Borrelli come Michelangelo

Borrelli carne Michelangelo Borrelli carne Michelangelo In quattro vignette il «Perché non parli?» LA SATIRA E MANI PULITE OENTE di solida cultura, i vignettisti. Sono stati ben in quattro, ieri, ad ispirarsi al famoso e scorato «Perché non parli!», rivolto da Michelangelo Buonarroti alla statua di Mose appena terminata e troppo bella per non essere viva. Che cosa c'era di meglio, d'altronde, per illustrare metaforicamente la rabbia di Francesco Saverio Borrelli verso la sua «creatura» Antonio Di Pietro, vivissimo ma enigmatico, «marmoreo» fin dal nome, che non si decide a spiegare chiaramente i rapporti incrociati con il pool di Milano e la politica? E così, oltre ai disegnatori di punta del «Corriere della Sera» e del «manifesto», Giannelli e Vauro, anche i fratelli Origone per «La Gazzetta di Parma» e Marani per «Il Piccolo di Trieste» rivisitano il dramma del genio della scultura. Un poker di disegni che, a un primo colpo d'occhio, sono molto simili: un piccolo procuratore capo di Milano alquanto indispettito e sempre in toga (quello dì Vauro addirittura con cappello e stola di ermellino) assesta una martellata all'imponente Di Pietro-Mose, per punirlo del suo ostinato silenzio. Oltre al fumetto «Perché non parli?», il «mani¬ festo» e la «Gazzetta di Parma» aggiungono un epigramma che gioca sul cognome dell'ex pm: «Di marmo» per Vauro, «Di pietra» per gli Origone, forse la vignetta più indovinata di tutte. E' realistico il Mosé-Tonino di Giannelli, con tanto di «cornetti» sulla fronte, come nell'originale della statua custodita a Roma. Magari un po' troppo bonaccione l'ex pm visto da Marani, con tondi occhi buttiglioneschi. In doppiopetto e cravatta (berlusconiana?) il Di Pietro di Vauro, mentre tutti gli altri sono avvolti in un manto profetico, con solidi piedi nudi. Assai efficace, infine, il Di Pietro squadrato di Origone, tra le mani le tavole della legge con scritta cubitale «Lex», possente rispetto a un minuscolo Borrelli infuriato, senza nemmeno il martello in mano. Vauro, Giannelli e Marani non dimenticano invece di fornire la tradizionale arma dello scultore al procuratore capo di Milano, che per Marani prende coerentemente le fattezze di quello del giudice in Tribunale. Ma a nulla può l'urlo dei quattro Borrelli: Di Pietro, da buon convitato di marmo, non mostra reazione alcuna. Raffaella Siiipo Il giudice «di pietra» sulla Gazzetta di Parma «di marmo» al Manifesto Le vignette della «Gazzetta di Parma», «manifesto» e «Corriere»

Luoghi citati: Milano, Mose, Roma, Trieste