CHI VUOLE DIVIDERE I GIUDICI

Invalidi, falso uno su Ire CHI VUOLE DIVIDERE I GIUDICI CERCHIAMO di andare all'essenziale. Nella vicenda Berlusconi-Borrelli-Di Pietro ci sono tanti aspetti poco chiari e tanti motivi polemici di ciascuno dei tre nei confronti degli altri. Ma l'essenziale è questo: da quando Di Pietro ha lasciato i suoi colleghi della procura della Repubblica di Milano, gli attacchi contro di lui che in precedenza provenivano - diciamo così - dall'area Berlusconi (ce li ricordiamo tutti), prima sono cessati e poi si sono tramutati in un coro di consenso, all'inizio in sordina e, infine, a gola spiegata. Si è venuto a creare un grande sottinteso: l'esistenza di una distanza e perfino di una incompatibilità tra l'uomo-simbolo delle inchieste sulla corruzione politicoamministrativo-finanziaria, da un lato, e il capo della procura e gli altri suoi colleghi dall'altra. Si sono potute ricostruire retroattivamente le dimissioni di Di Pietro e imputarle addirittura a screzi con Borrelli sulla gestione delle inchieste. Si alterava così il loro significato che la lettera di Di Pietro faceva dipendere dalle strumentalizzazioni politiche, ma esterne alla procura, e si dimenticavano le parole di stima incondizionata espressa al capo del suo ufficio. Si è arrivati a fare intendere che le dimissioni siano state decise per evitare di coinvolgersi in una scorrettezza giudiziaria, l'interrogatorio di Berlusconi voluto per fini politici. Queste non sono però altro che forzature entro una più generale operazione di accreditamento di Di Pietro come antagonista di Borrelli e di quel che è rimasto dei suoi collaboratori. Il culmine, per non dire il colmo, si è raggiunto quando Berlusconi, con l'aria di chi dice e non dice, di fronte a otto milioni di telespettatori ha affermato che Di Pietro avrebbe firmato il prowe- Gustavo Zagrebelsky CONTINUA A PAG. 6 QUINTA COLONNA

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