Addio veterano delle scene

Varese: colpita da un ictus nella casa di riposo in cui viveva dopo che, nel '94, aveva lasciato il palcoscenico Varese: colpita da un ictus nella casa di riposo in cui viveva dopo che, nel '94, aveva lasciato il palcoscenico Addio veterano delle scene Morta Paola Borboni, aveva 95 anni PAOLA Borboni era convinta di morire a centodue anni e sei mesi. Non lo diceva per civettare, né per esibire una delle sue impagabili frasi ad effetto: ma perché sua madre era morta a quell'età e lei sentiva una profonda affinità con la donna allegrissima morta «in un attimo di distrazione». Certo è che, procedendo gli anni, tutti cominciavano a crederle. Non solo la Borboni sfidava il tempo, disseccandosi nella figura che era stata così floridamente mediterranea, ma combatteva recitando, magari in una parte di poche battute, ma sempre con quel gesto imperioso che neppure l'esiguità delle forze riusciva a smorzare. Da quando recitava la Borboni? La data d'esordio è il 1916, nella compagnia di Alfredo De Sanctis. Ma si può dire che fosse nata succhiando teatro. Suo padre era impresario di teatro lirico e per casa girava sempre qualche celebrità. Paola aveva sei anni quando la famiglia si trasferì a Milano. Poteva diventare una «computista» o una maestrina: non aveva le idee chiare. Ma il teatro non era un sogno proibito, tanto è vero che, durante le «Normali», cominciò a frequentare l'Accademia dei Filodrammatici. Sua insegnante era Teresa Boetti Valvassina. Un giorno arrivò il regista Alfredo De Sanctis. Una giovane attrice, che recitava nel «Dio delia vendetta» di Shalom Asch si era ammalata. De Sanctis domandò senza preamboli: «Teresa, non l'avresti sottomano una ragazza carina, con i capelli lunghi'». «Lunghi quanto?». «Fino alle ginocchia»... «L'ho qui, bellina e, con i capelli sino alle ginocchia..! Una certa Borboni, che ha appena sedici anni». Paola fu chiamata, si tolse le forcine di tartaruga e i capelli le scesero lungo il corpo come un manto. De Sanctis rimase a bocca aperta. Dall'esordio fortuito alla prima regolare scrittura il passaggio fu quasi automatico e, da allora, si può dire che Paola non saltasse una stagione. Pareva destinata a un repertorio brillante e persino piccante: complice la figurina svelta, ma anche quella vocina sulla quale pesava qualche sonorità di troppo. Erano gli anni passati alla grande scuola di Irma Gramatica e Armando Falconi. La Borboni era già ammiratissima. Il pepe delle sue interpretazioni la rendeva molto popolare. E figuratevi cosa dovette succedere nel '25, quando apparve a seno nudo (il primo seno nudo!) nella commedia di Carlo Veneziani «Alga marina». «Mobilitò più binocoli di quanti se ne usino in mezzo secolo a San Siro», annotò Orio Vergani. Ma, al culmine del successo mondano, la Borboni cominciava a maturare la propria rivoluzione d'attrice. Lei, che era sempre stata clamorosa, appassionata ed esibizionista, cercava un rapporto motivato con la scena. Lasciato Falconi, si incontrò con Ruggero Ruggeri di cui diventò (nel '33-'34) la primattrice. Fu da questo sublime modulatore di suoni che la Borboni apprese il rigore da accoppiare all'istinto impetuoso della sua voce. C'erano molte attrici di valore in quei primi decenni del secolo, ma lei fu la sola a porsi il problema del trasferimento dalla pagina scritta alla voce. Non a caso, chi poi la sentì recitare, disse che, ascoltandola, si riconoscevano anche le virgole, gli spazi bianchi delle singole battute. E fu con questa tecnica nuovissima che la Borboni si accostò al repertorio di Pirandello. «Come prima, meglio di prima», «Vestire gli ignudi», «La vita che ti diedi» furono i primi titoli della sua rivoluzione. Lei si misurava impavida con quelle donne così acri e con quella sintassi così arrovellata. A differenza di tanti, la Borboni credeva in Pirandello; per rappresentarlo fondò una compagnia a prezzo di enormi sacrifici. «Difficoltà a milioni - ricordava -. La guerra, i teatri chiusi, gli amministratori che scappavano con la cassa. Ma io, testarda. Vendevo i miei gioielli e ricominciavo da capo. Sarei coperta di gioielli se non avessi avuto quella follia d'amore per il teatro. Uomini ai miei piedi ne ho avuti tantissimi. E mi coprivano di perle, di brillanti. Dicevo: non lo faccio per me, ma per il mio teatro... In quegli anni io recitavo soltanto Pirandello». Lavorava molto. Si sobbarcava faticosissime tournée in America Latina. Nel '67 le fu assegnata la «Maschera d'oro» per i cinquant'anni di teatro e, l'anno dopo, eccola a Torino con «La casa di Bernarda Alba» di Garcia Lorca. Ma anche per lei arrivò il '68. Non ebbe alcuna crisi ideologica, semplicemente, per la prima volta, perse la memoria. Accadde a Verona, dove riceveva il premio Simoni: durante un recital, sentì il vuoto dentro di sé. Il pubblico l'applaudì con simpatia, ma lei, severissima e in lacrime, annunciò l'addio alla scena. Come sappiamo non ci fu alcun addio. Nel '70, eccola al Valle di Roma con «La professione della signora Warren» di Shaw. Due anni dopo portava all'entusiasmo il pubblico milanese con il recital di autori contemporanei «Luna lunatica». L'attrice che sembrava finita rinasceva con una forza nuova. E come se non bastasse, come per stupire tutti, eccola sposarsi nel '72 con un ragazzo di 30 anni (42 meno di lei), Bruno Vilar, un attore-poeta che poi morì in un incidente d'auto. Da allora la Borboni vestì sempre di nero. «Lutto, lutto strettissimo - disse per quel mio ragazzo adorato... Lui era così dolce, così bello. Ah, io non lo avrei sposato: mi pareva folle... Ma lui mi amava. E un giorno ha detto: ci sposiamo. Non vuoi sposarmi? Allora ho risposto: ma sì, angelo mio, sposiamoci. Ed è stato un grande, un vero matrimonio d'amore». La morte di Vilar fu per lei terribi- le. Pensava che a morire dovesse essere lei, non lui. Una volta, dopo un recital milanese con Bruno, disse al pubblico: «Grazie per avere applaudito il mio vedovo». Ma non fu l'ultimo dramma. L'intervento chirurgico alle ginocchia, che la costrinse a camminare con le grucce, sembrò allontanarla definitivamente dalle scene. Invece, con l'ennesima sorprendente reazione, eccola di nuovo in teatro, con {'«Antigone» di Anouilh e poi, a Taormina, nella parte di «Re Lear». Giungeva dalle viscere buie del Teatro Greco e arrancava verso il proscenio. Fu emozionante. Le stampelle, chi le vedeva più? O meglio: sembravano far parte del gioco, erano personaggi. Lei slessa confidò: «Quelle bintte bestie di stampelle. Faccio recitare anche loro». C'era tutta la Borboni in questa frase. C'era il suo umorismo e c'era il senso del suo teatro, quel teatro in cui ha occupato, per quasi un secolo, un posto unico, con un rigore e con uno straniamene) che furono soltanto suoi, e con una popolarità che nasceva dall'esuberanza, dall'imprevedibilità, dalla dolorosità e dall'allegria. Paola Borboni si preparava alla morte fin dagli Anni 80. Aveva consegnato alla governante tutto il necessario per la circostanza: «Una bella tunica bianca ricamata che ho fatto allungare fino ai piedi, quando mi sono resa conto che non sta bene mostrare le gambe alla mia età. Un grande rosario da intrecciare fra le mie mani. E due paia di collant. Perché, sai come vanno certe cose: uno dei due, si rompe. E io non voglio avere le calze rotte». Osvaldo Guerrieri wmmmm wmmmmmmmm v\ovvLo:v:o:-:-:-:o:^*:v:^^ ;■:■:■:■:■:■:■:■:■:■:■.-:•:-:•:■:■:■:■:■:■;■:■ Una carriera trionfale iniziata a 16 anni Nel 1925 fece scandalo recitando a seno nudo Di sé diceva «Per il teatro ho un amore folle» VARESE. L'attrice Paola Borboni è morta ieri nella casa di riposo «Villa Purìcelli» di Bodio Lomnago, dove era ricoverata da circa dodici mesi, da quando cioè aveva detto addio alle scene. Nata a Parma, aveva 95 anni. La Borboni era stata colpita da un ictus venerdì, ma già da alcuni mesi non stava bene e ultimamente era affaticata per i postumi di una influenza. Da quando si era trasferita nella casa di riposo era assistita da una dama di compagnia. Proprio a «Villa Purìcelli», il 14 febbraio, Paola Borboni aveva ricevuto la notizia che il Capo dello Stato le aveva concesso un assegno vitalizio in base alla «legge Bacchelli». L'assegno era giunto in un momento critico per l'attrice: le cure di cui aveva bisogno erano infatti costose e andavano a sommarsi alla retta della casa di riposo. A destra un'immagine recente di Paola Borboni. In basso, l'attrice impegnata durante uno spettacolo teatrale e, a sinistra, agli esordi della carriera

Luoghi citati: America Latina, Bodio Lomnago, Milano, Parma, Roma, Taormina, Torino, Varese, Verona