Mafia, da Arcore al carcere Fermato l'ex stalliere di Berlusconi

Mafia, da Attore al carcere Mafia, da Attore al carcere Fermato l'ex stalliere di Berlusconi PALERMO DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Vittorio Mangano, il boss che in passato fu lo stalliere di Silvio Berlusconi nella villa di Arcore e che il Cavaliere affermò di aver cacciato appena seppe chi fosse davvero, è stato fermato a Palermo dai carabinieri del Ros. Si temeva che Mangano fuggisse dall'Italia. Non era perso di vista da tempo e gli inquirenti avrebbero ottenuto riscontri tali da farlo ritenere tuttora coinvolto negli affari di Cosa nostra al punto da incontrare spesso altri boss e «picciotti» delle cosche e persone sospettate di fiancheggiare i clan. E non era stato nuovamente arrestato proprio perché, attraverso questi controlli, forse assicurati anche da intercettazioni telefoniche, gli investigatori contavano di risalire a qualcuno dei grandi latitanti della «cupola». Mangano è stato bloccato lunedì sera dai carabinieri nel centro elegante di Palermo mentre, come un qualunque distinto signore, passeggiava con la moglie in una traversa di via Libertà, la principale strada della città. Forse oggi stesso sarà interrogato dal giudice per le indagini preliminari Gioachino Scaduto, che dovrà decidere se convalidare o annullare il fermo deciso dal procuratore aggiunto della Repubblica Guido Lo Forte con il quale stanno collaborando i sostituti Vincenza Sabatino e Domenico Corso. Se dieci anni fa era stato Tommaso Buscetta a metterlo nei guai, indicandolo come uno dei mafiosi che facevano soldi con il traffico di eroina (e per questo fu condannato a 6 anni di reclusione nel primo maxiprocesso), negli ultimi tempi Vittorio Mangano si è visto costretto a fare i conti con un altro pentito che ha parlato a valanga, Salvatore Cancemi, uno dei killer della strage di Capaci. Buscetta ne parlò come di uno dei più influenti affiliati alla cosca del rione Porta Nuova, la stessa sua, capeggiata in quegli anni da Pippo Calò, diventato poi il cassiere della mafia. Dopo la strage di Capaci, quando ha confessato e si è deciso a collaborare con la giustizia, Cancemi invece l'ha indicato come un boss che non aveva certo cam¬ biato vita una volta espiata la pena. Secondo Cancemi, fu proprio Mangano a offrire per incarico della mafia 100 milioni all'avvocato Giovanni Aricò nello studio del legale a Roma, perché questi corrompesse alcuni giudici della Cassazione che stavano per esaminare la posizione dello stesso Cancemi. E durante un clamoroso confronto incrociato nel novembre scorso Mangano ammise di aver portato i soldi a Roma, aggiungendo però che l'avvocato li rifiutò e non stesse neppure a sentirlo. Mangano sostenne di averli tenuti per sé, un'ipotesi non creduta dal pentito che notò «se si fosse impossessato di quel denaro, sarebbe stato ucciso». Dell'assunzione di Mangano come stalliere ad Arcore si riparlò giusto alla vigilia del voto del 27 marzo. Nella rissa pre-elettorale vi fu chi si ricordò maliziosamente del boss ingaggiato dal cavaliere su segnalazione di Marcello Dell'Utri. Berlusconi precisò di aver licenziato Mangano appena saputo di lui e Dell'Utri spiegò che ne aveva suggerito l'assunzione solo perché gliene avevano parlato come di un esperto di cavalli e non certo come di un mafioso. Cancemi ha anche affermato che Berlusconi pagò 200 milioni alla mafia perché non fossero danneggiati alcuni ripetitori della Fininvest. [a. r.] Vittorio Mangano, fermato dai carabinieri a Palermo

Luoghi citati: Arcore, Capaci, Italia, Palermo, Roma