Un commando rapina, incendia e uccide dopo una retata di ultrà Filippine, vendetta musulmana

8 Un commando rapina, incendia e uccide dopo una retata di ultra filippine, vendetta musulmana Distrutta una città cattolica: 100 morti MANILA. Un micidiale raid programmato nei dettagli. Due ore da incubo per una città filippina di 50 mila abitanti, finite in un bagno di sangue e in un tetro spettacolo di distruzione. Oltre duecento ribelli islamici armati di fucili, mitragliatrici, bombe a mano e lanciarazzi hanno attaccato ieri dalla terra e dal mare Ipil, nell'isola meridionale di Mindanao, mettendola a ferro e fuoco. Il bilancio dell'incursione è ancora incerto. Il ministro dell'Interno filippino, Rafael Alunan, ha confermato ieri sera che i morti sono circa un centinaio, tra cui il capo della polizia cittadina e il comandante di un battaglione governativo. Fonti della polizia riferiscono invece di 26 morti e 30 feriti. Il commando islamico è piombato su Ipil, 50 mila abitanti in prevalenza cattolici, nella provincia di Zamboanga del Sur, 740 chilometri a Sud della capitale Manila, all'ora di pranzo. Il blitz è scattato alle 12,45 (le 6,45 italiane). Gli attaccanti in tute mimetiche hanno rapinato quattro delle sette banche della città, dato fuoco a oltre cinquanta edifici, tra cui la stazione di polizia e il mercato cittadino, e sparato all'impazzata nel centro cittadino, che secondo la stazione radio locale Dzxl ò rimasto per ore in preda alle fiamme. Gli scontri con le truppe governative sono stati violenti, ma i soldati di Manila non sono riusciti a fermare gli invasori. Dopo aver occupato la città per due ore seminando morte e distruzione, il commando è riuscito a darsi alla fuga su battelli o dileguandosi sulle pendici delle montagne che circondano la città. Il ministro Alunan si e mostrato irritato per il fatto che gli estremisti siano riusciti a raggiungere Ipil senza che nessuno se ne accorgesse: «Sembra che non ci sia stata comunicazione né coordinamento. Non vogliamo che una cosa del genere si ripeta». Secondo il capo delle forze armate, generale Arturo Enrile, gli attaccanti appartengono ad una delle organizzazioni combattenti staccatesi dal Fronte nazionale di liberazione moro (Mnlf) di Nur Misuari, il principale gruppo irredentista islamico che rivendica forme di autonomia per le regioni meridionali delle Filippine in prevalenza musulmane. Il resto del Paese è a grande maggioranza cattolico. Dopo aver combattuto per oltre vent'anni contro il governo di Manila, con un bilancio di 60 mila morti, l'Mnlf ha accettato una tregua d'armi e la trattativa di pace, ma gruppi dissidenti islamici continuano la lotta accusando Misuari di aver tradito la causa dell'Islam nelle Filippine. Tra di essi figura l'organizzazione terroristica di Abu Sayyaf, accusata tra l'altro di aver cercato di uccidere il Papa durante la sua visita pastorale a Manila lo scorso gennaio. .£ A Mindanao, una dclle'isole più grandi dell'arcipelago filippino, da decenni terreno di scontro tra truppe governative e irredentisi islamici, dal 1993 Abu Sayyaf ha rapito suore e preti, decapitato i capi di svariati villaggi e rivendicato attentati dinamitardi e saccheggi contro chiese e scuole cattoliche. L'organizzazione ha anche legami con Ramzi Yousef, uno degli imputati al processo per l'azione terroristica al World Trade Center di New York, che nel 1993 provocò sei morti. Secondo Edwin Angeles, un ex di Abu Sayyaf che di recente si era consegnato alle autorità, l'attacco a Ipil è una rappresaglia per l'arresto di sei presunti estremisti musulmani alla periferia di Manila. In una dichiarazione alla tv, Angeles si è detto convinto del fatto che vi saranno altre azioni dello stesso genere. Il segretario alla Difesa, Re¬ nato de Villa, ha comunque tenuto a precisare che non vi sono elementi per collegare direttamente quanto accaduto a Ipil con gli arresti. Emittenti private di Mindanao affermano invece che l'attacco potrebbe essere stato motivato dal rifiuto da parte di un ricco uomo d'affari della zona di pagare il riscatto per la liberazione del figlio rapito dai ribelli. I sequestri di persona sono una delle più comuni forme di autofinanziamento per guerriglieri e banditi che imperversano nelle Filippine meridionali. La gravità dell'attacco, il primo contro un'intera città compiuto dai ribelli musulmani negli ultimi 11 anni, ha indotto il governo a reagire con la massima fermezza. Il presidente Fidel Ramos ha dato l'ordine di eliminare tutti i presunti militanti di Abu Sayyaf e ha autorizzato lo stanziamento di 15 milioni di pesos (980 milioni di lire circa) in aiuti alla popolazione della cittadina. Il capo dello Stato ha inoltre posto in stato d'allerta le truppe su tutto il territorio dell'isola di Mindanao. [e. st.) Un poliziotto ferito nel micidiale raid dei terroristi islamici nel Sud delle Filippine. A destra in alto il presidente Fidel Ramos