadigli estraendo un foglietto: «Sapete che l'82% del bilancio lombardo va in sanità e solo 10 0,2% all'artigianato? Questa non è una Regione, ma un'immensa Ussl». Uno che chiama la sua coalizione «marchio» e ha capito molto prima del pds il potere berluscatomico della tv: «La par condicio è una schifezza», racconta ad un'altra ventina di fans in un refettorio di Cesano Boscone, «ma se non ci fosse, io sarei in giro a sudar comizi e Formigoni seduto da Mentana con l'aria condizionata, a randellarmi elettronicamente da mattino a sera, mentre Fede passerebbe il tempo a storpiarmi il nome: quel Musi, Mesi, Misi...». Baciarlo oppure no? Radio Popolare: il Rospo in cuffia, una principessina bertinottiana al telefono: «Vorrei sapere dal signor Masi un buon motivo per cui dovrei votare il signor Masi». Più comodo ripassare i motivi per cui non dovrebbe. 1) Le origini. Diego Maria Masi de Vargas Machuca. Troppa roba. Va bene, anche Berlinguer aveva il sangue blu, ma dietro i baffetti e i cognomi del Diego Maria ci sono secoli di cattolicissima Spagna e nobiltà controriformista. 2) La ricchezza - 933 milioni di reddito dichiarato - che alla sinistra mette sempre il prurito, chissà perché. E quella voglia siivi esca di non-politica che gli fa dire: «Fidatevi, sono uno che si è fatto da sé». 3) Il veltronismo estremo. «Masi for president», si legge sul manifesto elettorale col faccione pensoso che Jimmy Pallas, freakettone clintoniano che oltre a quella di Masi organizza le tournées italiane di Eric Clapton ed Elton John, ha fatto attaccare su ogni strada e vicolo di Lombardia. A sinistra molti abbassano gli occhi: si vergognano. Masi ridacchia: «Lo so, è un'amerikanata con la kappa, ma l'ho fatta apposta, per sollevarci il morale. Basta con 11 centrosinistra penitenziale, zoccoli ai piedi e sguardo triste. D'accordo le regole e i sacrifici, ma la vogliamo anche un po' far godere, la nostra gente? E poi io sono kennedyano. Anzi, le piazzerei questo bell'adesivo sul paltò: "Vota Masi, ferocemente democratico", con "fero" e "demo" in stampatello, che risalta». 4) Scheletri negli armadi, parte prima. Da assessore della giunta Borghini, ha partecipato cu persona agli sgomberi del Leoncavallo. «Una palla micidiale. Invece ho messo su un bel po' d'assistenza». 5) Scheletri bis: due anni fa ha curato la campagna per Adriano Teso sindaco, oggi Forza Italia, organizzando fra l'altro un comizio al cimitero con discorsetto sull'«ultimo viaggio» e toccata & fuga precipitosa degli elettori più malmessi. «Un montato, quei Teso, ma allora non si poteva fare altrimenti». Adesso, invece. «Un buon motivo per baciarla, signor Masi», insiste la principessina rossa al telefono. Il Rospo strizza gli occhietti avidi da maggioritario: «Gliene dico uno ottimo: io sono il male minore». E' il suo momento, quello della pubblicità comparativa, gli slogan anti-Formigoni che tiene in un cassetto della macchina per poterli ripassare durante i viaggi. «Io penso alla Lombardia come alla California, Usa Lui come al Khorestan, Iran». «Ai suo confronto, l'ayatollah Khomeini era un liberal». Escalation apocalittica: «Se vince Formigoni, i preservativi verranno venduti di notte al mercato nero, le minigonne proibite con ordinanze comunali e le pillole anticoncezionali saranno prodotte nei laboratori clandestini, gestiti magari dalla mafia». Volete salvare preservativi, pillole e minigonne, comprese quelle, impeccabili, che lavorano nel quartier generale di «Lombardia Democratica - Masi for president» in via Panzeri? «Ecco un ottimo motivo per votarmi». A sinistra, i meno ortodossi cominciano a crollare: «Io sono di Rifondazione, ma lo sa che lei e simpatico?», si arrende un'ascoltatrice di Radio Pop. Miracoli del bipolarismo. La moglie di Masi, una borghese lombarda modello «classic», quelle che fanno le battute conservando la faccia triste, ammette: «Qui cambia tutto. Prenda D'Alema: non lo sopportavo, adesso lo trovo persino bello» e intanto suo marito risponde al cellulare ed è Luigi Berlinguer: «Vai Diego, sei nei nostri cuori». Masi è turbo, ma non ruffiano: non finge sentimenti che non prova. Potrebbe dire che va matto per la sinistra, ma chi gli crederebbe? Resta da capire perché hanno candidato proprio lui. «Ho provato a stanare la famosa "società civile". Professoroni, intellettuali, autorità, tutti a chiedere la certezza della vittoria, altrimenti "mi spiace, ma con i miei impegni...". Gente senza palle». Lo ritroviamo a Como, in piazza del Duomo, fra musica andina che sa di sconfitta e turisti tedeschi che bevono birra in faccia a un Valdo Spini con giacca stazzonata e dieci fans. «Laburisti a Como». L'è dura, direbbe il Griso, che era di queste parti e forse oggi avrebbe il «bomber» e gli occhialoni del giovane affacciato al balcone di An che dà sulla piazza. Gli occhi di Masi lasciano il giubbotto nero e tornano a posarsi, più rilassati, sulla giacca di Spini. «Questa destra mi piace anche meno delia sinistra». E allora avanti, «che anche il Bossi, mettendo uno come Speroni, forse ha voluto farmi un regalino». Lettera aperta ai leghisti («Vi impedirò di suicidarvi, come Pippo Baudo a Sanremo: e poi voglio lo Statuto Speciale per la Lombardia»), strizzatone d'occhio ai pensionati e messaggio detinitivo a quelli che lui chiama «i rifondini»: «Non mi amate, lo so, ma se vince Formigoni sai che bella vittoria per il proletariato! Non vi piaccio? Mettetemi una croce sopra. Sulla scheda, intendo». Nonostante la battuta, la regista di Radio Popolare va a stringergli la mano, ad occhi bassi: «Mi toccherà votarla, sa?». Lui gongola: «Si tapperanno il naso e gli altri ventisette buchi, ma alla fine mi baceranno. Perché hanno scoperto che solo il rospo mangia le formiche. E i formigoni, eh eh». Masi, abbia almeno pietà. Massimo Gramellini
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