I DIAVOLI DI QUIGNARD FIABA, EROS E MUSICA

I DIAVOLI DI QUIGNARD FIABA, EROS E MUSICA I DIAVOLI DI QUIGNARD FIABA, EROS E MUSICA Due romanzi, ma nel secondo Fautore si traveste da spagnola versi in quella zona rarefatta in cui musica, amore e religione intrecciano infiniti scambi e scoprono segrete equivalenze. La parte del testimone privilegiato che in Tutte le mattine del mondo era toccata a Marin Marais qui è riservata a Rina Jonques, una serva rozza e incolta: è lei la sola a godere della musica che padre Guimera compone col rimorso di abbandonarsi a un piacere profano e la sola a comprendere la purezza di quel piacere che i loro corpi si danno di notte, quando Dio non vede, e che il prete di giorno si accanisce a voler espiare. La comprende prima coi sensi, nella «reciprocità notturna dei corpi», e poi con la ragione, arrivando nella sua ingenuità a scoprire quello che la cultura copre e la religione nega: che il lato più nobile degli uomini è il lato dell'ombra e che non ci si può amare se non «rituffando l'anima in fondo al corpo, rituffando il corpo nell'oceano di appartenenza da cui è sortita la specie, cioè dove essa si vede restituita alla massa cieca e insensata dal mondo vivente». E' lo stesso silenzioso e remoto recesso dove si nascondono le parole quando decidono di venir meno al pensiero. Per accedervi e scoprire il «sogno delle parole vere su fondo di silenzio - come isole sulla morte - che fanno tremare di desiderio chi le dice», Quignard deve evocare il diavolo; per condurvi la «pura» Rina Jonques, ad Agustina Izquierdo basta lasciarlo circolare in incognito, come piaceva a Gide, tra le pagine di un intenso e raffinato romanzo. ESCONO da Frassinelli, appaiali come già lo erano stati due anni fa nell'edizione originale di P.O.L., due libri di Pascal Quignard, uno autentico e uno putativo. Quello autentico ha il titolo di una deliziosa fiaba, ambientata in un borgo della Normandia dell'epoca di Carlomanno, che il romanziere ha scritto per la musica di Michèle Reverdy: una fiaba classica, con un soggetto, la ricamatrice Colbrune, un oggetto, il saito Jeune, un aiutante, Heidebic de He!, che, essendo il diavolo, ben presto si trasforma in oppositore, un contratto - alla scadenza di un anno ricordarsi del nome del benefattore - che sembra irrisorio e alla prova dei fatti si rivela insostenibile e l'immancabile lieto fine. La fiaba è come incastonata tra un'Avvertenza che racconta le circostanze della sua genesi e un «Piccolo trattato su Medusa» che ne illustra le motivazioni profonde e ne sviluppa i significati riposti. Alla base ci sono un ricordo della prima infanzia - la madre che nello sforzo di cercare una parola perduta assumeva la stessa fissità minerale di chi cade sotto lo sguardo di Medusa - e due esperienze di mutismo dello scrittore, una a diciotto mesi, quando un trasferimento della famiglia l'aveva privato di una baby-sitter tedesca, e l'altra a sedici anni, per ragioni che non ci rivela se non nelle allegorie di questa fiaba e nelle argomentazioni di questo trattatello dedicati entrambi al «venir meno del linguaggio». Ancora una volta, con suprema eleganza, Quignard coniuga profondità e leggerezza, fantasia e ragione, erudizione e candore, passa senza soprassalti dal banale contrattempo di un blocco di gelato al caffè che non si riesce a tagliare al dramma della parola che rimane sulla punta della lingua e alle contrastanti risposte che lo scrittore e il musicista danno al silenzio, costruisce un discorso

Persone citate: Frassinelli, Gide, Izquierdo, Marin Marais, Pascal Quignard, Quignard, Rina Jonques

Luoghi citati: Agustina