Due 8 maggio in Germania di Emanuele Novazio
In 270 firmano con Nolte: non fu una liberazione. Protestano gli ebrei: torna il nazionalismo In 270 firmano con Nolte: non fu una liberazione. Protestano gli ebrei: torna il nazionalismo Due 8 maggio in Germania Contro-celebrazione della destra BONN DAL NOSTRO CORRISPONDENTE S'infiamma la polemica sull'8 maggio, due Germanie si scontrano sul valore e il senso del giorno in cui le rovine seppellirono Adolf Hitler e il suo regime. Ministri e uomini vicini al governo Kohl, storici controversi come Ernst Nolte, il capo della comunità ebraica Ignatz Bubis si contendono il significato della fine della guerra. Per Ernst Nolte - che anni fa scatenò una bufera in tutta Europa presentando il nazismo come reazione allo stalinismo e i campi di concentramento come risposta tedesca ai gulag sovietici - ma anche per il ministro dello Sviluppo CarlDieter Sprager (csu), per il presidente onorario del gruppo parlamentare cdu-csu, Alfred Dregger, c per l'ex procuratore federale Alexander von Stahl, liberale -1'8 maggio non può essere considerato soltanto «il giorno della liberazione». E' questa «un'interpretazione unilaterale che va respinta», sostengono insieme a oltre 270 uomini politici e intellettuali vicini alle correnti della «nuova destra»: e annunciano che festeggeranno quell'evento a modo loro, il giorno prima. Con una manifestazione, a Monaco, che potrebbe diventare il segno tangibile di una crepa profonda, radicale, nell'interpretazione della storia tedesca più dolorosa e più drammatica. L'8 maggio - sostengono i firmatari di un «appello contro la dimenticanza» che è stato pubblicato, a pagamento, anche sulla «Frankfurter Allgemeinc Zcitung» - s'iniziò la divisione della Germania. Quel giorno cominciarono «le nuove repressioni all'Est». Quel giorno cominciò «il terrore delle espulsioni». Nel cinquantesimo anniversario della liberazione del campo di concentramento di Buchenwald - dove morirono oltre 50 mila persene, e dove ieri è stato inaugurato un monumento ai 500 mila sinti e rom trucidati in tutta Europa - Ignatz Bubis ribatte con amarezza o con allarme: il «manifesto» incita il nazionali¬ smo tedesco e nasconde il ruolo della Germania nello scoppio della guerra mondiale. «Si trascura completamente il fatto che la divisione del Paese non ò cominciata l'8 maggio del '45 ma il 30 gennaio del '33», il giorno in cui Adolf Hitler andò al potere, ribatte Bubis. «Si trascura che il terrore dèlie espulsioni risale, come le prime pietre del Muro di Berlino, al 30 gennaio del '33». L'appello «contro la dimenticanza» è dunque «uno scandalo», insiste il leader della comunità ebraica. E' uno scandalo «comportarsi come se tutto quello che è avvenuto fra il 1933 e il 1945 sia stata volontà di Dio, e come se tutto il peggio sia cominciato dopo»: chi ha preparato il manifesto, consapevolmente o no, «ha posto le fondamenta intellettuali per il risorgere del pericolo nazionalista». Fra i firmatari dell'appello c'era anche un politico dell'Spd, Hans Apel, ex ministro della Difesa, che ieri tuttavia si è dissociato: «Ho tolto la mia firma perché non mi piace più la compagnia», ha detto. Ma Dregger insiste, e ieri sera ribatteva polemicamente a Bubis: «E' un errore reprimere il sentimento della sconfitta. Noi e i nostri nemici non siamo stati liberati dalla guerra e dalla sua fine, ma dalla buona politica seguita dagli uni e dagli altri - nel dopoguerra. Una politica che ha trasformato in amici gli ex nemici della guerra». Mentri"1 anche il presidente del Bundestag, la cristiano-democratica Rita Sussmuth, si schiera contro «l'appello» di Nolte e Dregger, le divisioni e la polemica sono destinate ad approfondirsi: fra l'apparente imbarazzo del governo Kohl che - almeno finora - non si ò pronunciato direttamente sul «giorno della liberazione». Il suo portavoce ha espresso al contrario comprensione per l'iniziativa di Dregger, pur ricordando che la fine della guerra è legata all'orrore dell'Olocausto e al dolore per i caduti tedeschi. Emanuele Novazio Un ucraino superstite di Buchenwald piange nel lager, da cui fu liberato 50 anni fa
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