«Non siamo rapitori» di Francesco Fornari

«Non siamo rapitori» «Non siamo rapitori» Un capo Afar: erano senza permesso DEL DESERTO aUANTI misteri nasconde l'inferno della Dancalia dove quattro milioni di anni fa sono vissuti i nostri progenitori, come dimostra il ritrovamento dello scheletro di Lucy, il primo umanoide di cui si ha avuto notizia nella storia dell'umanità. Oggi in questa depressione vivono tribù di nomadi Afar: guerrieri che non riconoscono nessuna autorità al di fuori di quella degli sceicchi che governano le circa 500 tribù e rispondono soltanto al sultano Ali Mirah, capo assoluto dell'Afar Region Two, la seconda regione Afar. Nel suo territorio sono stati rapiti i nostri nove connazionali che si erano ripromessi di attraversare quell'in- ferno sulle orme dell'esploratore Giulietti, massacrato con i suoi compagni nel 1881 da una banda di predoni. Una storia di cui non si conosce ancora l'epilogo, che abbiamo cercato di ricostruire parlando con Omar Ali Mirah, uno dei figli del sultano. L'incontro è nel suo ufficio, in una casa nel centro di Addis Abeba, combinato dopo lunghe trattative con l'aiuto dell'interprete Samia Saleh Kebire, general manager della Caravan, che grazie alle sue origini Afar è riuscita a stabilire il contatto. Omar parla soltanto in lingua Afar. Per prima cosa il figlio del sultano esclude che si sia trattato di un rapimento, di un sequestro a scopo di estorsione. «Gli italiani hanno avuto problemi perché sono entrati nella zona controllata dai Damboida senza alcun permesso: oltre il visto delle autorità etiopiche, dovevano avere un permesso dall'amministrazione della regione controllata dal sultano Ali Mire.' .». E continua: «Nessuno ha tese loro un agguato. Si erano già inoltrat' lei territorio quando sono incapoati in un gruppo di Damboida che fanno parte dell'Ugugumo, un'organizzazione dell'Ardu, Unione rivoluzionaria democratica Afar, in guerra col governo di Asmara che non riconosce l'autonomia degli Afar». La notizia della loro presenza nella zona è stata data all'ammi¬ nistrazione dagli abitanti del villaggio Berhale che «hanno visto tre uomini e una donna bianca, con nove cammelli scortati da Ugugumo armati». E' stato avvertito il capo della regione Asahita che ha dato ordine di scoprire chi fossero. «In quei giorni - dice Omar - dall'ambasciata italiana di Addis Abeba era stata segnalata al capo della polizia della zona, Hascan Shifa, la scomparsa della comitiva di turisti. I due fatti sono stati subito collegati e io mi sono messo in contatto con l'ambasciatore italiano». Il capo della polizia Afar, «Shambel» Ibrahim, ha iniziato le indagini e gli italiani sono stati individuati nella zona Ashale, nei villaggi Ra- gali Badda, Waidedu e, infine, a Berhale. A quel punto sono incominciate le trattative, condotte dai notabili Afar affiancati da un mediatore inviato dal figlio del sultano. «E' difficile comunicare con i villaggi. Non so se sono state avanzate delle richieste per la loro liberazione. Ma una cosa è sicura: non si è trattato di un sequestro: gli italiani sono stati fermati per controllare chi erano, se erano capitati lì per errore o se c'erano andati apposta e perché». Omar cita un proverbio Afar: «Senza essere stato chiamato sei venuto. Senza esserti saziato sei partito: due volte hai sbagliato». Francesco Fornari

Persone citate: Ardu, Giulietti, Omar Ali Mirah, Saleh

Luoghi citati: Addis Abeba, Asmara