Il premier non accoglie la richiesta del centro-sinistra di un nuovo decreto né allarga il programma Dini: no alla par condicio bis

Il premier non accoglie la richiesta del centro-sinistra di un nuovo decreto né allarga il programma Il premier non accoglie la richiesta del centro-sinistra di un nuovo decreto né allarga il programma Pini; no alla par condicio bis «Manca l'accordo». Ilpds: Gambino se ne vada ROMA. Facce sorridenti, davanti alle telecamere. Facce dubbiose, per il Transatlantico di Montecitorio. Facce scure, in privato. Il centrosinistra in mattinata incontra il presidente del Consiglio e la parola d'ordine, dopo quella riunione, è di mostrarsi «soddisfatti e rimborsati». E soprattutto di sottolineare che Dini si è impegnato a restare in sella fino all'approvazione della riforma delle pensioni, il cui termine ultimo è il 30 giugno. Perfettamente in linea con quello che dice Massimo D'Alema, il quale spiega che «la cosa più ragionevole è di andare a votare in ottobre». Ma qualcuno non rispetta la consegna e nel pomeriggio emerge un quadro un po' diverso di quel «rendez vous». Ne fa una efficace sintesi il «democratico» Giuseppe Ayala: «La verità spiega - ò che Dini temporeggia perché aspetta il 23 aprile». Luigi Berlinguer, Beniamino Andreatta e Luciana Sbarbati in rappresentanza di Segni, vanno a palazzo Chigi. Manca - per contrattempi personali e non per motivi politici - il capogruppo leghista Pierluigi Pctrini. Lo scopo dell'incontro ò triplice: coinvolgere Dini nella proposta di supplemento di programma, avanzata il giorno prima dal centro sinistra; strappare un'apertura sul decreto bis per la «par condicio» e avere la rassicurazione che delle pensioni se ne parlerà solo dopo le regionali. Ma Berlinguer, Andreatta e Sbarbati ottengono, nell'ordine, un «no comment», un «no secco» e un «si» (quello, però, Dini lo aveva già dato l'altro ieri). Il tutto accompagnato da una promessa: continueremo a incontrarci. Insomma, è un Dini che dà un colpo al cerchio e uno alla botte, quello che la «neo maggioranza» incontra. Il presidente del Consiglio - che dopo quella riunione, in serata sale al Colle -, spiega che il decreto bis sulla «par condicio» non s'ha da fare, perché non c'è il consenso di tutti. E questo e il primo intoppo. Franco Bassanini, che per il pds si occupa dell'argomento, qualche ora dopo, medita di sollecitare le dimissioni del ministro delle Poste Antonio Gambino. Preferisce accollare a lui tutta la responsabilità, per salvare i rapporti con il capo del governo: «Gambino sbotta - dovrebbe dimettersi. Se continua così lo chiederemo. E se non è stato lui ma è stato Dini a dire di "no", allora il presidente del Consiglio ha l'obbligo morale di dire che è tutta colpa di Berlusconi». Bassanini è nero. Ma Petrini getta acqua sul fuoco, a modo suo: «Pazienza - dice - tanto delle tv locali chi se ne fotte». Per quel che riguarda le cose da fare di qui alla fine della legislatura, Dini si tira fuori: «E' giusto che il Parlamento continui a legiferare, che non ci sia una lunga attesa elettorale - osserva - ma per quanto concerne il programma del mio governo vi rimando al discorso che ho fatto alla Camerea. Lì dove spiegava che mandati in porto i quattro punti, considerava esaurito il compito del governo. Ciò non vuol dire che Dini non voglia, se sarà possibile, approvare anche i decreti di accompagnamento della manovra (che il centrosinistra addirittura già quantifica in 30 mila miliardi) e le privatizzazioni, come spiega lui stesso. E qui Berlinguer cerca di aprirsi un varco: «Presidente - dice - sa¬ rebbero necessari rapporti più stretti tra noi e il governo, una maggiore oliatura...». Infine, le pensioni. Dini assicura che «sottrarrà il tema alla polemica della campagna elettorale». 11 che, in soldoni, significa, che presenterà il testo dopo le regionali. Berlinguer afferra la palla al balzo e qualche ora dopo dichiara ai tg: «Il presidente del Consiglio - dice - si è impegnato a presentare la sua proposta dopo il 23 aprile e ha detto che resterà in carica fino all'approvazione. E noi abbiamo una data, il 30 giugno, per finire di approvare quella legge». Ma Ottaviano Del Turco, al riparo dalle telecamere, spiega: «Se non c'è l'accordo di tutti, cosa assai improbabile, nemmeno San Lamberto riuscirà a fare le pensioni». E non è un caso, dunque, che anche su questo argomento Dini citi il suo discorso alla Camera. In quel discorso, infatti, il presidente del Consiglio spiegava anche che di fronte a «ostacoli insormontabili)' avrebbe considerato esaurito il mandato affidatogli. Maria Teresa Meli Luigi Berlinguer capo dei deputati progressisti In basso: Lamberto Dini 11 sottosegretario alla Presidenza «Dopo le regionali potrebbe mollare»

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