La Cardinale si racconta in un'autobiografìa che esce contemporaneamente in Francia e in Italia per Frassinelli

La Cardinale si racconta in un'autobiografìa che esce contemporaneamente in Francia e in Italia per Frassinelli La Cardinale si racconta in un'autobiografìa che esce contemporaneamente in Francia e in Italia per Frassinelli LA violenza, l'obbedienza e la passione, segni dei tre uomini più importanti della vita: e poi il cinema, i viaggi, l'Africa natale, i film e i figli, Hollywood e Visconti, gusti e disgusti. Claudia Cardinale si racconta in un'autobiografia scritta con Anna Maria Mori che esce alla fine del mese in Francia (editore Grasset) e in Italia (editore Frassinelli): intitolata «Io Claudia, tu Claudia» per alludere alla natura doppia dell'attrice (ribelle e dipendente, quotidiana e divistica, famosa e segreta) ma anche al rapporto e al dialogo con la coautrice. Il primo uomo, racconta Claudia Cardinale nel libro, è uno dentro un'automobile nera che (come ne «L'amante» di Marguerite Duras) aspetta Claudia ragazzina all'uscita da scuola, la segue, la invita, l'assedia; un francese operante a Tunisi nell'aviazione che, approfittando della buona fede della diciassettenne, la violenta in una casa di campagna dove nessuno poteva vedere né sentire, la coinvolge in un legame subito per vergogna di quella prima volta, la rende madre d'un bambino poi fatto passare a lungo per fratellino. Il secondo uomo è Franco Cristaldi, il produttore che aiuta Claudia nella difficoltà, che la tiene sotto contratto con la sua società Vides dal 1953 al 1975 e la trasforma in una star internazionale, che la sposa ad Atlanta in Georgia con un matrimonio americano non valido in Italia e affilia suo figlio Patrick, che la dirige e condiziona in ogni atto e attimo privato e professionale imponendole la disciplina del successo: l'uomo di cui lei non è mai riuscita a parlare chiamandolo per nome (dice: Cristaldi) e per il quale conserva una gratitudine resistente oltre la morte di lui, l'uomo che di fronte all'abbandono finse di tagliarsi le vene, tentò ogni ricatto, arrivò a impugnare una pistola e a proporle un suicidio a due. Il terzo uomo è Pasquale Squitieri, il regista senatore di Alleanza Nazionale che fa scoprire a Claudia la passione e la libertà, che è suo compagno da ventidue anni anche se ora vivono in città diverse, che è padre di sua figlia Claudia, che le rimprovera spesso d'essere superficiale e forse ha contribuito a mutare le sue idee politiche: l'attrice, sempre elettrice dei partiti di sinistra, scrive che ora non sa più, non si identifica con i leader della sinistra, pensa che cambiare idea non sia un atto di debolezza né di vigliaccheria, piuttosto un segno di coraggio e di maturità. Ma, per quanto importanti, gli uomini della vita non sono tutta la vita. Claudia Cardinale, cinquantacinque anni, nata a Tunisi da genitori d'origine siciliana, vissuta in Africa con la sorella Bianche che adesso lavora all'Emporio Armani parigino e con i fratelli Adriano e Bruno che lavorano come tecnici nel cinema, madre di Patrick trentasettenne che vive a New York e di Claudia quindicenne che abita con lei a Parigi, nonna di Lucilla, la figlia di Patrick che ha la stessa età di sua figlia, è, oltre che una delle at-, trici italiane più brave e più note nel mondo, una persona complessa. Anna Maria Mori, che la conosce da tempo, ha la capacità d'analisi testimoniata dai suoi libri e ha lavorato due anni con lei per «Io Claudia, tu Claudia», dice d'essersi sèmpre interrogata sulla Cardinale senza poterne chiarire il mistero, di continuare a vedere questa donna appassionata, elegante e laconica «come una tigre o una pantera». Il libro molto completo racconta il legame forte con l'Africa, l'infanzia e l'adolescenza a Tunisi (Claudia portava i capelli a coda di cavallo come Brigitte Bardot, vestiva tutta di nero come Juliette Greco), l'arrivo nel 1957 in un'Italia che le pareva glaciale come il Polo Nord, gli oltre cinquantacinque film interpretati anche con i registi più grandi, gli incontri e gli scontri del cinema. Luchino Visconti, racconta Claudia Cardinale, le parlava e scriveva in francese, sul set del «Gattopardo» le insegnò a camminare con lunghe falcate, con la sicurezza morbida degli animali e la padronanza dura dei proprietari, a imitare la sapienza di Marlene Dietrich nel recitare con ogni parte del corpo. Sul set di «Vaghe stelle dell'Orsa» arrivò un giorno Gala, la moglie di Salvador Dalì. Disse a Visconti: «Ti ho portato un regalo» e il regalo era bellissimo, Helmut Berger. Ma in certi viaggi insieme (a Londra per vedere «Marat-Sade», per sentir cantare l'ultima Marlene) gli scherzi ideati da Berger e da Rudolf Nureyev «allo scopo di far capire a Luchino che loro erano ragazzi e lui un uomo ormai vecchio» risultavano catti¬ Gianna Nannini ai festival di Recanati e poi a Roma in una vetrina RE CANATI. Non più tardi di due anni, fa, il 25 aprile si riduceva ad uno di quegli anniversari scontati e un po' retorici che si risolvevano in un giorno libero. Adesso che il vento è cambiato, festeggiare il Cinquantenario della Liberazione diventa un atto controcorrente e dopo averla sempre snobbata, il rock italiano si appropria della ricorrenza. Esce il 25 aprile, promosso dal Comune di Correggio nell'Emilia, «Materiale Resistente», un ed di quelle che adesso vengono chiamate all'americana «cover», cioè rifacimenti di canzoni originali della Resistenza. Sono brani simbolici, anche straordinariamente famosi come vi, terrificanti. Federico Fellini, ricorda Claudia Cardinale, è stato il primo a non doppiarla, a farla recitare in «Otto e 1/2» con la sua voce roca e bassa, irregolare e seducente; Blake Edwards, vedendola quasi paralizzata sul set de «La Pantera Rosa», la chiuse in una stanzetta insieme con un fumatore compulsivo di hashish e lei, «stracotta» di fumo passivo, riuscì a superare il blocco; Sergio Leone la portava a cena e la costringeva a «mangiare quintali di roba», per la felicità di guardarla consumare il cibo a lui negato; Werner Herzog per «Bella Ciao», ricantati e talvolta completamente riscritti in un'ottica contemporanea dalla miriade di gruppi musicali che ruotano intorno al progetto Csi, Consorzio Suonatori Indipendenti. Il disco, presentato al «Premio Città di Recanati», è nato dalla «voglia di far qualcosa» perii Cinquantenario, e contiene «cose «Fitzcarraldo» la volle vestita sempre di bianco, geniale e pazzo com'era irrompeva rombando, in sella alla sua motocicletta scassata, al cinema o in albergo. Valerio Zurlini, regista de «La ragazza con la valigia», «mi ha insegnato tutto senza impormi niente, mi ha voluto veramente bene; quando ho finito il film mi ha regalato il suo più bel quadro, una Madonna del Trecento che da allora mi segue ovunque». Ma la vita non è fatta soltanto di cinema e di uomini. In «Io Claudia, tu Claudia», la Cardinale confida pure i suoi usi e Recanati: canti partigiani riscritti e riproposti al Festival dei cantautori consumi. Non le piace il lifting: «Le liftate si riconoscono subito ed è riconoscerle, oltreché còme finte giovani, come creature deboli». Fuma tanto e non intende smettere, non ha mai saputo guidare, non ama i giochi di carte, il cibo che considera migliore al mondo è il couscous comunque preparato. Dal 1982 si veste da Armani, con la fedeltà dell'ammirazione che prima riservava a Nina Ricci. Non mette quasi più i suoi gioielli bellissimi, «su una donna matura fanno subito albero di Natale». Non è mai apDarsa nuda in un film («nei miei contratti c'è sempre stata una clausola precisissima in materia») e nella vita s'è messa di rado persino in costume da bagno («so di avere gambe non precisamente perfette»). GJi accessori che ama di più, che compra quando vuol consolarsi, sono gli occhiali. L'Italia? «In Italia circola un'aria di rabbia e di tristezza insieme che mi ricorda la mia prima volta nei Paesi dell'Est». E il cinema? Su film futuri «Io Claudia, tu Claudia» tace, di cineprogetti non parla. Lietta Ter nabuoni