TRAGEDIA ITALIANA di Sergio Romano

ALESSANDRA MUSSOLINA TRAGEDIA ITALIANA glia del Duce e la moglie del ministro degli Esteri, con una forte passione per il gioco d'azzardo e una certa inclinazione a recitare, nella corte del regime, il ruolo che alcune donne avevano avuto in Francia tra la rivoluzione e l'impero. Nel terzo fu soprattutto vedova e orfana, con una dignità e una discrezione che hanno riscattato le pagine meno positive della sua vita. Quando nacque a Forlì il 10 settembre 1910 suo padre volle assistere al parto e svenne tre volte. Mussolini non ebbe un figlio, come avrebbe desiderato, ma Edda crebbe come un monello, pretese d'essere trattata da ragazzo, litigò col padre come nessun altro avrebbe mai osato, fu fortemente segnata dall'atmosfera politica degli anni in cui Mussolini dirigeva l'«Avanti!» e il «Popolo d'Italia» o tornava a casa con la camicia insanguinata dopo un duello con Claudio Treves. Fu selvatica e testarda anche al Poggio Imperiale di Firenze dove i genitori la mandarono, dopo la presa del potere, per renderla più femminile. Non era brutta, tutt'altro. Aveva zigomi alti, labbra sottili, occhi lampeggianti ed era l'unico membro della famiglia che non avesse tendenza ad appesantirsi c arrotondarsi. Ma i ruoli aggraziati non le piacevano, e quando violava le regole del galateo sapeva di poter contare sull'amore e sull'indulgenza del padre. Il secondo atto comincia nell'aprile del 1931 con il fastoso ricevimento che fu dato a Villa Torlonia per il suo matrimonio con un giovane diplomatico dal sorriso smagliante e dai capelli lucidamente incollati sul capo. Diventata Edda Ciano, contessa di Cortellazzo, partì con il marito per la Cina,'fece vita d'ambasciata, cominciò a giocare d'azzardo. Al ritorno in Italia volle che Ciano avesse un incarico importante. In un altre regime e in un altro Paese si sarebbe probabilmente buttata in politica e avrebbe preceduto sua nipote di settant'anni su un banco della Camera dei deputati. In un'Italia fanalista, dove suo padre riteneva che il posto delle donne fosse in cucina, fece politica per interposta persona lanciando il marito sulla strada del potere. Il suo modello era Mussolini, l'unico uomo con cui valesse la pena di discutere, litigare, confrontarsi. Ciano divenne così una pedina nella partita di amore-emulazione che Edda giocava con suo padre sin dagli anni dell'adolescenza. L'affetto per Galeazzo, dopo qualche anno, fu sostituito da un sentimento d? proprietà e di orgoglio. Era suo marito, quindi dovevano rispettarlo. E poiché Ciano, pur nella sua infinita vanità, non era sciocco, i reciproci tradimenti e la diversità delle opinioni non incrinarono mai i loro rapporti. Persino quando Edda, nella primavera del 1940, divenne ferocemente interventista e raccomandò al padre esattamente il contrario di ciò che gli suggeriva il suo ministro degli Esteri, Ciano, nel suo diario, si limitò a scrivere melanconicamen- te: «Peccato che anche lei, così intelligente, non voglia ragionare». Il prologo del terzo atto comincia con il viaggio in Germania dopo la caduta del fascismo, nell'agosto del 1943. Liberata dal ruolo di «donna del regime», che il maschilismo fascista le aveva imposto, Edda cercò di prendere in mano il controllo della situazione. Vide Hitler e chiese di essere autorizzata a partire con il marito per l'America Latina. Non appena il padre, liberato dal commando di Skorzeny, arrivò a Monaco, lo persuase a ricevere Ciano e ad ascoltare le sue scuse per il voto del Gran Consiglio, due mesi prima. Sarebbe riuscita a rappacificarli, probabilmente, se i tedeschi non avessero deciso che il «tradimento» andava punito. Fu quello il periodo della sua vita in cui Edda si vide improvvisamente confrontata da due lealtà contrastanti: per Mussolini e per Ciano. Di fronte alla sua personale tragedia e al modo in cui si batté per impedire che il padre divenisse responsabile della morte del marito, il giudizio politico sul fascismo e sulle sue responsabilità di «first lady» diventa del tutto irrilevante. La donna capricciosa e viziata degli anni precedenti dimostrò di essere al tempo stesso una grande aristocratica e una grande popolana. L'apprendistato rivoluzionario dell'adolescenza aveva segnato il suo carattere. La morte del padre, un anno dopo la fucilazione del marito, chiuse la partita. Erano scomparsi sia l'uomo che Edda aveva maggiormente ammirato sia quello con cui aveva sperato di emulare il padre. Ma la sorte volle che lei rimanesse in vita per un lunghissimo terzo atto nel corso del quale vide il trionfo dell'antifascismo, la rinascita di un partito d'ispirazione fascista, l'avvento del «postfascismo» e il dibattito sulla fine dell'antinomia fascismoantifascismo. Il suo maggiore merito fu quello di mantenere di fronte a questi avvenimenti un atteggiamento di decoroso riserbo. Nei cinquantanni in cui sopravvisse ai suoi uomini riuscì a non sciupare il capitale di dignità e fierezza che aveva accumulato fra il 1943 e il 1944. Non è poco. Sergio Romano

Luoghi citati: America Latina, Cina, Firenze, Forlì, Francia, Germania, Italia, Monaco, Poggio Imperiale