Non c'è accordo, la Conferenza Onu rinvia tutto al 1997 Berlino, il clima può attendere di Emanuele Novazio

Non c'è accordo, la Conferenza Onu rinvia tutto al 1997 Non c'è accordo, la Conferenza Onu rinvia tutto al 1997 Berline, il clima può attendere Nessuno segue la Germania che decide di limitare le emissioni inquinanti Egli ecologisti delusi tentano di dare l'assalto al banco della presidenza BONN DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Due settimane di discussioni e trattative, una faticosa e prolungata ricerca di compromessi capaci di affidare alla Conferenza di Berlino un messaggio rassicurante, di far partire dalla città tedesca il senso della svolta, nella lotta all'inquinamento più minaccioso e più tenace. Il «vertice sul clima» organizzato dalle Nazioni Unite, invece, è finito con un rinvio, senza impegni precisi, senza «obiettivi né scadenze», come lamenta il Wwf. Fra le proteste degli ecologisti, che dopo la lettura del documento conclusivo hanno tentato perfino l'assalto al banco della presidenza. Se ne riparlerà nel 1997, dunque. I quasi 170 Paesi presenti alla Conferenza hanno approvato a maggioranza un documento che avvia un negoziato di almeno due anni per decidere come ridurre dopo il 2000 - le emissioni di anidride carbonica e di altri gas responsabili di mutamenti climatici. E' un «mandato» agli Stati: nel quale non si precisano tuttavia le quantità che si intendono raggiungere. Di tutto questo si parlerà nei prossimi due anni, ma le polemiche sono subito esplose. Secondo il Wwf «si è sciupata un'occasione d'oro». Secondo la Climate Action Network «il mondo ha perso altri due anni preziosi». Secondo l'ecologista americano Stefan Singer, «si è dato un pugno in faccia a Kohl». Annunciando che entro il 2005 la Germania ridurrà del 25% le emissioni di anidride carbonica rispetto ai livelli del 1990, il Cancelliere aveva rivolto un appello a tutti i Paesi rappresentati a Berlino perché prendessero misure concrete. Nessuno a quanto pare l'ha ascoltato, tutti o quasi hanno preferito il ripiego del rinvio. Ma di meglio forse non si poteva fare, considerate le divisioni che hanno animato le trattative, per una settimana affidate agli esperti e da mercoledì in mano a un'ottantina di ministri. Il «mandato» rappresenta infatti un compromesso fra i Paesi dell'Unione europea, favorevoli a ridurre le emissioni di anidride carbonica, i «duri» del mondo industriale, Stati Uniti, Canada, Giappone e Australia in testa, e i Paesi in via di sviluppo, contrari ad adottare nuovi impegni che potrebbero mettere a repentaglio la loro economia. Ma come ricordava ieri sera il ministro degli Esteri del Paese ospite, Klaus Kinkel, «è anche vero che il processo non si è interrotto». Che il rinvio e le trattative sono meglio di una rottura. La «mancanza di concretezza» e l'assenza di indici e di cifre, ribattono tuttavia le associazioni ecologiste, sono un segno di impotenza. La stessa impotenza lamentata dai Piccoli Stati Insulari, 36 Paesi che rischiano di essere sommersi se riduzioni sostanziali di anidride carbonica non eviteranno l'aumento di temperatura previsto nei prossimi cent'anni, tre gradi che possono rappresentare la fine di un'era e l'avvio di un'altra. «Non facciamoci congratulazioni reciproche visto quel che abbiamo ottenuto», ha detto dal podio un delegato delle Isole Marshall, uno dei Paesi più a rischio. Tutto, adesso, dipenderà dalla serietà con la quale si realizzerà il «mandato», dall'impegno con il quale si continuerà a trattare. Le difficoltà, come tutti a Berlino hanno riconosciuto, sono tante. Ma, invitava ieri sera l'Associazione ecologica tedesca, ricordiamoci almeno di una cifra: negli 11 giorni della Conferenza l'atmosfera ha ricevuto 675 milioni di tonnellate di anidride carbonica, e in due anni ci sono 730 giorni. Emanuele Novazio

Persone citate: Klaus Kinkel, Kohl, Stefan Singer

Luoghi citati: Australia, Berlino, Canada, Germania, Giappone, Isole Marshall, Stati Uniti