Roma di nuovo città aperta

(resw tote il Papa, in tv Lizzani prepara il film che rievocherà l'alba del neorealismo Roma di nuovo città aperta E Lina Sastri sarà Anna Magnani ROMA. Alla fine di questa primavera, dopo una lunghissima preparazione, Carlo Lizzani comincerà a girare il film su «Roma città aperta», l'opera di Roberto Rosselhni che inaugurò in Italia la stagione del neorealismo. Un film difficile perché molti dei protagonisti, pur essendo ormai morti, sono ancora nella nostra memoria e quindi trovare gli attori a cui affidare i loro volti è un'operazione complicata: il ridicolo di una faccia sbagliata metterebbe a rischio la riuscita del film. Ma anche perché «Celluloide», il libro di Ugo Pirro a cui è ispirata la sceneggiatura scritta da Furio Scarpelli, è un romanzo molto lungo, metà storia e metà saggio, pieno di fatti e fatterelli, annotazioni di costume ed eventi clamorosi, che non è agevole ridurre alla durata di un'ora e mezzo. Il film, prodotto da Angeletti e De Micheli, sarà distribuito dall'Istituto Luce per volontà di Silvio Clementelli. Circondata da molta curiosità e altrettanto mistero la scelta degli attori. Fino ad oggi, pochissimi sono i nomi su cui sembra ormai non esserci più alcun dubbio: Lina Sastri che sarà Anna Magnani, Laganà che farà Aldo Fabrizi, Massimo Ghini Rosselhni, Anna Falchi Maria Michi, Giancarlo Giannini Sergio Amidei. Anche se i contratti non sono ancora firmati e per la scaramanzia tipica del cinema nessuno vuole confermarli, questi nomi circolano ormai con insistenza. Trattandosi di un film corale per eccellenza, restano ancora da scegliere gli interpreti di un altro folto gruppo di personaggi: Jone Tuzi, la mitica segretaria d'edizione; Federico Fellini che curò i dialoghi per Aldo Fabrizi abbandonando il suo lavoro di caricaturista; De Sica e Zavattini che proprio in quel periodo cominciavano a sognare il cavallo bianco di «Sciuscià»; Roswita Schmidt, l'amante del momento di Rosselhni; Marcella De Marchis, la ex moglie del regista che continuava a seguirlo con i figli Romano e Renzino; la contessa Polito, avventuriera più che aristocratica, che fornì il primo finanziamento; il produttore Peppino Amato che riceveva in mutande all'Excelsior e permise al film di andare avanti; il bel Massimo Serato, amante infedele di Anna Magnani e padre di suo figlio Luca; gli amici comunisti dello sceneggiatore Amidei, i grandi Amendola, Negarville, Alicata. Determinazione e casualità si fondono nella nascita di «Roma città aperta», come cronaca e invenzione, vita privata e impegni professionali facendo un tutt'uno di quest'avventura. Se Anna Magnani non fosse rimasta incinta di suo figlio Luca la parte che ebbe Clara Calamai in «Ossessione» di Visconti sarebbe stata sua, ma all'inverso, se non si fosse sentita «fregata» dalla Calamai per «Ossessione», la Magnani avrebbe accettato subito la proposta di scalzarla nel film di Rosselhni? E se Amidei non fosse stato perso dietro a Maria Michi, avrebbe inventato, ispirandosi a Luisa Ferida, il personaggio della delatrice che tradisce il suo compagno comunista consegnandolo ai nazisti, pur di avere la Michi tra le in- terpreti? E se il figlio di Anna Magnani-Luca non si fosse ammalato di poliomielite mettendo in forse il film, Rosselhni avrebbe mai potuto mostrare alla Magnani le sue straordinarie doti di padre facendola poi innamorare di lui perdutamente? Chissà. Perfino il titolo «Roma città aperta» nacque per caso: il produttore Peppino Amato voleva ci fosse il nome Roma sui manifesti per far più soldi e Rosselhni per farlo contento rinunciò all'idea di chiamarlo «Storie di ieri», un nome che pure r. veva scelto con tanta cura. Certo è che, dal racconto che fa Ugo Pirro, il solo a sapere con chiarezza cosa girare sembra essere stato proprio Rosselhni. Lui voleva la realtà. E alla realtà invitava a guardare lo sceneggiatore Sergio Amidei. Il personaggio di Anna Magnani è infatti ispirato a Teresa Gullace, una donna entrata nella cronaca dell'«Unità» per esser stata uccisa dai nazisti durante un rastrellamento. Quello di Aldo Fabrizi nasce dalla fusione di due sacerdoti reali: il pittoresco Don Pappagallo che aiutava i partigiani a Trastevere e l'austero Don Morisini fucilato per aver aderito alla Resistenza. Ma tanti altri episodi grandi o piccoli accaduti veramente sono poi confluiti nella sceneggiatura. «Roma città aperta», racconta Pirro, è tra l'altro il primo film italiano a portare sullo schermo il personaggio di un partigiano. Subito dopo compariranno altri partigiani in «Un giorno nella vita» di Blasetti, ne «Il sole sorge ancora» di Peppe De Santis interpretato proprio dai futuri registi Lizzani e Pontecorvo, e perfino in «Due lettere anonime» di Camerini, già indiscusso maestro della commedia leggera. L'Italia aveva voltato pagina. Simonetta Robiony «Celluloide» il grande affresco di un'epoca Tra magnati in mutande e contesse avventuriere Qui sopra la più famosa scena di «Roma città aperta»: Anna Magnani a terra, colpita dal fuoco dei tedeschi, con il figlio disperato che le si getta addosso. In altro a sinistra Roberto Rossellini, a destra Carlo Lizzani. Qui a destra i protagonisti dello storico film e gli attori che li interpreteranno adesso

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