«Occidentali che traditori»

Il Premio Nobel attacca: pensate soltanto a indebolire la Russia Il Premio Nobel attacca: pensate soltanto a indebolire la Russia «Occidentali, che traditori» Solzenicyn: 18 maggio non vedrò Clinton MOSCA DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Aloksandr Solzenicyn «esterna» di nuovo, dopo un lungo silenzio e alla vigilia della pubblicazione, su Novi] Mìr, di due racconti, i primi scritti dopo il suo ritorno in Russia. Parla ai giornalisti italiani - e solo a loro - riuniti nella splendida sala Morozov dell'Hotel Metropol in occasione del conferimento allo scrittore del Premio Brancati. E, come sempre, la sua lingua è tagliente. Lo stato della Russia? «La Russia attraversa una situazione estremamente seria. Non solo politica ed economica, soprattutto morale. Talmente grave che non oso formulare una prognosi di guarigione completa. Posso solo dire che le impressioni che si ricavano a Mosca sono comunque peggiori di quello che avviene nel Paese profondo. Per questo penso che dovremo ancora attraversare prove di grande durezza, ma non credo che un popolo millenario possa estinguersi e morire». E come valuta la situazione della cultura russa dopo la caduta del comunismo? «La cultura russa è oggi annichilita dalla situazione. Per tanti motivi. Uno dei quali e che né l'intelletto, né i sensi riescono a tenere il passo con i cambiamenti. E' logico. Prima era lo Stato a mantenere la cultura in Urss. Reprimeva, ma finanziava. Poi, in un attimo, la cultura è diventata povera. L'artista deve cercare altre fonti di sostentamento. Non è un fatto tragico. Io ho vissuto 55 anni in Urss e non ho mai vissuto dei miei guadagni letterari. Insegnavo a scuola, ma ciò non mi ha impedito di scrivere. Le nature forti supereranno questi problemi». Lei spera nella provincia come sorgente di risanamento della morale del Paese? «Sì, perche ò là che meglio si e conservata la tradizione russa. C'è chi confonde tradizione con conservazione. Io non credo che nella grande provincia russa si annidino forze oscure e retrive. Le cose stanno diversamente. La provin- eia è stata gettata all'improvviso nella miseria e nel caos. Oggi da lì viene la protesta, anche se la gente non sa come farla, ma non vuole abboccare ancora una volta alle esche dei demagoghi». Che cosa prevede per il prossimo futuro? Quale sarà lo sbocco della crisi? «E' difficile fare previsioni. La situazione è fluida. Vedo un pericolo principale. Oggi il Paese è governato da un'oligarchia chiusa che si fa chiamare democratica ma che non ha ancora fatto nemmeno un passo verso la democrazia. Se s'intende la democrazia come possibilità di un popolo di scegliere il proprio destino, bisogna dire che qui non si è nemmeno cominciato. Io insisto: la democrazia va costruita dal basso, dall'autogoverno locale. Il pericolo viene dall'abisso che esiste tra il potere e il popolo». Non c'è più il comunismo ma i rapporti con l'Occidente tendono di nuovo al cattivo tempo. Eltsin ha parlato di "pace fredda"... «La Russia, a dire il vero, ha contribuito ben poco a questa "pace fredda". L'Occidente, invece, ha fatto numerosi ge¬ sti non amichevoli. Ho avvertito una specie di gioia maligna in Occidente per il crollo dell'Urss. Si è fatto il possibile per seminare discordia tra le repubbliche dell'Urss. E' la linea dei Kissinger e degli Brzezinski, e di molti politici occi¬ dentali, non solo americani. E non c'è dubbio che molti, in Occidente, anche se non tutti, sono interessati a indebolire ulteriormente la Russia. Trovo strano sentire il ministro degli Esteri tedesco affermare che la regione di Kaliningrad dovrebbe svilupparsi separatamente dalla Russia. Trovo scorretto che gli sconfitti dalla guerra diano consigli ai vincitori proprio nel cinquantesimo anniversario della loro vittoria. Mi spiace molto che le relazioni tra Russia e Occidente si stiano raffreddando, ma la Russia si aprì all'Occidente con cuore sincero dopo il crollo del comunismo, mentre l'Occidente ne ha approfittato. Non tutti, ma alcuni di certo. Volevano indebolire la Russia e continuano a volerlo anche oggi». Come si atteggerà durante la prossima campagna elettorale presidenziale? Appoggerà un candidato? Quale? «E' troppo presto per parlarne. Prima dovremo sopravvivere alle elezioni parlamentari. Poi apparirà una decina di candidati e si dovrà scegliere, anch'io sceglierò, ma por ora è insensato parlarne. Io ho visto in Siberia persone straordinarie, potenziali statisti che, oggi come oggi, non potrebbero farsi strada neanche a livello locale. Insisto: i lea¬ der devono arrivare dalla periferia. Come l'erba: cresce e cresce, finché arrivano gli alberi. Contare le cime già in vista non è arte». Tra poco arriva Clinton a Mosca. Dice che parlerà con le opposizioni, forse vorrà parlare anche con lei. Lei cosa gli dirà? «Io andrò a festeggiare l'anniversario della vittoria fuori Mosca, a Oriol, dove ho combattuto, lontano dall'atmosfera ufficiale che celebrerà la ricorrenza. Dunque quando Clinton arriverà a Mosca io non ci sarò». Ancora una domanda sulle elezioni. Lei pensa davvero che si terranno? Oppure che, per una ragione o per l'altra, saranno rinviate? «Penso che si terranno sia quelle parlamentari che quelle presidenziali. Ma sono indignato perché i nostri leader hanno perduto la testa e la ragione. Mancano più di otto mesi al voto e la campagna elettorale è già cominciata. Il Paese già vive nella febbre invece che occuparsi delle cose da fare urgentemente per salvarsi». Giulietto Chiesa «A Mosca non c'è democrazia, governa un'oligarchia Sulle elezioni presidenziali non mi schiero» «La Germania sconfìtt non deve dar consigli a noi vincitori proprio nel 50° anniversario del trionfo alleato» A sinistra Solzenicyn riceve il premio Brancati Boris Eltsin Bill Clinton e lo scrittore in una caricatura di Levine