«Napoli capitale della sinistra»

«Napoli capitale della sinistra» Il «manifesto»: il capoluogo campano rappresenta la voglia di cambiare le cose «Napoli capitale della sinistra» Milano si ribella: il 25 aprile è storicamente nostro LE CITTA' DELLA POLITICA ATTENZIONE, battaglione. Il 25 aprile a Napoli». Non è cosa da lutti giorni vedere Pulcinella «sponsor» della Liberazione. Pulcinella che occhieggia birbone da un teatrino di marionette e randella un anonimo «fascista». Pulcinella, universale simbolo del qualunquismo e del «tirare a campa» del Sud, ma anche di allegria, energia e imprevedibili risorse. Pulcinella dunque, al posto del notissimo neonato con il pugno, per il disegnatore satirico Vauro e per il «manifesto». Napoli nuova capitale della sinistra? «Certo spiega il vicedirettore Guido Moltedo - perché rappresenta la speranza, la possibilità di avere successo e cambiare le cose, il posto dove governa l'unico uomo felice dentro una sinistra sempre più triste. Bassolino è il nostro uomo: non un candidato "pallido", alla rincorsa del centro. Ma uno che governa in virtù dei programmi». Bassolino meglio di Prodi, dicono al «manifesto», il sole meglio della pioggia, e Napoli meglio di Milano, dove il consigliere pds Paolo Hutter sta già preparando le «sue» celebrazioni. Il quale Hutter non ci sta e rilancia: «Se proprio volete manifestare a Napoli, fatelo il primo maggio». Scontro di date e scontro di capitali, questa volta, tra Quercia e Rifondazione? Il «manifesto» ci tiene, al 25 aprile. «Siami > stati noi - spiega Moltedo - a togliere la ricorrenza dalla polvere memorialistica, a darle nuovo impulso». E vuole Napoli. «Perché non trovarci tra il sole e il mare di Napoli? - chiede un lettore -. Chissà che non diventi il sol dell'avvenir...». «Ci hanno scritto in molti - spiega Moltedo -. La sinistra ha grandi problemi politici e culturali nel Mezzogiorno, inutile negarlo, e certo per risolverli non basta una trovata. Ma la politica è anche una chimica di emozioni e una manifestazione può aiutare a rovesciare la rassegnazione alla radice di tutti i mali del Sud». Già, ma il 25 aprile 1945 è, storicamente, prima di tutto Milano, nota Hutter: «Si celebra la liberazione delle città del Nord, no? Sono stupito: l'Associazione nazionale partigiani ha già fissato l'appuntamento qui. Dovrebbe esserci anche il presidente Scalfaro. E le Acli, l'Arci, e lutti gli altri». Hutter si è deciso così a scrivere ai «cari compagni del manifesto: questo cinquantesimo 25 aprile è già in difficoltà per le elezioni del 23. Non create altri problemi, andiamo a Napoli il 1° maggio». Il «manifesto» non cede. «Le due manifestazioni non saranno in concorrenza - ribadisce Moltedo -. Anche logisticamente è una scelta equa: l'altr'anno c'era stato grande disagio per chi dal Sud è stato costretto a una trasferta lunga e faticosa». Michelangelo Notarianni, ieri, scriveva: «Sappiamo bene che nessuno può conteslare a Milano la primogenitura. Siamo contenti che Scalfaro e i capi partigiani saranno lì. Noi inviliamo a Napoli gli amici che ce l'hanno chiesto. E i giovani, che sanno individuare con istinto felice i segni della speranza». Napoli è dunque bene avviata a prendere il suo ruolo di capitale della sinistra giovane, moderna, «maggioritaria». Napoli la nuova, lo dice la parola stessa... E così un'altra città simbolo entra nella costellazione geopolitica della sinistra italiana. C'è Genova, l'anima ribelle: nel luglio 1960 insorse contro il governo Tambroni, appoggiato dal msi, che proprio nella città medaglia d'oro della Resistenza aveva fissato il congresso. Portuali e partigiani scesero in piazza, durò a lungo la guerriglia con la polizia e alla fine il ministro dell'Interno dovette cedere: il congresso saltò, Tambroni cadde e nacque il centrosinistra. Poi c'è Milano, l'anima giustiziera. Giustiziera nel sangue, a Piazzale Loreto. E giustiziera nelle aule di Tribunale, nella rivoluzione di Tangentopoli. C'è Torino, l'istituzione. Città operaia, culla della più grande in¬ dustria d'Italia, palestra per quasi tutti (eccetto il sardo Berlinguer) i leader storici di partito e di sindacato: tanto che si diceva che era il pei l'autentico erede del Regno di Sardegna. E c'è Bologna, la ferita. Bologna, vittima di tre stragi nere: l'Italicus, il 4 agosto 1974; la stazione, il 2 agosto 1980; il rapido 904, il Natale 1984. Qui ha sede l'associazione delle vittime, qui dai convegni si chiede di fa*- luce sugli eccidi. Infine Sesto San Giovanni, la traditrice. Stalingrado d'Italia, la chiamavano, roccaforte operaia: città della Breda, della Pirelli, dell'Ansaldo. Poi, negli Anni 80, la crisi. E le scorse elezioni, vince il leghista Celestino Pedrazzini: «Il Polo ha saputo dare la speranza». La speranza della sinistra, oggi, è Napoli. Almeno per il «manifesto»: «Il 25 aprile sarà una bella giornata, di sole e primavera - scrive Notarianni -. Una bellissima festa popolare, come Napoli merita». Raffaella Silipo o>g> della pioggia, e Napoli meglio di Milano, dove il consigliere pds Paolo Hutter sta già preparando le «sue» celebrazioni. Il quale HutLa vigneVauro, sdel 25 anapoletpubblicadal «matra il sole di Napoli? un lettore che non dsol dell'av La vignetta di Vauro, simbolo del 25 aprile napoletano pubblicata oggi dal «manifesto»