LA MISSIONE IMPOSSIBILE di Vittorio Zucconi
11 LA MISSIONE IMPOSSIBILE gibilità», la percentuale dei cittadini disposti a votarlo ancora, è rimasto esattamente dov'era due anni or sono, al 41 per cento, una proporzione che gli avrebbe garantito la sconfitta anche nel 1992, se il «terzo uomo» in corsa, Ross Perot, non avesse portato via voti al repubblicano George Bush. Peggio ancora, gli indici di ostilità, quelli che esprimono la decisione assoluta di «non votare per lui» sono tutti cresciuti. Clinton ha perso appoggi anche fra i gruppi che rappresentavano la sua base sicura, le donne e i neri, franando nell'elettorato bianco e maschile. E con un gesto che ha fatto rizzare i pochi capelli in testa al suo stratega principe, il calvo, astuto James Carville, il Presidente ha inaugurato la sua campagna in tv, ieri l'altro, alla Cnn respingendo l'invito a promettere di non aumentare le tasse. Encomiabile e suicida, in una nazione dove il fisco è la preoccupazione numero uno dell'elettorato. Eppure, l'esperienza della politica americana insegna che le urne riservano sempre più sorprese che conferme. E 500 giorni sono un tempo lunghissimo, nel nostro tempo di «democrazia istantanea». Gli avversari del Presidente, i repubblicani, appaiono sorprendentemente grigi, per un partito che in teoria dovrebbe già aver vinto. 1 più forti, come il boss del Senato, Bob Dole, sono anziani parlamentari, cavalli di ritorno di elezioni presidenziali già perse, addirittura reduci di quella generazione della Seconda Guerra (Dole fu ferito in Italia) che sembrava finita con Reagan e Bush. Gli altri, come un senatore del Texas con l'aria del contabile, Gramm, o un governatore della California con «il carisma di una carota lessa» come ha scritto David Broder sono, per citarne solo alcuni, modesti. Molti già guardano oltre, al generale Colin Powell, che rischia di diventare il «Cuomo della Destra», l'Amleto che paralizza un partito con la sua indecisione, o a Newt Gingrich, il profeta controverso della nuova destra americana. Prova sicura, questa, della insoddisfazione dei moderati verso i loro candidati in pista. Diciamolo allora con ogni cautela possibile: in questo aprile 1995, Clinton è un perdente sicuro. Ma nel novembre 1996, Clinton potrebbe anche farcela, esattamente come vinse nel 1994: se apparisse di nuovo un terzo partito, se i repubblicani si scannassero fra di loro, se gli avversari si suicidassero politicamente. Il Presidente non può vincere le elezioni. Ma i suoi avversari possono perderle. La sola certezza è che sarà una campagna dura, feroce, in negativo, quel genere di campagne elettorali che tutti deprecano e tutti praticano. Assisteremo a insulti e accuse, a grida opposte di «statalismo» e di «crudeltà», fra spot selvaggi, scandali, distorsioni grossolane e trabocchetti giudiziari. Una campagna amara, ma che almeno farà sentire noi italiani in America molto vicini a casa. Vittorio Zucconi
Luoghi citati: America, California, Italia, Texas
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