Gli Usa acconsentono: 2 miliardi di dollari di petrolio per comprare cibo e medicinali Iraq prima breccia nelle sanzioni

Gli Usa acconsentono: 2 miliardi di dollari di petrolio per comprare cibo e medicinali Gli Usa acconsentono: 2 miliardi di dollari di petrolio per comprare cibo e medicinali Iraq, prima breccia nelle sanzioni Sì Orni all'export di greggio NEW YORK NOSTRO SERVIZIO L'Iraq potrà esportare il suo petrolio fino a un valore di 2 miliardi di dollari nei prossimi sei mesi, per potere acquistare all'estero prodotti farmaceutici e beni alimentari. La decisione è stata presa all'unanimità dal Consiglio di Sicurezza dell'Orni e costituisce la prima «breccia» che viene aperta nell'embargo commerciale decretato contro l'Iraq sin dal 1990, quando le truppe di Saddam Hussein invasero il Kuwait. Da quell'embargo i prodotti farmaceutici e alimentari sono sempre stati esclusi, ma in pratica era come se non lo fossero perché l'Iraq, impossibilitato a vendere il proprio petrolio, non era in grado di pagarli. Era da tempo che vari Paesi insistevano affinché la vendita di quel petrolio venisse permessa per ragioni umanitarie e un anno fa il Consiglio di Sicurezza aveva già approvato una risoluzione che la consentiva. Ma gli Stati Uniti avevano posto delle condizioni rigidissime sull'uso del denaro così ottenuto dall'Iraq, tanto che il governo di Saddam Hussein non l'accettò. Per Baghdad, infatti, l'obiettivo non era l'apertura di una «breccia» nell'embargo, ma la sua eliminazione. Ora, con la risoluzione approvata ieri, sia gli americani che gli iracheni sembrano avere fatto un piccolo passo indietro ciascuno. Washington adottando un atteggiamento più elastico e accontentandosi di precisare, per bocca della sua rappresentante all'Onu Madeleine Albright, che «questa risoluzione è tecnica, non politica», che «non si tratta di togliere le sanzioni contro il regime iracheno ma di fare un'eccezione umanitaria a beneficio del popolo iracheno» e che il voto americano in suo favore è dovuto principalmente alle «specifiche richieste di alcuni Paesi arabi, di Paesi non allineati e di Paesi europei». Baghdad rinunciando al «tutto o niente», vale a dire o togliete le sanzioni o le lasciate come sono. Ieri non c'era ancora stata da parte irachena una formale accettazione della «breccia», e anzi il vice primo ministro Tareq Aziz, presente a New York per «seguire da vicino» le cose, l'ha subito criticata con asprezza. Ma vari indizi dicono che l'opposizione irachena è più di facciata che di sostanza. Uno di questi indizi è l'approvazione del testo finale da parte di Francia e Russia, cioè quelli che avevano insistito di più per arrivare a questo risultato e che a quanto pare erano stati in stretto contatto con Tareq Aziz; l'altro è che lo stesso vice primo ministro iracheno, du rante il febbrile lavoro che ha preceduto la stesura del testo di compromesso, se n'è rimasto per ore chiuso nell'ufficio di Boutros Ghali, il segretario generale dell'Onu, a dare il prò prio «contributo». Alla fine, si diceva, la risoluzione è passata con il favore di tutti i quindici membri del Consiglio di Sicurezza, compresa l'Italia, il cui ambasciatore Francesco Paolo Fulci ha pronunciato una dichiarazione di voto insistendo sull'aspetto umanitario («in tutta franchezza, un bambino iracheno che ci guarda con i suoi occhioni resi più grandi dalla fame e dalle malattie, non è diverso da un bambino somalo e di qualsiasi altro Paese in cui aiuto le Nazioni Unite corrono») e sull'aspetto di quanto siano davvero utili le sanzioni economiche in funzione antiSaddam. «L'esperienza del passato - ha detto - ci mostra che le sanzioni, se vengono applicate indiscriminatamente, hanno l'effetto di raccogliere i popoli attorno ai loro governi, piuttosto che di mobilitarli contro di essi». La risoluzione prevede che dei 2 miliardi di dollari che l'Iraq è destinato a incassare, solo 1300 milioni finiscano davvero nelle sue tasche. Il resto sarà utilizzato per pagare in parte i danni di guerra al Kuwait (il mancato pagamento di quei danni è una delle principali ragioni per cui l'embargo commerciale contro l'Iraq è ancora in piedi) e per finanziare un programma dell'Onu in favore della popolazione curda che vi¬ ve in territorio iracheno. Servirà anche a pagare le spese che la medesima Onu deve affrontare per controllare il riarmo iracheno, che poi è l'altra principale ragione per cui l'Iraq è ancora soggetto all'embargo commerciale. Ce n'era una terza, di ragione, ma è venuta meno l'anno scorso, quando il governo di Saddam Hussein ha formalmente riconosciuto i confini fra l'Iraq e il Kuwait, ponendo quindi fine alle rivendicazioni territoriali che nel 1990 costituirono la base dell'invasione. (L'iniziale, controverso «assenso» degli Stati Uniti a quell'invasione poggiò per l'appunto svi fatto che Washington non voleva intervenire in «dispute territoriali locali»). Infine, dai 20 ai 30 milioni di dollari saranno utilizzati per i lavori di riparazione di cui necessita l'oleodotto che parte da Kirkuk, in Iraq, e porta il petrolio fino a Yumurtalik, sulla costa mediterranea della Turchia. La quantità di petrolio in più che, quando la risoluzione comincerà a operare, verrà immessa sul mercato internazionale sarà di 800.000 barili al giorno. La produzione irachena, prima dell'invasione del Kuwait e dello scatenamento della Guerra del Golfo, si aggirava sui 3 milioni e 400.000 i rili al giorno. Franco Pantarelli Washington si piega alle pressioni degli alleati europei e arabi e della Russia LE PUNIZIONI ONU A SADDAM AGOSTO 1990 La risoluzione 661 stabilisce l'embargo totale su tutto l'import-export iracheno, ad accezione dei prodotti sanitari, dei beni alimentari e di altri prodotti di necessità umanitaria, finché l'esercito iracheno non si sarà ritirato dal territorio del Kuwait. APRII! 1991 La risoluzione 687, chiamata «del cessate il fuoco», conferma le sanzioni della 661, finché l'Iraq non avrà pagato i danni della Guerra del Golfo, non avrà riconosciuto il confine che lo divide dal Kuwait e non avrà rinunciato a dotarsi di armi di distruzione di massa. AGOSTO 1992 Viene stabilita la «no fly zone» nella parte settentrionale dell'Iraq, per impedire che i suoi aerei bombardino le popolazioni curde in rivolta. MAGGIO 1993 «No fly zone» anche sulla parte meridionale dell'Iraq, per impedire il bombardamento della regione abitata dagli sciiti. Si allenta l'embargo contro Saddam Hussein. Il Consiglio di Sicurezza dell'Onu ha deciso che l'Iraq potrà esportare il suo petrolio per acquistare all'estero prodotti farmaceutici e beni alimentari