Gli allievi eli Khomeini alleati contro la pace di Fiamma Nirenstein

Gli allievi eli Khomeini alleati contro la pace Gli allievi eli Khomeini alleati contro la pace PALESTINESI LGERUSALEMME A storia si ripete. Israele, il 22 giugno 1948 sparò contro la nave Altalena carica di giovani ebrei membri dell'Irgun, l'organizzazione terroristica che aveva messo la bomba sotto l'albergo King David per cacciare gli inglesi. Fu Ben Gurion stesso a dare il terribile ordine quando capì che il suo popolo, se lasciava agire la parte più estrema, non ce l'avrebbe mai fatta a conquistare una rispettabilità statuale democratica. In Italia, mutatis mutandis, Togliatti, dopo la fine della guerra partigiana, chiese ai comunisti di deporre, e anzi di consegnare le armi della lotta temendo che per tanti militanti la lotta di liberazione avrebbe avuto il suo proseguimento naturale in una rivoluzione comunista. Anche qui era in gioco la rispettabilità democratica, il diritto a far politica così come gli altri. E così via, in tanti casi storici in cui sono stati implicati dei rivoluzionari che vogliono cessare di esserlo. Adesso tocca ad Arafat: il gesto di arrestare ieri 200 appartenenti all'estremismo islamico, le due condanne comminate per la prima volta dai tribunali palestinesi, l'annuncio che tutte le armi verranno sequestrate sia all'organizzazione della Jihad sia a Hamas, sono altrettanti gesti che vogliono costruire sia una credibilità internazionale in un momento di crisi, sia definire una forza interna definitivamente moderata. Se, come è stato finora nel programma concordato da Israele e dall'Autonomia Palestinese, entro pochi mesi, dunque, si dovessero tenere le elezioni, e se l'esercito israeliano ripiegasse, Arafat presenterebbe il suo partito e soprattutto se stesso come una forza che non vuole più occhieggiare a un'opinione pubblica (pur sempre crescente) affascinata dall'estremismo islamico. Ora, è difficile dire se Arafat, con i suoi 17 mila poliziotti in continua crescita numerica, può farcela, ma certo vi sono alcuni dati conturbanti. E' di queste ore la notizia che le due bombe suicide scoppiate a poche ore di distanza a Kfar Darom e a Netrazrim, sarebbero ambedue opera dell'artificiere più prestigioso e più imprendibile dell'estremismo palestinese, il cosiddetto Ingegnere, Iehia Ajash, che lavora sia con la Jihad islamica sia con Hamas. Questo confermerebbe le rivendicazioni di ambedue le organizzazioni, e soprattutto, quindi, il nuovo legame operativo che sembra fatto apposta per rendere la vita degli israeliani difficile, e il compito di Arafat irto di nuove difficoltà. Fino a poco fa le due organizzazioni erano ben distinte: la Jihad, con a capo Fathi Shahaki, ha il suo quartier generale in Siria; ha assunto in toto la mitologia islamica del martirio e della sparizione di Israele, vede l'Iran come un Paese modello che mostra nella sua realtà politica il motto «L'Islam è la risposta». Dal 1991 ha compiuto varie azioni con gli hezbollah libanesi, non fa mistero che i suoi finanziamenti provengano da Teheran, da tempo cerca di reclutare giovani musulmani in Europa per azioni suicide nel campo del terrorismo internazionale. Hamas nasce invece proprio come braccio armato della fratellanza musulmana, ed ò stato profondamente radicato fra i palestinesi dell'Intifada; non ha mai avuto particolari simpatie per l'Iran fino a un paio di anni fa, anche perché il fatto di essere già fortemente organizzato e ben finanziato l'ha tenuto lontano dal danaro degli eredi di Khomeini. Adesso, pare tramite l'ambasciata iraniana in Giordania e dopo una serie di incontri che hanno unito tutte le forze contrarie al processo di pace (il primo fu un congresso nel '91 a Teheran, configurato come Tanti-incontro di Madrid), Hamas pare aver perso parte della sua indipendenza e aver abbandonato le sue radici nazionaliste, e quindi più possibiliste nei confronti di Arafat, per abbracciare del tutto quelle religiose. La conseguenza è questo terribile nuovo intreccio con la Jihad, legata al maggior artefice del terrorismo intemazionale, l'Iran. I nemici di Arafat, in questo modo, entrerebbero a far parte di un ben più complesso inlreccio che non quello palestinese, il gioco del terrorismo intemazionale. Arafat per loro non è che un nemico. Fiamma Nirenstein