Giochi politici dei ribelli Afar sullo «sgarro» dei turisti Ricatto nel deserto dancalo di Francesco Fornari

ESTERO I SIGNORI DELLA TERRA DI NESSUNO Giochi politici dei ribelli Afar sullo «sgarro» dei turisti Ricatto nel deserto damalo Sulle tracce degli italiani rapiti ADDIS ABEBA DAL NOSTRO INVIATO Si tratta. Ma all'ottimismo dei giorni scorsi, quando sembrava che la liberazione dei nostri 9 connazionali rapiti da una tribù di nomadi afar mentre attraversavano il deserto di sale, uno dei posti più inospitali della Terra, fosse questione di ore, è subentrato il timore che la soluzione del problema sia ancora lontana. Qualcosa si è inceppato nel delicato meccanismo dei colloqui fra i notabili del clan Damboida, unica autorità riconosciuta nell'inferno dancalo, e i rapitori: ieri mattina ad Asinara si era diffusa la voce che i turisti e la guida etiopica sarebbero stati rilasciati; e Luciana Ciboldi, moglie del capogruppo Claudio Pozzati, arrivata domenica nella capitale eritrea, stava per partire per Macallò, cittadina dove avrebbero dovuto essere liberati. Ma all'ultimo momento le autorità hanno impedito alla donna di mettersi in viaggio. Ufficialmente perché il tragitto è pericoloso - circa sei ore di auto su piste disagevoli -, in realtà perché le trattative si sono arenate e la banda di rapitori con gli ostaggi si sarebbe addentrata ancor più nel cuore della Dancalia, in una zona compresa fra i laghi Asale e Afrera. Impossibile avere notizie dirette. Le autorità dell'Asinara, seccate perché in un primo tempo il rapimento era stato attribuito a nomadi eritrei, dopo aver diffuso un durissimo comunicato in cui si escludeva categoricamente un coinvolgimento locale, ribadiscono di non essere interessate alle indagini perché la vicenda si svolge in territorio etiopico: anzi, i nostri connazionali si sarebbero messi in viaggio senza richiedere autorizzazioni e dare informazioni di alcun genere. Nessuna di- chiarazionc ufficiale da parte del goveno di Addis Abeba, semmai una precisa accusa contro i turisti che sarebbero entrati illegalmente in Etiopia senza richiedere il visto necessario e che perciò, quando la loro brutta avventura si sarà conclusa, potrebbero essere espulsi dal Paese. Da Roma sono arrivati anche tre agenti dei servizi segreti per far luce sull'accaduto, ma la soluzione della vicenda è nelle mani del consiglio degli anziani e dei notabili, gli unici in grado di condunc le trattative con i rapitori che non riconoscono nessun'altra autorità. Un negoziato tra afar insomma, in cui il governo etiopi¬ co non interviene direttamente. Il presidente Meles Zenawi cerca di risolvere nel modo più rapido possibile una situazione che col passare dei giorni si fa sempre più complicata e rischia di dare un duro colpo all'immagine della nuova Etiopia e agli interessi economici del Paese, di cui l'Italia ò il primo partner commerciale. Questo sequestro, originato, sembra, dal mancato pagamento di un pedaggio alla tribù Damboida, sta assumendo sempre più connotazioni politiche. 11 7 maggio si terranno le prime libere elezioni dopo l'oppressione feudale dell'imperatore Hailc Selassiè e la ditta¬ tura marxista-leninista di Menghistu. La nuova Costituzione adottata nel dicembre dello scorso anno dal governo transitorio tiene conto delle rivendicazioni delle 80 etnie che popolano il Paese: il diritto all'autodeterminazione e alla secessione e stato riconosciuto ai nove Stati della nuova federazione. L'opposizione ritiene però che il Fronte democratico rivoluzionario, il partito del Presidente, non dividerà mai il potere né acconsentirà a una divisione federale del Paese. Per questo gli oromo, i somali, gli afar sembrano decisi a boicottare le elezióni. 11 rapimento degli italiani offre proprio agli afar, i più irriducibili, la possibilità di far conoscere le loro esigenze alla platea internazionale. I vari movimenti di liberazione - Apdo, Anlf, Anelili - potrebbero approfittare di questa ghiotta occasione per portare avanti le loro rivendicazioni. Da Londra un gruppo afar ha rilasciato un comunicato in cui si afferma che prima di liberare i turisti bisognerà accertare che non siano spie. Forse lo scoglio su cui sembrano essersi arenate le trattive ò proprio questo: i nostri connazionali si sono trovati nel mezzo di una disputa politica e il riscatto per la loro liberazione non e tanto una questione di denaro quanto di riconoscimenti, di vantaggi nella lotta fra le varie etnie. Gli afar hanno un loro rappresentante all'interno del governo etiopico, il ministro per il Commercio Abdallah, ma la maggioranza delle organizzazioni politiche riconosce soltanto l'autorità del sultano Ali Mineh. Ci sono, infine, piccoli gruppi organizzati su base clanica che sfuggono a ogni controllo. Secondo alcune fonti la partita si starebbe giocando proprio fra questi gruppi a Macallò, dove risiede; il sultano, l'unico in grado di risolvere la vicenda. Macallò si trova all'interno della Dancalia, per arrivarci da Addis Abeba bisogna affrontare un viaggio di due giorni lungo piste infernali. Ci si può andare anche in acreo, ma ieri il piccolo velivolo che assicura l'unico collegamento giornaliero non e riuscito a decollare: sulla capitale si è abbattuta una valanga d'acqua, proprio quella che sarebbe accolta come un dono dal cielo dai nostri connazionali prigionieri da 13 giorni nell'inferno dancalo, a 50 gradi. Francesco Fornari Il 7 maggio l'Etiopia andrà alle urne Gli indipendentisti giocano l'ultima carta Un'immagine del deserto dancalo, dove sono stati catturati gli italiani

Persone citate: Abdallah, Claudio Pozzati, Luciana Ciboldi, Meles Zenawi, Selassiè