«Metà dei pazienti si sveglia sotto i ferri» di F. Gal.

L'ex primatista olimpica accusata di doping chiede milioni di marchi di risarcimento Psicologo inglese lancia l'allarme: il fenomeno è molto diffuso e sottovalutato «Metà dei pazienti si sveglia sotto i ferri» Studio choc provano dolore, ma non possono muoversi LONDRA DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Anestetizzato? La metà dei pazienti sottoposti a intervento chirurgico, si scopre, rimangono svegli. Dopo l'operazione non ricorderanno nulla, quindi neppure gli inevitabili momenti d'angoscia; ma in sala operatoria hanno sentito se non udito tutto e qualcuno ma è difficile quantificare - ha anche provato l'agonizzante contatto dei ferri, il bisturi che taglia, l'ago delle suture. Il dolore, insomma. Per questo, dice il dottor Michael Wang, occorrerebbe riesaminare tutte le conoscenze mediche in fatto di anestesia, soprattutto per ciò che riguarda i suoi effetti psicologici a lungo termine. Il dottor Wang dirige il dipartimento di psicologia dell'università di Hull. Con un anestesista, il dottor Ian Russell, ha svolto una serie di esperimenti che, a suo avviso, dovrebbero aprire gli occhi sulle realtà della sala operatoria. «La metà dei pazienti sottoposti a un intervento - ha detto presentando i risultati delle sue ricerche all'annuale conferenza della British Psychological Society - danno qualche segnale di essere coscienti». In talune circostanze, afferma, «basta dire che stringano la mano e lo fanno». E' di queste notizie che sono fatti gli incubi. La ricerca indica che i livelli di coscienza variano grandemente da un individuo all'altro; ma che molti pazienti sarebbero in grado di comunicare con il chirurgo, durante l'intervento, se non fosse per gli «additivi» dell'anestetico, farmaci che rilassano completamente i muscoli per impedire movimenti durante l'intervento. Ma i due medici hanno escogitato un semplicissimo sistema per provare la loro teoria. Hanno applicato a una serie di pazienti, quando entravano in sala operatoria al Royal Hull Hospital, un laccio all'avambraccio: bloccando la circolazione del sangue, impedivano che il cocktail di anestetico e rilassanti raggiungesse la mano. Durante gli interventi, quando i pazienti erano «addormentati» e il bisturi incideva, facevano domande a cui si potesse rispondere con un semplice sì o no. Nella metà dei casi il paziente rispondeva aprendo e chiudendo le dita. Né il dottor Wang né il dottor Russell hanno riferito quali fossero le domande e quali le risposte; ma dalle loro successive indicazioni è parso chiaro che si è anche parlato di dolore. Wang si è limitato a dire che «qualcuno» potrebbe provare sensazioni di quel genere; ma poi, svegliandosi, non ricorderebbe nulla. Ed ha aggiunto, significativamente: «In condizioni normali non riterremmo accettabile sottoporre qualcuno a una terribile esperienza basandoci soltanto sul fatto che in seguito non ne avrebbe memoria». Perché allora accettarlo in nome dell'anestesia? «Non sappiamo - afferma - se una dolorosa esperienza di questo genere, anche se dimenticata, può avere effetti traumatici negli anni a venire». Negli interventi in cui si usano dosi ridotte di anestetico, per esempio in ostetricia e ginecologia, sarebbe bene diffondere la pratica del laccio all'avambraccio: unico metodo sicuro per sapere se il paziente ò sveglio. [f. gal.]

Persone citate: Hull, Ian Russell, Michael Wang, Royal Hull

Luoghi citati: Londra