Disfide d'Italia Tutti gli assalti, dai Curiazi a Miglio di Filippo Ceccarelli

Tutti gli assalti, dai Curiazi a Miglio Disfide d'Italia Tutti gli assalti, dai Curiazi a Miglio ROMA i L duello, in Italia, ò ormai j un fantastico «sentito cu 1 re», una parola che richia* I ma semmai qualche non irresistibile trasmissione televisiva preelettorale, o, per i più coltivati della generazione di mezzo, un film di Spielberg - Dueì, appunto, 1972 - dove però la sfida è tra un'automobile e un camion (assassino). C'è stata, pure qui, una gloriosa stagione cavalleresca alla fine del secolo. Certo con minor meticolosità rispetto all'impostazione teutonica, ma è possibile che attraverso il duello anche gli italiani tentassero di recuperare - Oh gran bontà de' cavalieri antiqui! - un passato quasi mitologico che di duello in duello dagli Orazi e Curiazi si estendeva alla disfida di Barletta, e oltre. Sta di fatto, comunque, anzi sta nelle statistiche che tra il 1890 e il 1900 fu registrata una media di 115 combattimenti all'anno, calati a 60 circa nel primo dopoguerra. Dunque un'epopea di tenzoni ed emozioni, per lo più originate da polemiche politico-giornalistiche, e culminata nel 1898 con l'assassinio di Felice Cavallotti. Al grande capo dell'opposizione radicale fu fatale il suo trentatreesimo duello, con il giornalista Ferruccio Macola: venne trapassato in pieno viso durante uno scontro fuori Porta Maggiore, a Roma. Enigmatica, nella sua indubbia simbologia necrofila, la leggenda vuole che il cadavere fu casualmente rivestito con una camicia da notte appartenuta a Francesco Crispi, cioè all'asperrimo nemico di Cavallotti. Deve essere stata la Prima guerra mondiale, con la sua carica di spietata modernizzazione, ad uccidere il duello. La guerra e le ideologie uscite vincenti dal conflitto. Per cui, nonostante Mussolini si fosse personalmente distinto come ostinato spadaccino (tanto da prendere lezioni e battersi, fra gli altri, contro Salvemini, Treves e Missiroli), il fascismo avversò duramente la pratica cavalleresca, in qiiesto d'intesa con la Pastoralis Offidi di Leone XIII e i fondamenti elici della cultura marxista che disprezzava questo genere di scontro come relitto del feudalesimo. Così, dopo una guerra mondiale ancora più terribile della prima, il duello, almeno nel senso tecnico (e cerimoniale) del termine, cominciò ad esser visto come una soluzione irrimediabilmente antiquata, al massimo come una specie di bizzarria residuale. A sfogliare i giornali di cinquanta, quarant'anni fa si coglie spesso questo dato di meravigliata curiosità, mai troppo seria e composta. Decisamente insolita, per dire, l'atmosfera della sfida - era il 1947 - tra il nostalgico Patrissi e il riformista Treves: invano per giorni e giorni tentarono di incrociare i ferri, continuamente «disturbati» dalla polizia. Solo la più paradossale complicità tra i duellanti li mise finalmente in condizione di battersi alle Acque Albule, presso Tivoli: 18 assalti con rappacificazione senz'altro favorita dallo sforzo di essersi trovati lì dopo tante fatiche. Ma almeno in quel caro ci fu duello. Nel 1950, l'attuale presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro venne sfidato a duello dal padre e dal marito - si chiamava pure Aramis - di una giovane donna, Edith Mingoni Toussan, con la quale non era stato affatto gentile per via di un «prendisole» ritenuto troppo osé. Un po' perché credente, un altro po' per ragioni personali, comunque con una certa brusca risolutezza («Quando una persone seria riceve una comunicazione poco seria non la prende in considerazione») l'allora deputato de rifiutò la singoiar tenzone, senza destare troppo scandalo. Erano ormai gli Anni Cinquanta. Con qualche deroga allo stile comunista di allora, anche giornalisti dell'Unita come Mario Alicata e Maurizio Ferrara si batterono, rispettivamente con il liberale Zaghi e il conte Rudy Crespi. Mentre nello straordinario scenario di una solfatara di Pozzuoli, alcuni fotografi immortalarono, nel 1955, lo scontro tra il monarchico laurino Fiorentino e il covelliano Romano, li convenuti per una questione che riguardava la condizione - e quindi l'onore - di eroe-mutilato di un altro famoso monarchico, Carlo Delcroix. E tuttavia, se le guerre avevano ammazzato il duello, quelle fotografie lo avevano forse definitivamente seppellito. Un grande vuoto di duelli campeggia negli ultimi anni. Ogni tanto qualcuno, ad esempio l'ammiraglio Birindelli o il deputato missino Gastone Parigi (clic sfidò il professor Miglio a randellate sui gradoni del sacrario di Redipugliaì, ci prova, però non succede più niente. O meglio: compare un articoletto, sotto la voce «Strano, ma vero». Filippo Ceccarelli

Luoghi citati: Barletta, Italia, Pozzuoli, Roma, Tivoli