I misteri di Deng, mandarino che voleva diventare imperatore

I misteri di Deng, mandarino che voleva diventare imperatore Il giornalista Luca Romano scava nei segreti dell'Impero Celeste: tra aneddoti e suggestioni, il vero volto del Drago Si è fatto amare per aver reso «umana» la vita in Cina, ma è più spietato di Mao ~~/\~\ UANDO lo slogan urlato nei | I cortei era «La Cina è viciI I na», nella provincia del I I Guangxi gli episodi di «can_V_lnibalismo politico» erano V. vita quotidiana. Cannibalismo, letteralmente: durante la Rivoluzione Culturale ragazze vennero stuprate, uccise e mangiate; il fegato veniva strappato ai sospetti borghesi, cotto e distribuito secondo il rito di una blasfema eucarestia comunista; nelle mense di alcuni edifici del governo, dai ganci per la carne pendevano le membra di esseri umani. Allora, Dio era Mao, angeli sterminatori la Banda dei Quattro. Poi venne, anzi tornò Deng. E l'immenso Paese del socialismo reale eretico lasciò filtrare un po' di luce occidentale. Ma se del contadino Mao Dzedong che mai si lavava se non «nel corpo delle sue donne», del ribelle fin dall'infanzia che raccontava a Edgar Snow: «Io sono l'imperatore-Dio, sopra di me non vi è nulla, la legge sono io» non è difficile sciogliere gli enigmi, Deng Xiaoping, 3 ragazzo abbarbicato alle tradizioni seminobiliari della sua famiglia, resta un mistero, anzi «il mistero» della Cina moderna. Perché i comportamenti di un cinese non si capiscono se non si ha almeno un po' di familiarità con gli ideogrammi e se per dialogare con un contadino dei campi basta conoscere seimila segni, per comprendere un astuto pensatore della capitale non ne bastano dodicimila. Chung Guo, il Paese al centro del mondo, in vent'anni è completamente cambiato. Per quante analisi economiche e politiche si possano scorrere, avvertire il reale senso dei fatti utilizzando i parametri occidentali è impossibile: è come descrivere il mare facendo scorrere lo sguardo sul filo dell'acqua fino all'orizzonte. Per questo II risveglio del drago (Sperling fr Kupfer), saggio di Luca Romano, giornalista testimone nella Pechino delle riforme, è più illuminante di tanti documentatissimi tomi. La serie di aneddoti e l'inanellarsi di argute osservazioni svelano le molte facce della nuova Cina. Il mistero scorre per tutto il libro, fin dal primo apparire di Deng: mai si comprende se sia vivo oppure morto. Uno degli episodi che gelarono l'Occidente fu la strage di Tienanmen: come poteva l'uomo che stava modernizzando la Cina, che le aveva dato un volto umano dopo tanti orrori, che aveva reintrodotto la parola «prospero» nell'augurio per il nuovo anno lunare, ordinare il massacro di studenti che lo ave- vano salutato come un liberatore? Aveva allora ragione Margaret Thatcher che lo giudicava «estremamente crudele»? Subito dopo la presa del potere, a discapito del suo nome di battaglia, Xiaoping (il vero era Xiansheng), che significa «Piccola TranaJuiìlità», si dimostrò il più sanguinario tra i giustizieri di «nemici di classe»: lo temevano anche i contadini. Riguardi ne ebbe solo per il suo albero genealogico, che su un ramo ospitava un grande mandarino imperiale. Il padre - che dopo avergli dato un'educazione oltre lo studio a memoria dei classici lo aveva spedito in Francia (dove si convertì al comunismo) -, però, non era mai riuscito a fare il grande ingresso a corte. Spettava quindi al freddo Deng Xiaoping rivalersi. Dalla morte di Mao, nella pura tradizione taoista, il figlio affettuoso si è elevato alla massima dignità del Paese al centro del mondo: anche l'imperatore cedeva il potere al momento di salire sul trono, per meglio possederlo. Così Deng cresceva spogliandosi di ogni incarico, diventando sempre più potente: nell'87 ottenne il diritto di ultima parola sulle questioni di vitale importanza. Era ormai Dio, come e forse di più di quanto lo fosse stato Mao. Quando, durante uno scontro, Zhao Ziyang gli disse che aveva «il popolo dalla sua», Deng scuotendo la testa rispose: «Allora non hai nulla». Deng l'ultimo imperatore. C'è chi teme: «Dopo Deng il diluvio». Ma molti in Cina ricordano il vaticinio di Kang Youwei «che in campo filosofico rappresenta quello che Sant'Agostino fu per Chiesa di Roma». Mettendo ordine al Confucianesimo, Kang elaborò la teoria delle tre età in cui l'umanità progrediva verso la perfezione: tra il «Disordine» (Luan) e la «Pace Universale» (Da Tong) poneva un'era di mezzo, quella della «Piccola Tranquillità», che in cinese si scrive, appunto, Xiaoping. E, allora, la domanda si capovolge: cosa sarà dell'Occidente dopo Deng? I colti mandarini cinesi dell'Impero Manciù erano convinti che per combattere e vincere gli occidentali la Cina disponesse di un'arma segreta: il rabarbaro. Senza quella pianta sarebbero tutti morti di costipazione mancando loro l'indispensabile lassativo di cui avevano bisogno per digerire i giganteschi tagli di carne cruda che tanto amavano: il roast beef. Il rabarbaro ha perso d'efficacia, ma il Drago possiede infinite altre radici. Pier Luigi Vercesi I misteri di Deng, mandarino che voleva diventare imperatore Deng Xiaoping

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