Incontro con Del Buono, di nuovo direttore con il nuemro dei 30 anni con linus torno bambino

«Io sono figlio della scuola Montessori. Mi lasciavano giocare come volevo» Incontro con Del Buono, di nuovo direttore con il numero dei 30 anni EMILANO CCOLO lì O.d.B. Gongola di gioia fra le sue «vecchie» ragazze: la Tiziana, la Adriana, la Nicoletta, la Stefania. Dopo averle abbandonate per quattordici anni è riapparso sulla porta di Linus con un «ricominciamo?». E loro, felici, a dirgli che «il distacco non ci è sembrato lungo», «il filo fra di noi non s'è mai spezzato». E tante altre belle carinerie, sui figli, per esempio, che han giusto quattordici anni. E poi, via, insieme verso il numero di aprile, quello in cui Linus dichiara la sua età, trent'anni, e la festeggia. La redazione degli immortali Peanuts è arroccata nei ministeriali meandri della Rizzoli di via Rizzoli al 2, corridoi larghi come autostrade, porte, porte, porte tutte uguali. Ma quando s'infila quella giusta dalle pareti si stacca un vortice di passato, peggio di una milonga di Paolo Conte. Dai muri si stacca il faccione del Che, quello di Corto, Cipputi, Charlie Brown, Valentina, Witz, Rigolo e mille altri personaggi, sbucati in un meraviglioso aprile del '65. «Mi avevano detto di non tornare. Me l'han detto in tanti. Ho pensato che fosse una buona ragione per tentare. Io intanto sento che mi fa bene. Sono passato dalle due ore di sonno a notte a due e mezzo. Quella mezz'ora mi sottrae tempo al lavoro che ho trasferito di notte. Pazienza. A Linus ci sto dalle dieci alle quindici. C'è da fare...». Sorride l'Oreste del Buono mentre intrattiene la redazione con ricordi e descrizioni di piccoli acciacchi d'età. Emozionato dal ritorno come per un amore ritrovato? «Questo sarà il mio sessantesimo amore. Ma va bene così. E' un po' come ritornare a scuola. Un ritorno allegro. Si rivedono i compagni, si è capaci a cercare scorciatoie, soluzioni. Si è capito che qualcosa che si riteneva importante in realtà non lo è. Ma si è anche adulti e bisogna cercare soluzioni a un disavanzo economico». Cosa è accaduto a Linus, perché è diventato pallido, perché dà l'impressione di nascondersi, di fuggire? «Il fumetto, questo è il problema, non è più un genere popolare. Questo è anche il problema di Linus. Ma per una testata così famosa è indispensabile trovare una continuazione possibile». Più emozionato oggi o ieri, al debutto? «Non ero emozionato. Il direttore era Gandini. C'era Eco che intervistava me e Vittorini sui fumetti. Parlavamo di Salinger e Schulz, su chi dei due fosse un artista e chi un poeta. Non vidi neppure il primo numero». C'è qualcuno che ti manca in modo particolare per questo nuovo esordio-ricorrenza? «Gandini che è stato il fondatore. Qualche ragazza che non c'è più. Ma collaboratori in particolare no. Fin dagli inizi c'eravamo imposti il problema di non essere troppo fedeli. Dovevamo adeguarci anche all'interesse dei lettori. Abbiamo un "nocciolo duro" di lettori, gli "stabili", quelli con undici anni di lettura di Linus, età trent'anni». Cosa diceva Raymond Chandler? «Di non stare "dalla parte sbagliata dei trenta": questo è il problema. Oggi bambini e ragazzi sono più precoci di ieri. Non hanno più genitori che si accaniscono contro i fumetti. I miei preferivano che imparassi le tiritere. Le tiritere si sono, è vero, rivelate buone per i cortei. Nei fumetti è importante leggere. E' importan¬ te il rapporto fra disegno e parola. Oggi sento che c'è noia a leggere la nuvoletta del fumetto». La famosa crisi del fumetto è questa? «Sì. Se non ridiventa popolare finisce in mano all'Accademia, alla Biblioteca, cade nel fumetto d'autore. E siamo nella peste: come con il cinema e con il romanzo. Ci si dimentica di quando il fumetto ambiva a essere un mez¬ zo di informazione e intrattenimento. Come lo erano cinema e romanzo. Così la tivù può vincere la partita sulla passività: la si guarda, non la si ascolta. Credo che si debba ricominciare a studiare il fumetto senza annoiare. Bisogna raccontare. Un grande del fumetto è Bobo. Un grande della vignetta è Altan». A cosa erano dovute le rughe di «Linus»? «Aveva troppi pezzi non in diretta con gli avvenimenti o con la storia del fumetto. Bisogna che i testi si integrino con un fumetto serio e non noioso. Oggi abbiamo lettori fedeli e lettori fedeli a un certo periodo. Nel ricordo Linus non è stato la Nutella. Si è sforzato di pensare con altri di tener conto di cosa gli altri pensavano». Con Del Buono nuovamente direttore cosa ci sarà nel futuro di «Linus»? «Abbiamo un nuovo editorialista: ellekappa per scritto. Torneranno in massa i Peanuts. E poi "murales" e figurine, Alberto Rebori, Perini da Cuba, più Altan. Come fa Topolino riprenderemo personaggi e storie classiche. Lil Abner, per esempio. 0 Feiffer o B.C. Ci sarà la Bretecher, Carpinteri. Penseremo di più alla musica. Penseremo molto alla selvaggeria». «Linus» in mare aperto? «Vado alla giornata. In questi trent'anni Linus ha scoperto tante cose. Spesso se n'è accorto dopo. Allora bisogna andare avanti senza tenere la testa voltata all'indietro. Non sarà facile. Parlando con lettori molto giovani ho scoperto che amano molto Novello. E Novello è proprio il segno della borghesia che torna. Bisognerà rifletterci. Linus nella discussione ideologica non è mai stato cieco. Quante volte mi son preso del "servo di Tanassi"». Oceanografiche, bozzoni, prove di copertina attraversano la redazione. Il Linus dei Trent'anni è di un color nocciolino con testata in fucsia e tanti Linus che si affannano fra capriole, copertine, dito in bocca, palloni da rugby. Le «ragazze» più che «motivate». Dicono: «Da un paio d'anni ci sentivamo un po' inutili, poco presenti. Sono tempi difficili. Il potere è diventato uno spettacolo di varietà. Buttiglione è un grande attore comico. Poi ci sono i convegni di Gallipoli. I politici di oggi in quanto a umorismo sono peggio, più rozzi di quelli di ieri». Ogni pagina del Linus che sarà in edicola a fine settimana ha la data della sua crescita e ricorda con vignette e testi contestazione, movimento, gruppuscoli, femminismo, pentitismo, craxismo, leghismo. Un lavorone per un lungo attraversamento nella storia di questi anni. Fino a questo '95 che ellekappa, nel suo primo editoriale, così sintetizza: «Il 27 e 28 marzo gli italiani vanno alle urne e investono con un sacro mandato divino gli eletti dal Polo delle Libertà a fare il cazzo che gli pare...». In redazione c'è chi preferisce la «politica dura» e chi è soddisfatto di lavorare nel grande ventre della Rizzoli che attutisce e ovatta, «abbiamo saputo ore e ore dopo, come e dove era stato ucciso Gucci». Una distanza che permetterà a Linus di «vedere le cose essenziali, con l'intuito di Oreste del Buono». Lo dicono le ragazzeLinus. E lui, odibì? «Io sono rimbambito. L'ha detto il mio internista. Sono affetto da bambinite. Sono un bambinoide. E uno scommettitore. Ho guadagnato con il calcio e con i dadi. Mi sono comportato esattamente come mio padre non avrebbe voluto. Anche in letteratura va così. Leggo un giovane e dico: toh. Con gli adulti non mi riesce mai. Sono un infantiroide. Deve essere tutta colpa della Montessori. Mi dicevano: puoi fare tutti i giochi che vuoi, basta che dici che gioco fai. Io facevo diciannove giochi alla volta e correvo a dirli. Dopo un po' mi dissero di giocare e non seccare». Con il nuovo gioco Del Buono chiude verso le tre del pomeriggio. Il numero d'aprile già alle spalle pensa a quello di maggio. E intanto s'avvia verso casa. Deve passare dal salumiere, «Giorgio Soavi lo chiama Cartier». Deve riprendere a lavorare: «Lavoro per i trentamila libri che ho. Pago l'affitto per loro». Ma ultimamente è più sollevato perché Enrico Cuccia si è trasferito dall'alloggio sopra il suo. «A ogni attentato che gli facevano, sbagliavano piano e prendevano la mia cassetta delle lettere, la mia porta...». Sarà vero? Comportiamoci anche noi come quelli della Montessori. E che Del Buono continui a giocare. Nico Orengo «Dai gruppuscoli al Polo, rileggiamo insieme la nostra satira politica» «Io sono figlio della scuola Montessori. Mi lasciavano giocare come volevo» «Ilfumetto è in crisi perché non è più popolare: ma guai a lasciarlo in mano all'Accademia» Qui accanto: Oreste del Buono con il «Linus» tra poco in edicola che festeggerà i trent'anni

Luoghi citati: Cuba, Gallipoli