«Facciamo le prove per il Professore» di Cesare Martinetti

«Facciamo le prove per il Professore» «Facciamo le prove per il Professore» CM FIRENZE ™ ERA tutta Montignoso nel giardino della villa comunale, p(;ato verde, odore di terra, aria di montagna e di Garfagnana. C'era il sindaco, i ragazzi delle scuole, gli insegnanti, il mitico comandante partigiano Memo, qualche candidato alle elezioni, il vescovo Binini, sorridente, un simpaticone che aspettando l'ora della messa chiacchierava di spaghetti e formaggi. C'era il compagno Chiti, con la sua aria seria, severa, il profilo appuntito, giacca scura e camicia bianca. C'erano i vecchi partigiani che dietro le quinte della cerimonia litigavano come sanno fare solo da queste parti. Quello che chiamavano il «duro», non perché cattivo, ma perché secondo gli altri «non la vuol capire», aveva il fazzoletto di Rifondazione arrotolato intorno al collo e recitava una specie di giaculatoria: «Con i preti di passi avanti non se ne fanno...». Ce l'aveva con quelli del pds che dopo 50 anni di sinistra unita nella Toscana rossa, hanno mandato a quel paese i compagni di Rifondazione e fatto una lista con gli ex de. C'è persino dentro il Fabrizio Geloni, che sarà un anti-Buttiglione, ma negli ultimi anni ha fatto il capogruppo dell'opposizione. «Con i preti di passi avanti non se ne fanno...». Il «duro» recitava la sua giaculatoria mentre la cerimonia per i cinquant'anni della Liberazione di Montignoso andava avanti con la scansione di una liturgia: prima l'allegro vescovo ha celebrato la messa, poi i ragazzi delle medie hanno cantato Bella ciao, poi sono cominciati i discorsi. E mentre la liturgia proseguiva, dentro il Comune si preparavano le bottiglie e si sistemavano i vassoi di pizzette, il «duro» se la prendeva con il sindaco, Narciso Buffoni, uno che ha il vizio di fumare anche durante le cerimonie: «Prima era di Lotta Continua e ci diceva che eravamo di destra; poi è venuto nel pei; poi nel pds; adesso fa l'accordo con i de e ci dice che siamo troppo di sinistra, a noi che non ci siamo mai mossi. Brava persona, però...». Qui a Montignoso la Resistenza l'hanno fatta sul serio, di qui passava la Linea Gotica, ognuno ha il suo 'pezzo di memoria che brucia la pelle: qui i nazi-fascisti hanno assassinato 75 persone. Non lontano, a Sant'Anna di Stazzema, ne hanno uccise 560 dopo averle convocate in piazza. Logico che il compagno Vannino Chiti, presidente della Regione e capolista di «Toscana democratica», sia venuto a Montignoso per non correre il rischio di annacquare troppo l'immagine sua e del partito, per rinfrescare le origini, per scacciare quell'incubo che da qualche giorno s'è materializzato sull'orizzonte del nascente centrosinistra attraverso una prima pagina maligna del manifesto: E se cade la Toscana? Quel giorno il «quotidiano comunista» era esaurito nelle edicole già a mezzogiorno. Qualcosa vorrà pur dire: già, e se cade la Toscana? Se vince la destra? Se fosse davvero stato improvvido rompere 50 anni di collaudata, vincente e radicata alleanza tutta a sinistra, emarginare i rifondatori, «duri» o no, ma che hanno almeno il 10% per inseguire un ectoplasmatico modello di centro-sinistra? Seguiamo Vannino Chiti in una giornata di queste, segnate da affanno, tensione, rincorsa. E' lui l'uomo al centro del bersaglio: se Toscana democratica (rassemblement di 13 sigle, pds, Lega, pp di sinistra. Segni, etc) vince, lui vincerà; se perde, come ammette senza iro¬ nia, «si va a casa». Chiti, 47 anni, ha il fascino del professionista della politica, dell'organizzatore, dell'eminenza che si muove a suo agio negli snodi scivolosi tra partito e «istituzione». Ma ha il limite di un'immagine non brillante e un po' grigia dell'uomo che da ragazzo faceva il chierichetto e da adulto è finito nel partito: funzionario pei, sindaco di Pistoia, consigliere regionale, segretario regionale, presidente della Giunta regionale dopo uno scandalo (l'unico) che aveva messo fuori gioco il predecessore Marcucci per la storiacela della diga del Bilancino costruita con le pietre di Lucca, mentre sarebbe stato molto più comodo e risparmioso (20 mila invece di 80 mila a me) prelevarle in loco, nel Mugello. Corre, Vannino, corre, da Pistoia a Montignoso, Forte dei Marmi, Cecina, Livorno, quartiere Shangai, dove nel '68 prese «un'acquata memorabile» e dove ora i compagni lo hanno invitato per una grande cena popolare. Corre Vannino, inseguito dal fantasma di Rifondazione («In Regione sono stati gli oppositori più duri»), a caccia di questo nuovo centrosinistra, ex de ed ex pei insieme a giocarsi una scommessa che assomiglia a quella di Prodi: «Prove generali», dice Chiti. E di fatti in Toscana - fonte Chiti - c'è il più alto numero di comitati Prodi che «sono nati da sé» e che consentono al candidato di tracciare solennemente il seguente parallelismo: «Vogliamo vincere le elezioni per governare la Toscana e dare una mano all'Italia. Se ci ripieghiamo dentro la sinistra, si perde in Italia e prima o poi si perde anche in Toscana». Ma davvero è possibile che il teologo Fininvest Paolo Del Debbio (ribattezzato dagli avversari Polo Del Dubbio) possa insinuare la stratificazione di politica e di potere della sinistra toscana? Messo di fronte all'irriguardoso manifesto il segretario pds Sacconi ha risposto con alterigia fiorentina: «Si stravince». Chiti è più raziocinante: «Noi presentiamo agli elettori le buone cose fatte e un programa concreto di cose da fare; loro, quando escono dal ciclostile Fininvest, cadono in infortuni, dicono banalità». Ai suoi, Chiti, ha impartito la parola d'ordine di «ignorare» di proposito l'avversario, in modo da non far scattare la difesa del «campo»: la destra assediata dalla sinistra. Vorrebbe «ignorare» anche lui, ma a un certo punto gli scappa: «Del Debbio non sa niente, non sa cos'è un Comune, non sa di che cosa parla, dice cazzate senza rendersene conto. L'altro giorno ha detto che bisogna fare il parco marino nell'Arcipelago toscano senza considerare che, se si fa davvero, le barche non potranno più attraccare all'isola d'Elba...». Il problema sta nel voto per il candidato alla presidenza della Regione. Rifondazione ha presentato il suo, Ghelli; Chiti invece chiede agli ex compagni di votare per lui, un voto «utile» per battere la destra: «Il problema non è chi vince, ma quanto si vince: conterà la qualità della vittoria, la forza della spinta che di qui arriverà al Paese». Sul telefonino gli leggono i dati di un sondaggio che dà il Polo al 37%. Non si preoccupa: «Solo il pds ha il 36, gli altri ci daranno almeno altri 7 punti...va bene. La verità è che la destra si accredita forte per accalappiare gli incerti. Dicono che potrebbero governare la Toscana: sciocchezze». Poi, con uno slancio di ironia, ma a bassa voce, aggiunge: «Speriamo...». Cesare Martinetti