A Rho arrestato un funzionario dell'Ufficio del registro, per un episodio di pochi giorni fa «Mi deve una mazzetta, pagate voi» di S. Mar.

A Rho arrestato un funzionario dell'Ufficio del registro, per un episodio di pochi giorni fa A Rho arrestato un funzionario dell'Ufficio del registro, per un episodio di pochi giorni fa «Mi deve una immetta, pagale voi» L'imprenditore «agevolato» è in cella, lui si rivolge ai parenti STORIE INFINITE DI CORRUZIONE FMILANO ILIPPO Amaducci fa il direttore dell'Ufficio del registro in quel di Rho, hinterland di Milano. Ieri è stato arrestato per corruzione: banale storia di mazzette - si penserà - soldi in cambio di favori. Ed infatti è proprio così: faceva risparmiare sull'Invim e una parte del «risparmio» se la metteva in tasca. Ma la sua storia ha un particolare in più; uno di quei particolari che consiglierebbero, oltre all'arresto, l'intervento di un bravo psicologo. Amaducci ha chiesto il saldo di una tangente pochi giorni fa; e siccome l'imprenditore che doveva pagare era stato arrestato, si è rivolto a sua cognata per pretendere «il dovuto». I magistrati che indagano sulle tangenti pagate per l'edilizia nell'hinterland milanese stanno toccando con mano come M fenomeno corruzione, dopo tre anni di Mani Pulite, sia tutt'altro che debellato. Non sono storie di finanziamenti illegali ai partiti, non coinvolgono nomi altisonanti. E' la corruzione come fenomeno diffuso; la classica bustarella al fun¬ zionario o all'assessore comunale per una variante al piano regolatore, per chiudere un occhio su un lavoro abusivo, per risparmiare sulle imposte dovute. E tutti sono andati avanti, incuranti di quanto avveniva intorno a loro, del lavoro dei magistrati, dello scandalo nell'opinione pubblica, del rischio sempre più concreto dell'arresto. Incuranti come il sindaco di Nerviano, che si era fatto pagare ancora in febbraio, quando non era più in carica «ma i patti sono patti»; incuranti come Amaducci che bussa l'altro giorno alla porta di Francesca Invernizzi, cognata di Cesare Morosi. «Io capisco che adesso siete nei guai - le dice - ma io il mio compito l'ho eseguito; non avreste un po' di liquidità?». La signora resta esterrefatta: suo cognato è in carcere; suo marito Angelo, fratello di Cesare Morosi, è stato appena arrestato e lei stessa pare coinvolta nei maneggi per favorire gli ipennercati di famiglia, i centri commerciali «Gran Casa». Che fare con questo Amaducci, che bussa a quattrini? L'unica è denunciarlo. Si scopre allora questa ennesima vicenda di tangenti. Cesare e Angelo Morosi pagavano parecchi pubblici funzionari che in qualche modo potevano «aiutare» la loro attività. Mazzette a destra e a manca, tutte segnate in una specie di libro paga, perennemente aggiornato. E il nome di Amaducci vi compare diverse volte: centotrenta milioni, trenta... centocinquanta l'ultima volta. L'accordo è per il pagamento in due franche: la prima viene regolarmente incassata; la seconda «scade» in questi giorni ma per Morosi, da San Vittore, pagare è piuttosto difficile. Amaducci non demorde: «Il mio compito l'ho svolto». E quale era questo compito? Semplice: far risparmiare l'imprenditore sull'Invim, la tassa sugli immobili. Un risparmio consistente, il cinquanta per cento, suddiviso così: il trenta per cento (che è già un bello sconto) Morosi lo risparmiava davvero; il venti per cento spettava invece al funzionario. Si andava avanti così mentre Mani Pulite scuoteva l'Italia; ancora mentre tre sostituti procuratori (Claudio Gittardi, Claudio Napoleone e Giovan Battista Rollerò) mettevano a soqquadro gli uffici pubblici di mezzo hinterland milanese, con arresti che si contano a decine. Si è andati avanti; poi, inevitabile, è arrivato lo stop: un paio di manette anche per l'incurante Amaducci. E per altri funzionari coinvolti: Romolo Barbaria, ex direttore dell'Ufficio imposte di Rho (ora è a Varese); Francesco Soldano, funzionario dell'Ufficio Iva di Rho; Francesco Zecchini, commercialista di La Spezia. Corruzione, l'accusa per tutti. E per i magistrati la netta sensazione di un replay mandato in onda all'infinito. [s. mar.]

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