Di Pietro penna che non «stona» l'inferno dopo il fidanzamento

Di Pietro, penna che non «stona»; l'inferno dopo il fidanzamento Di Pietro, penna che non «stona»; l'inferno dopo il fidanzamento ferendum? Che tasse volete ancora spremere a noi poveri limoni ormai troppo spremuti? Perché non incominciano i nostri cari ministri parlamentari ecc. a ridursi lo stipendio? Perché non si fanno restituire le somme rubate che i pezzi grossi hanno portato all'estero? Perché si devono mantenere tanti partiti in lizza che servono solo a far litigare gli italiani mentre basterebbero tre o quattro? Nessuno probabilmente darà una risposta. Però si sappia: se molti diserteranno le urne, se molte saranno le schede bianche o nulle il motivo è perché è l'ultimo modo rimasto per protestare e far capire a chi di dovere che la maggioranza del popolo italiano non ne può più a forza di tirare la cinghia e la cordaDove sono i partiti e gli uomini onesti? A chi possiamo ancora dare affidamento? Attilio Bianchi «Divorzio, speriamo che me ia cavo» A proposito della fedeltà durante 11 fidanzamento. Visto che farà discutere, vorrei portare la mia testimonianza in inerito. Dopo 12 anni di matrimonio, con 2 figli allora di 4 e 2 anni, venni a sapere che mio marito ebbe una figlia in Germania, nata un mese prima delle nostre nozze. Lo seppi dall'ufficiale giudiziario il quale cercava mio marito per continuare a pagare gli alimenti, l'obbligo al quale cercava di sottrarsi, trasferendosi in Italia. Alla mia domanda, perché non mi disse mai nulla, ecco la risposta: «Non erano affari tuoi, e continuano a non esserlo!». Inutile dire che il mio amore era morto all'istante, avevo davanti un'estraneo. E tanta paura per il futuro dei miei figli allora così piccoli. Sto divorziando ora, dopo 10 anni d'inferno: «Ora speriamo che me la cavo»! H. H., Torino LA LETTERA DI O.d.B. modi usare opolo chiamarli senza che si sentano offesi? Credenti? Elettori? Posso? Datemi pure del blasfemo, e tutti i titoli che volete, se pensate che me li meriti; se pensate che fare domande che mi nascono spontanee sia opera demoniaca... Continuiamo. Quindi, esiste un articolo del nostro codice penale che punisce chi abusa della credulità altrui; ne sono proprio contento! Quindi, in Italia, dove un processo dura 6, 9, 18 o più anni, e dove, se non c'è un pentito, non si riesce a punire nessuno, da dove è persino impossibile essere espulsi (nel caso che l'interessato sia un delinquente straniero) con il foglio di via, se questi dà un nome fasullo, avendo avuto cura di distruggere il proprio passaporto, dove è nata T angentopoli, nome che è tutto un programma... Le madonne, i santi e i beati piangono? Ne hanno ben donde, altro che miracolo, proviamo a eliminare questo caso di pianto a dirotto; andiamo per tentativi; espelliamo tutti i politici italiani, mandiamoli... in Vaticano? Forse (le madonne, non gli italiani) piangono perché dopo 500 anni non si è ancora indagato sui grandi abusi della credulità popolare! Quali?...». Fine spazio consentito. Posso «abusare» della sua rubrìca? Se sì, grazie. Abusare della credulità popolare! Ricorre quando «pubblicamente» si «cerca con qualsiasi impostura, anche gratuitamente, di abusare della credulità popolare», perché dal fatto «possa derivare un turbamento dell'ordine pubblico». Secondo l'art. 661 c.p. è punito con l'arresto fino a 3 mesi o alternativamente con l'ammenda fino a 400.000 lire. Da tenere presente che l'art. 121 del Tulps vieta il mestiere di «ciarlatano». E' da poco che conosco questo articolo del codice penale. Giusto, lo trovo giusto... Bartolomeo Modena, Torino GENTILE signor Modena, non sono affatto sicuro del suo cognome, essendo la sua firma piuttosto enigmatica, ma la lascio pure «abusare» della rubrica (che non è solo mia, ma anche sua e di tutti gli altri collaboratori) a patto che lei non si risenta e non si consideri tradito dal fatto che, a un certo punto, lo spazio si esaurirà perché 4 fogli e mezzo battuti a macchina della sua lettera sono sempre 4 fogli, mentre qui c'è posto per solo 2 fogli scarsi. Dunque, lei dice: «Giusto, lo trovo giusto; quello che non capisco è come mai si applichi ai dilettanti e ai casi minori (direi minimi), quelli che tutto sommato raccolgono qualche centinaio, a! massimo qualche migliaio di "creduloni". E i casi veramente grossi? E i professionisti che raccolgono milioni e milioni di... come Mille per abdel po go, ho scritto al Presidente della Repubblica, senza poter risolvere questa mia situazione. Sovente mi domando, ma quale democrazia vige in questo nostro Paese? Ma quale Stato di diritto abbiamo, se dopo 15 anni non si viene a capo di una situazione come quella sopra descritta? Come può un Paese definirsi civile quando i cittadini devono attendere 15-20 anni per ottenere «giustizia»? Questi interrogativi mi assillano e insinuano in me sfiducia nei confronti della «giustizia» e più in generale delle istituzioni. Questo problema sta diventando un vero e proprio dramma personale. Cesario Coppa, Vercelli Una leggina mimetizzata e ingiusta In un momento in cui il governo cerca di risolvere con diffusi sacrifici il problema del bilancio della Previdenza sociale e quello collegato della riforma del sistema pensionistico anche attraverso la lotta all'evasione, appare paradossale e contradditoria l'approvazione, nell'ambito del D.L. 28-121994 n° 723, pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 303 del 29-12-1994, di una leggina contenuta nell'articolo 59 dello stesso D.L. (strumento legislativo il cui abuso è stato giustamente e recentemente condannato anche dal presidente della Corte Costituzionale). Questa leggina, «mimetizzata» tra materie eterogenee, consente agli istituti ed università stranieri operanti in Italia con le loro filiazioni (trattasi per lo più di università private statunitensi dotate di notevoli mezzi economici, e che già godono di ampie agevolazioni fiscali) di stipulare contratti con il personale docente senza ottemperare agli obblighi di versamento dei contributi previdenziali ed assistenziali previsti per i lavoratori subordinati attraverso l'apposizione nel contratto di clausole, chiaramente di comodo ed idonee ad eludere l'elemento della subordinazione, elencate nello stesso articolo. Ciò appare in contrasto con i principi della legislazione italiana in tema di lavoro subordinato, con particolare riferimento allo Statuto dei Lavoratori, ed altresì attua una palese disparità di trattamento nei confronti delle scuole ed università private nazionali. Tanto per essere in tema di «par condicio». aw. Luca Fanelli Ufficio legale Inps Firenze Stipati e infuriati sul «Parigi en Stendhal» I sottoscritti viaggiatori stipati in piedi sull'unica carrozza, posti «invisibili» a sedere, del treno 216 Milano-Torino P.S. - Parigi en Stendhal 216 della sera del 27 marzo 1995, protestano formalmente per il disagio provocato da carenze organizzative (le scolaresche in gita stipate in tutte le carrozze esistenti avevano l'obbligo di prenotare con mesi di anticipo, dando alle ferrovie la possibilità di organizzare più treni o di aggiungere carrozze a quello programmato al fine di evitare disagi inattesi ai viaggiatori). Chiedono, quindi, non avendo potuto usufruire del posto a sedere pagato, la restituzione del denaro sborsato per il biglietto. Gabriella Sanchini Seguono 40 firme Luciano Berto: sostiene Pereira Sulla Stampa di ieri Sergio Trom betta riferisce delle disavventure mie e di Renzo Piano all'Opera di Zurigo col Recital danzato per pianoforte e orchestra Compass, caduto nelle mani di un coreografo irresponsabile col quale avevo trascorso giorni interi nell'inutile tentativo di chiarirgli il senso del lavoro. Senza andare nei dettagli posso solo affermare che non c'è nulla di vero in quanto viene sostenuto dal bravo ma fantasioso Intendant Alexander Pereira. Luciano Beno, Firenze