Una passione europea che culminò in Germania e ispirò i nazisti: le scoperte di uno storico americano DUELLO il piacere proibito di Mario Missiroli

Una passione europea che culminò in Germania e ispirò i nazisti: le scoperte di uno storico americano Una passione europea che culminò in Germania e ispirò i nazisti: le scoperte di uno storico americano DUELLOS lacere proibito DURANTE un ballo mascherato nella città prussiana di Kònigsberg, l'avvocato Ernst Borchert si sentì 1 pizzicare il sedere all'improvviso e ordinare di portare un bicchiere di birra. L'avvocato si girò, disse all'ubriaco cosa pensava di lui e poi, scoprendo che si trattava di un ufficiale, ripagò l'insulto tirandogli le orecchie. Non aveva scelta se non voleva diventare lo zimbello di Kònigsberg: doveva farsi sfidare a duello. E così i due si incontrarono all'alba del 6 febbraio 1896, a venti passi di distanza l'uno dall'altro e con cinque colpi in canna per ognuno. Dopo il terzo giro, Borchert dichiarò il suo onore soddisfatto. Ma l'ufficiale insistette per continuare, e al giro successivo Borchert lo uccise. Fu condannato a due anni di reclusione, ridotti in appello a un anno solo. Un incidente del genere era piuttosto comune nella Germania di fine secolo. In un'epoca in cui nelle nazioni civili si duellava ormai sempre meno, in Germania le classi privilegiate si sfidavano ancora all'ultimo sangue. La cosa ha indotto un docente americano della Freie Università! di Berlino a cercare un collegamento tra il culto dell'onore nella Germania di fine secolo e l'affermarsi del nazismo, in un vivacissimo saggio che la Princeton University Press ha appena pubblicato col titolo Dueling. Cosa induceva i tedeschi ad arrivare fino alle estreme conseguenze, quando invece i francesi erano pronti a dichiararsi soddisfatti al primo graffio di spada? Cinque ragioni, secondo il professor McAleer: il fatto che i duellanti rappresentassero, come uomini d'onore, non solo i propri interessi ma quelli della propria classe; che nelle università si incoraggiasse la cultura del duello, anche se combattuto con spade speciali e inoffensive; che le classi alte tedesche abbiano sempre subito il fascino del mondo militare; che all'ufficiale non fosse consentita altra scelta che combattere con le pistole; e che secondo il codice d'onore in auge, quando c'era di mezzo una donna, solo l'arma da fuoco era consentita. Insomma, non c'era scelta, si moriva. Ma, come genialmente diceva Robert Musil, il tedesco non sa se vuole andare in paradiso o all'inferno, sa solo che vuole organizzare il suo viaggio. Perciò, divino e criminale, il duello in Germania era un affare molto ben organizzato, con decine di manuali e codici d'onore pieni di cavilli e sottigliezze. Innanzitutto c'erano tre livelli di insulto. Il primo era quello del semplice affronto, conseguenza di maleducazione e semplici cattive maniere. Il secondo riguardava l'insulto classico, quello che implica un giudizio sulla qualità dell'offeso: dire a uno «imbecille», per esempio. Il terzo raggruppava i casi più gravi, dal pugno allo schiaffo, all'esser scoperti a letto con la moglie di un altro. Non solo il semplice toccare un'altra persona qualificava l'offesa di terzo livello, come il pizzicotto ricevuto dall'avvocato Borchert, ma anche il minacciare un'azione manesca era un'offesa grave. «Si consideri schiaffeggiato» era una frase che portava inderogabilmente al confronto armato. Quanto alla diffusa convinzione che spettasse all'offeso scegliere le condizioni del duello, scopriamo che è errata. Al primo livello, l'offeso aveva solo la scelta dell'arma; al secondo, la scelta dell'arma e dello stile di combattimento; al terzo livello di insulto, la scelta dell'arma, dello stile e della distanza (ma a questo livello il codice tedesco raccomandava la pistola). Inoltre, dopo la provocazione non ci si sfidava mai immediatamente. Ci si scambiava i cartoncini da visita e ci si prometteva di tenersi in contatto. La sfida doveva arrivare entro 28 ore dall'offesa, e il duello doveva svolgersi entro 48. 0 anche più in fretta: a Berlmo nel 1902, un duello mise fine, un'ora dopo la mezzanotte, a un litigio politico cominciato la stessa sera. C'erano regole per i giovani, per i disabili, per le donne («l'insulto da parte di una donna, non importa se meritato» recitava uno dei codici in voga, «non può essere preso seriamente e perciò non concerne il gentiluomo»). E c'è, da parte di McAleer, la certezza che il duello, mteso come spauracchio, fosse il santo protettore della verginità femminile e il migliore antidoto contro le malattie veneree. Certamente, un culto dell'onore come quello tedesco non poteva tollerare l'esercizio dell'autoironia. Anzi, alimentava la convmzione romantica che la rigenerazione passa attraverso il bagno di sangue. Il duello, sostiene in conclusione McAleer, non era tanto il prodotto del moralismo borghese più conservatore, quanto il tentativo di recuperare un passato illusorio, attraverso un codice cavalleresco di matrice feudale: il quale, sebbene scomparso nella Germania imperiale, splendeva ancora sul suo cielo notturno come una stella spenta. Non a caso il capo delle SS, Heinrich Himmler, usava ancora questo hnguaggio nel 1938, quando sosteneva che ogni SS aveva «il diritto e dovere di difendere il proprio onore con la forza delle armi». «Non dimenticate» diceva Himmler ai suoi, «siamo un ordine cavalleresco». Livia Manera Negli altri Paesi lo scontro era spesso simbolico: i tedeschi lo volevano mortale Un'immagine del duello tra Felice Cavallotti e Ferruccio Macola. Sopra Mario Alicata, sotto Maurizio Ferrara. Da sinistra. Scalfaro e Miglio Mario Missiroli e (sopra) Claudio Treves

Luoghi citati: Berlino, Germania