Un tumore su due oggi è curabile

Un tumore su due Un tumore su due oggi è curabile IL cancro rappresenta un gruppo di malattie caratterizzate da una moltiplicazione incrontrollata di cellule anormali. Le cause possono essere sia esterne (chimiche, radianti, virali, meccaniche) sia interne (ormonali, immunitarie, ereditarie), e possono agire insieme e in sequenza, dare inizio o promuovere la carcinogenesi. Talvolta passano 10 e più anni dall'inizio del processo al momento in cui il cancro è diagnosticabile. Ma grazie a nuove possibilità di trattamento con la chirurgia, la radioterapia, la chemio-ormonoterapia, l'immunoterapia, si è ottenuto un sensibile miglioramento del decorso della malattia. All'inizio del '900 pochi pazienti potevano sperare di sopravvivere. Nel 1930 un solo paziente su 5 sopravviveva per 5 anni dopo la diagnosi. Nel 1940 la sopravvivenza era di 1 su 4 e nel 1960 di 1 su 3. Dal 1990 si può prudenzialmente valutare che 1 ogni 2 pazienti affetti da tumore maligno sopravvive oltre 5 anni, con un miglioramento in mezzo secolo dal 20 per cento al 50 per cento. Dal 1960 al 1989, considerando tutte le sedi, la sopravvivenza passa dal 39 al 55 per cento. Per i tumori della bocca e della faringe il miglioramento è limitato (dal 45 al 54 per cento) e dovuto soprattutto alla maggiore frequenza di visite mediche specialistiche e all'accresciuta igiene orale. Per l'esofago e lo stomaco, lo scarso miglioramento è prevalentemente legato al ritardo nella diagnosi. Tuttavia i progressi della endoscopia e della chirurgia hanno consentito di raddoppiare il numero dei sopravvissuti. Nel caso dei tumori bronco-polmonari, la diagnosi precoce è ancora oggi molto difficile e le indagini andrebbero soprattutto rivolte ai fumatori. La cura (chirurgica, radioterapica e chemioterapica) è utile solo in una ristretta categoria di tumori bronco-polmonari. I tumori del colon-retto, pur avendo già una prognosi migliore di altri, si sono avvantaggiati in questi ultimi decenni del test del sangue occulto nelle feci e dell'esame procto-sigmoidoscopico. Ne risulta una sopravvivenza ed circa il 60%. In quest'ultimo tipo di tumori le prevenzione si avvale anche di test genetici che consentono una precoce identificazione dei soggetti a rischio nelle forme associate a ereditarietà famigliare (poliposi multipla). Questo vale anche per neoplasie che colpiscono altri organi, come la mammella, per quanto riguarda la sindrome dei carcinomi ovarici/mammari a insorgenza precoce e alcuni tumori dei tessuti molli. La sopravvivenza al carcinoma mammario, la più frequente neoplasia della donna (108 casi su 100.000 donne ogni anno), è migliorata in questi ultimi 30 anni dal 63 all'81 per cento soprattutto per la diagnosi precoce, l'educazione sanitaria e i programmi di screening mammografici. Lo stesso vale per i carcinomi del collo dell'utero, la cui mortalità è drasticamente ridotta da quando, prima del 1950, si è diffusa in tutto il mondo la semplice procedura del test di Papanicolau. I test di screening citologico, associati alla cistoscopla, si sono rivelati molto utili per la diagnosi dei carcinomi vescicali soprattutto in soggetti esposti a rischio professionale. Ciò ha permesso di portare la sopravvivenza a 5 anni dei tumori vescicali e delle vie urinarie dal 53 all'80 per cento. Per linfomi e leucemie la diagnosi precoce ha scarsa rilevanza e poche conseguenze sulle curve di sopravvivenza. In queste forme tumorali, invece, la precisa tipizzazione istologica ed ematologica e perciò l'adozione di terapie specificatamente studiate, per ogni sottogruppo individuato, hanno permesso i risultati più brillanti. I recenti controlli chemioterapici, la radioterapia e i trapianti del midollo hanno consentito di passare da sopravvivenze dell'ordine di 30-40 per cento (12-14% nelle leucemie) al 52-80 per cento nei linfomi. Infine interessanti considerazioni si possono fare tenendo conto della differenza di decorso in alcuni tumori secondo lo stadio di sviluppo rilevato al momento della diagnosi: localizzato, regionale, diffuso. Il cancro della cavità orale ha una sopravvivenza a 5 anni nel 78 per cento dei casi nello stadio localizzato e solo del 19% quando si riscontrano una diffusione o metastasi. Questa differenza risulta ancora più evidente nel colon-retto, dove si passa dall'89 per cento al 6%, nel polmone dal 46% ali 1%, nei melanomi dal 92% al 14% e nell'ovaia dall'88% al 17%, considerando anche che la sede di alcuni organi non consente un agevole accesso per diagnosi strumentali. Alberto P. M. Cappa

Persone citate: Alberto P., Cappa