UN VIOLINO CONTRO I LAGER

UN VIOLINO CONTRO I LAGER UN VIOLINO CONTRO I LAGER Storia di un'infanzia ebraica generazioni. In un'ansa dello spartito Per violino solo, il nonno spiega: «Molti ebrei stanno facendo come me le valigie: seppelliscono, prima che sia troppo tardi, le loro memorie nelle menti degli altri per preservarle dalle ingiurie del tempo e di chi le intende volontariamente ingiuriare». Torino, Asti, il Vercellese, il Biellese: ecco la geografia del piccolo Aldo Zargani, con una breve fuoriuscita - l'espatrio fallito - in Svizzera, a Basilea. Una succes- LTORINO A musica è di Bach, l'aria perentoria che «ordinava a tutti, a tutti, a tutti, i giorni dell'ira e della giustizia». Il violino che la interpreta, a differenza del violino di «Arsenio», una lirica montali ana, «quando rotola il tuono con un fremer di lamiera percossa» non si spegne, ma conosce una suprema vigoria, un'inflessibile verità. Per violino solo (il Mulino, pp. 237, L. 20.000) è la memoria di ÉH11 un'infanzia ebraica ( 1938-1945), allergica alla retorica, al piagnisteo, non avara di pigmenti buffi, di ore edeniche. Il virtuoso che ne ricama la colonna sonora, scomparso nel 1951, è il maestro Mario Zargani, prima viola del Regio, rara avis, come lo «laureò» il critico Andrea Della Corte. i| ! '■«..■ 1 ; ' * g§Bl BWHB Aldo Zargani, il figlio, autore di questa testimonianza in forma di racconto («Sentivo indispensabile la dimensione narrativa; il taglio didascalico, didattico, irrita, allontana il lettore») è nato sotto la Mole nel 1933. Già dirigente della Rai, già attore per diletto, con il Centro del Teatro Popolare e con il Teatro delle Dieci: «Debuttai sul bastimento diretto in America, poco dopo Gibilterra, il mare in burrasca». Dal '69 è a Roma. A Torino, in Comunità, nella sala dove una volta si impastavano le azzime, è tornato per «benedire» il Violino. Gli occhi sono sempre buoni («Una caratteristica etnica degli ebrei, anche gli ebrei cattivissimi hanno gli occhi buoni»),' ma l'accento ha smarrito - ammesso che lo avesse - il color grisaglia tipico del parlar piemontese. Nel '92 si è imposta l'urgenza di evocare il settennato 19381945 (fra le leggi razziali e la Shoah), insieme terri- ,, , n • • bile e felice, magico (lo AlOO /Mimili ripeiWITe stupore acceso dalla vita •-inno -if\/.ir che lievita, apprenderà il gli Otl/ll rJÓ6-i\)4D: bambino una volta ere- j, ■ • • ■ sciuto, è più forte di ogni «Il IMO (H'iniSllZlO ferita, di ogni orrore). t ri «mì sono deciso a seri- con la uermania nazista» La Sinagoga di Torino bombardata e Zargani vere quando è apparso II libro della memoria di Liliana Picciotto Fargion. Vi ho ritrovato compagni di gioco e di studio, familiari, conoscenti, accanto a ciascuno la data dell'arresto, l'ultima stazione, il lager, la presunta data della morte». Come il paralitico Barba (zio) Moise: «Issato in carrozzella nel vagone piombato, viaggiò fino ad Auschwitz e non so come entrò nella camera a gas. Forse in sedia a rotelle». «Ma non solo il Libro, la Spoon River che è, mi ha intimato di fissare i ricordi sulla pagina. La nascita di Mario Davide, mio nipote, è l'altra possente motivazione». Mario Davide, ovvero l'emblema delle nuove di Torino bombardata e Zargani sione di luoghi spesso «restaurati» con assoluta ispirazione (d'obbligo una sosta in piazza Carlo Felice e dintorni: «Terrazzi, tram, parco, portici, palazzi, giardini pensili, monumenti: l'esprit de geometrie al servizio dell'idolatria dell'eternità»). Una sequela di storie. Le bombe. Gli sfollamenti. Le scene familiari di un mondo borghese svanito (lo zio Rino che, prima di desinare, leggeva Ciondolino: «Chiedeva, ex abrupto, commenti ai passaggi morali sul destino dei bambini disobbedienti»). Il rifugio fra le mura cattoliche. Un aiuto invocato e accettato non ammai¬ Polemica familiare SONO NATI PRIMA 1 LIMONI O L'ALMANACCO POESIA '94? CIVOLONE sulla buccia dei «limoni». Giuliano Manacorda, storico della letteratura italiana, accusa il nipote Giorgio di plagio. «Non usiamo parole grosse - osserva Manacorda senior -, lo incolpo solo di essere un po' distratto». Sono due nando l'identità, neanche un frammento. La separazione dai genitori - dicembre 1943 - è dolorosissima, il cardinal Fossati «aveva capito il mio strazio, anche lui lo aveva patito, ma non aveva potuto trovare accesso alla mia anima, perché lui era un Cardinale cristiano e io un bambino ebreo». E i ritratti, alcuni scolpiti magistralmente. Come la severissima maestra Amar della scuola «Colonna e Finzi» (il volto «era un incrocio fra Beethoven e un samurai sul punto di sguainare la spada»). Come la madre agnostica (Zola, Anatole France e Verne le sue bibbie) addobbatasi per un ricevimento: «Si era trasformata in donna (...), vestiva un lungo abito i| nero, non scollato, ma con maniche di voile attillato alle braccia corte e ! tondette - pensai che avesse messo le calze anche nelle braccia...; in'■«..■ dossava praticamente 1 tutti i gioielli di famiglia e ; sfavillava come un idolo ' minaccioso... Si trattava, * e il mio inconscio si ribelg§Bl la a confessarlo, di un immenso pappagallo pohcromo». C'è Carlo Levi, bersaglio di un cordiale monito: «Si faceva vedere spesso al Tempio nell'immediato dopoguerra. Poi si accorse di essere più meridionalista che ebreo, e non venne più». Spiega Zargani: «Purtroppo o per fortuna le persecuzioni hanno rivelato l'ebraismo a tanti ebrei. Dissoltasi l'età buia, lungi dal dimenticare, molti di noi si sono ritrovati immersi nelle antiche, solide pieghe private o professionali». Non c'è Primo Levi: «Per motivi anagrafici. Lui è del 1919. Nella mia infanzia non compare. Ma ho avuto modo di incontrarlo, siamo diventati amici». Primo Levi - qui il suo tarlo, il suo «vizio assurdo» - non lesinò energie per afferrare il bandolo, la «ratio» dell'Olocausto. Lo avrebbe aiutato a sopportare l'immenso peso la conclusione a cui è giunto Zargani (la Shoah «è priva di cause che non fossero annidate nei cervelli malati di chi l'aveva generata»)? «Raccontare un ricordo, gli toghe il veleno dal dente», assicurava un saggio. «Raccontando conviene in parte Zargani - si è spenta, almeno spero, la mia guerra psichica contro la Germania del III Reich, la Guerra dei Cinquantanni. Abbiamo fatto pari, credo che ci sia stato un armistizio fra spettri». Un armistizio, non la fine dell'incubo. «A un'ora imprecisa / Quell'agonia torna», sapeva Primo Levi. «La nostra memoria è tuttora rischiarata dal bagliore dei forni», gli fa eco Aldo Zargani. Bruno Quaranta Giorgio Manacorda: èda Nanni che un grande editori1 non pubblica sue poesie: «Pago le critiche alle opere di ( 'ucc/ii, < 'onte. De.Angelis, l iridili e lìaboni» Sotto, (imitano Malinconia anni che Giuliano Manacorda, con Francesco De Nicola, pubblica una rassegna di poesia, «I limoni» (Caramanica Editore), in cui viene presa in esame la produzione poetica dell'anno. «Mi sono molto stupito osserva lo zio - leggendo una dichiarazione di Giorgio che vantava i pregi di un suo annuario di poesia, edito da Castelvecchi, e uscito di recente. Sosteneva che "Poesia 94" era l'unica pubblicazione in circolazione di questo tipo. I nostri "Limoni" sono invece usciti parecchio tempo prima». Manacorda si difende dicendo che, prima di ricevere una telefonata dello zio, ignorava l'esistenza dell'altro almanacco, De Nicola controbatte: «Abbiamo inviato il libro a un lungo elenco di persone. Manacorda, che oltre ad essere nipote di Giuliano, è anche poeta, non poteva mancare. Comunque le idee dei due libri sono molto diverse: quello di Giorgio è molto più polemico, mentre il nostro si è riservato, soprattutto, un compito di informazione», (m. s.]