La Madonna e la paura dell'ignoto; tra figli e genitori? Meglio oggi

La Madonna e la paura dell'ignoto; tra figli e genitori? Meglio oggi LETTERE AL GIORNALE La Madonna e la paura dell'ignoto; tra figli e genitori? Meglio oggi I «miracoli» e gli intellettuali Mi sorprende sempre la veemenza venata di humour con cui gli intellettuali accolgono la notizia di Madonne piangenti. Mai che chiedano di esaminare spassionatamente le prove scientifiche quando, come nel caso di Civitavecchia, sembra siano in esuberanza. Come si spiega questa nevrotica alzata di scudi che si ripete ogni volta che l'anormale irrompe nel limitato universo dei nostri cinque fallibili sensi? Lo psicologo Wilhelm Rei eh, che fu messo in gattabuia per l'insopportabile disturbo che dava alla gente «normale», si affannò tutta la vita per spiegare che la normalità è una gabbia entro la quale l'uomo si è rinchiuso per secoli cercando di non vedere tutto ciò che sta fuori delle sue anguste sbarre. Eppure, di qua e di là dello spettro dei sette suoni e dei sette colori, entro i quali udiamo e vediamo, vi sono universi paralleli e compenetranti, che molti animali vedono e di cui odono i suoni. Essi posseggono facoltà che vanno ben oltre i limiti della nostra «normalità». L'ameba, per esempio, organismo unicellulare privo di sistema nervoso da cui è cominciata l'evoluzione della specie umana, quando vuole muoversi s'improvvisa dei «piedi» e quando vuole afferrare si crea «le mani» che poi riassorbe. Quando ha fame forma una bocca che subito dopo sparisce. E distingue senza esitare il frammento di cibo che gli viene offerto tra altri non commestibili. In parapsicologia, questi due comportamenti si chiamano ideoplastia e chiaroveggenza, fenomeni che gli studiosi razionalisti non sanno spiegare. Ma è inutile ragionare con chi non vuole ragionare, tanto loro, i sapienti, per nascondere la loro paura dell'ignoto ti fanno sempre quel sorriso con un angolo all'insù («sei ridicolo») e l'altro all'ingiù («ti disprezzo»). Una domanda da «povera di spirito», come spero di essere o almeno di diventare: c'è qualcosa nel mondo razionale che abbiamo sot- to gli occhi di cui una Madonna avrebbe ragione di sorridere? to gli occhi di cui una Madonna avrebbe ragione di sorridere? Laura Bergagna, Lanzo Nessun guadagno a dare del lei Nella rubrica Lettere al giornale del 14 marzo un lettore, dopo aver lamentato che ora i bambini danno del «tu» a tutti, invita a tirare le somme chiedendosi quanto ci abbiamo guadagnato. Tiriamo pure le somme. Prima della guerra quasi tutti erano graniticamente convinti che fosse tornato l'Impero Romano e che l'Italia fosse chiamata dal Destino a combattere e vincere Inghilterra, Russia e Stati Uniti in un solo colpo. Ora quest'idea non farebbe neppure ridere. Allora imperava una doppia morale, una per gli uomini, destinati ad eroiche prodezze nelle «case chiuse», l'altra per le donne, «spose e madri esemplari», salvo cornificare di nascosto i mariti. Ancora nel dopoguerra alle porte di Torino dei bambini di 6-7 anni venivano ceduti per poche lire a proprietari di mandrie e costretti a passare le loro giornate alla scuola delle vacche, bimbe orfane vestite di nero erano obbligate a seguire di continuo i funerali, mentre la radio, attraverso la rubrica L'uccellino della radio, spiattellava i difetti veri o presunti di ignari bimbi che genitori idioti esponevano al rischio di gravi traumi psichici. Ma in compenso i figli davano del «lei» ai genitori. Era un grande guadagno? Dario Oitana, Torino «Mio padre Argan sorvegliato dall'Ovra» Leggo soltanto oggi la pagina che La Stampa ha dedicato, il 9 maizo scorso, al libro J'avoue m'étre trompé di Federico Zeri. Oltre all'articolo di Gabriella Bosco, sono riportati alcuni brani del libro. Ho letto con sorpresa che mio padre, Giulio Carlo Argan, sarebbe stato scelto dal ministro De Vecchi di Valcismon per fascistizzare il Ministero e che, dopo la guerra, sarebbe avvenuta la «conversione sbalorditiva» che avrebbe fatto di mio padre un uomo di sinistra. Evidentemente Zeri non sa che mio padre fu dal 1932 al 1935 sorvegliato dall'Ovra come antifascista e addirittura sospettato di far parte di un complotto che avrebbe dovuto uccidere il Duce. Ciò risulta dalle carte dell'Archivio di Stato, di cui io stessa conservo le fotocopie. E' quindi assolutamente falso che mio padre sia stato chiamato al Ministero in quanto fascista. Dai rapporti della polizia politica risulta che anche Cesare Brandi era sospetto perché in rapporto con Lionello Venturi e mio padre. Tengo a fare queste precisazioni perché, come figlia, non permetterò a nessuno di dire o scrivere falsità riguardo a mio padre, ma voglio segnalare un altro falso storico. Zeri dichiara che Roberto Longhi e Alessandro Contini avrebbero eseguito transazioni di opere d'arte con Goering coperti dal rninistro Bottai. Mi risulta invece che Bottai rifiutò a Mussolini le esportazioni ^ caPolavori che Hitler voleva - su pr0p0Sta & Goering . che andasse- ro in Germania. Le opere partirono di capolavori che Hitler voleva - su proposta di Goering - che andassero in Germania. Le opere partirono nonostante il rifiuto di Bottai, ma le minute delle sue lettere (scritte con calligrafia di mio padre) servirono a Rodolfo Siviera per riavere indietro le opere dopo la guerra. Anche questi documenti si trovano presso l'Archivio di Stato. Di queste cose mio padre parlò lungamente con la professoressa Rossana Bossaglia e con Mario Serio in interviste che sono state pubblicate. Ritengo queste precisazioni doverose verso la memoria di chi non c'è più; Paola Argan, Roma L'operato di De Vecchi Leggo su La Stampa del 9 marzo l'articolo su «Zeri le memorie indignate», nel quale un brano di queste, tradotto da voi, riguarda Giulio Carlo Argan e mio nonno Cesare M. de Vecchi di Val Cismon. In esso vi sono dette alcune gravi inesattezze che ritengo doveroso siano corrette e vi pregherei vivamente di farlo. A quanto mi consta Giulio Carlo Argan era già neU'amministrazione del ministero dell'Educazione Nazionale prima che vi arrivasse mio nonno quale ministro nel 1935. Mio nonno pertanto non può averlo scelto per politicizzare l'amministrazione delle Belle Arti. E' vero che mio nonno accelerò di molto la carriera di quel giovane funzionario ma insieme alla sua accelerò anche quella di molti altri tra cui Brandi, Molaioli ecc. I motivi di questa accelerazione sono strettamente arnministrativi e non politici, infatti serviva a ricambiare la amministrazione delle Belle Arti che mio nonno aveva trovato in una situazione di gravi malversazioni di pubblico danaro a tutti i livelli. Vi furono in quell'epoca processi clamorosi in cui gli imputati furono regolarmente condannati per peculato. Non è vero che mio nonno agisse nei confronti di Giulio Carlo Argan per motivi politici. Questi era noto come legato al movimento «Giusti¬ zia e libertà», a Lionello Ventur Nicola Chiaromonte, amico di R ghianti. Ciò era talmente di pub! zia e libertà», a Lionello Venturi, a Nicola Chiaromonte, amico di Ragghiami. Ciò era talmente di pubblico dominio da far arrivare a mio nonno, al momento della sua nomina a ministro, una lettera anonima con le accuse citate; ma era altresì ben noto alla polizia tanto da far scrivere al prefetto di Alessandria Rebua una lettera al rninistero dell'Interno direzione generale della Ps in data 8-7-1936 e trasmessa da O. Sebastiani a mio nonno «d'ordine del duce» il 13-7-36 nella quale si dice: «... la Questura di Roma comunica che nel decorso anno essa venne sospettata, con altri, di appartenere al movimento "Giustizia e libertà" e di mantenere rapporti coi noti fuoriusciti Venturi Lionello e Chiaromonte Nicola, quest'ultimo in contatti, a Parigi, coi noti Tarchiani e Rosselli, i quali pensano di organizzare, con tutte le cautele, un attentato alla vita di S. E. il Capo del Governo». Lo stesso sen. Argan, alcuni anni or sono, mi fece vedere un fascicolo deU'Ovra intestato a suo nome e mi disse che il contenuto di tale fascicolo era sicuramente a conoscenza di mio nonno. E' certo che mio nonno non volle mai tenere conto di queste accuse ma volle valutare sempre l'uomo per ciò che faceva sul lavoro. Pertanto, nonostante la differenza di visioni politiche, i due personaggi si apprezzarono umanamente ed entrambi ne lasciarono significative tracce nella loro corrispondenza sino ad una testimonianza scritta che il senatore mi rilasciò pochi anni fa. Ma io ho scritto non per difendere la memoria di mio nonno ma per testimoniare che quanto scritto da Federico Zeri riguardo ad Argan non è conforme a verità. Forse Federico Zeri attacca il senatore Argan per motivi diversi da quelli politici ed ha motivi di rancore nei riguardi di una persona con grandi meriti professionali, che avrà anche commesso i suoi errori ma che sicuramente non mi risulta fosse un voltagabbana. Paolo de Vecchi di Val Cismon, Roma