Ai progressisti i conti non tornano «Crescerà il pds, ma la sinistra perderà ancora» di Augusto Minzolini

D'Alema, Cecchi Gori e Del Turco al vertice prò Dini nella sede leghista della Camera Ai progressisti i conti non tornano Crescerà il pds, ma la sinistra perderà ancora» SROMA EDUTO su un divano di Montecitorio, Alberto La Volpe, ex-direttore del Tg2 e óra deputato, contempla il drammatico dilemma dei progressisti. «Alle regionali sarà rispettata - predice quella legge che è la nostra maledizione: il pds aumenterà ma contemporaneamente perderà peso lo schieramento progressista. Ergo: nel pds non cambierà niente. Quelli di Botteghe Oscure diranno: "Avete visto a noi è andata bene, la nostra è l'unica strada percorribile". Così la sinistra rimarrà inerme. Magari D'Alema e Napolitano continueranno a rinfacciarsi accuse di "verticismo", più o meno come venti anni fa, ma la questione principale, quella del superamento del pds non verrà mai posta». Altro angolo di Montecitorio, altro sfogo progressista. Questa volta è di turno la «pasionaria» Sandra Bonsanti. «Ho perso ogni speranza - dice quasi a bassa voce -. Che bisogna fare? Dall'altra parte c'è una destra "non-pulita" e noi non riusciamo a combatterla per colpa dei soliti limiti. Vengono criticate le risse, ma da noi le fa solo lui (D'Alema, ndr). Mah...». Ancora un passo e finalmente ci si imbatte in qualcuno che è meno pessimista: almeno così pare. «Io non credo che sia tutto perduto - osserva Giuseppe Ayala -. La cosa più probabile è che 10 regioni andranno a loro e cinque a noi. Ma spesso le previsioni si rivelano sbagliate... D'Alema, però, non dovrebbe andare così spesso in tv, altrimenti Prodi sparisce». Un «ottimismo» che non alza il morale ad Enrico Boselli, altro seguace di Prodi: «D'Alema ha scelto come terreno di scontro con Berlusconi le regionali pensando che fosse più favorevole. La mancata alleanza con la Lega e lo spappolamento del Ppi, però, hanno mandato tutto all'aria. E ora noi progressisti rischiamo il "cappotto": e pensare che io, Segni e gli altri volevamo fare le politiche e rinviare le amministrative. Solo che per gli scherzi del destino la vittima di questo sbaglio rischia di essere Prodi non D'Alema. Mi spiego: secondo i sondaggi dalle urne di aprile potrebbe uscire un Pds al 25%, noi al 4-5,1 % e il ppi di Bianco al 3-4%. In questo modo verrebbe fotografata una realtà progressista in cui noi non contiamo niente e la destra avrebbe buon gioco a liquidare la candidatura di Prodi così: si scrive Prodi, ma si legge D'Alema. Romano lo ha capito e ha paura. La verità è che se non viene fuori il partito dell'Ulivo va tutto a quarantotto e i cocci non si conteranno». Melanconie, tristezze da centrosinistra. La battaglia non è stata ancora combattuta e già molti hanno la sensazione che finirà male. E, colmo dei colmi, Prodi rischia di beccarsi sul groppone una «sconfitta» senza averne nessuna colpa. Forse proprio qui, tra gli uomini più vicini a quello che dovrebbe essere il «candidato», si colgono le paure di una strategia che non convince ma che potrebbe avere un esito paradossale: ha sbagliato D'Alema, ma l'uomo che rischia di pagare di più è Prodi. E' lui il «candidato» che può perdere senza mai essere sceso in campo. Perchè? Per capirlo bisogna tornare a quel male «sottile» che sembra aver colpito la sinistra da quando si è passati dal sistema «proporzionale» a quello «maggioritario»: la sinistra, o meglio il pds, non sembra adatta a giocare la partita. Se, infatti, sull'altro versante dello schieramento ogni mossa è fatta per aiutare il «candidato» Berlusconi (il Fini che dice una cosa e poi deve rimangiarsela ne è la prova più lampante), sul centro-si¬ nistra continua ad essere privilegiata la logica di schieramento, quella del pds. Già, le mosse «vere» fino ad oggi hanno risposto più alla logica di Botteghe Oscure che non a quella di Prodi. Basta pensare all'itinerario rischioso che il segretario pidiessino ha escogitato per arrivare alle elezioni politiche: D'Alema prima ha posto la scadenza delle regionali da cui il pds poteva guadagnare qualcosa, mentre Prodi aveva tutto da perdere; poi, ha accettato la scadenza dei referendum nella speranza (non morta) di evitarli. Certo la situazione per Prodi non sarebbe cambiata granché se il percorso si fosse aperto all'insogna di una vittoria del centro-sinistra nelle regionali. Ma ormai solo D'Alema continua a professare ottimismo. Anche il prudente Piero Fassino fa un pronostico che non è molto favorevole: «Si finirà con 9 regioni al centrodestra e 6 a noi». Quest'ipotesi se si verificherà, ovviamente, cambierà i termini del confronto che diventeranno addirittura drammatici per Prodi se il centro-destra riuscirà, dopo la vittoria nelle regionali, a far svolgere i referendum: in quel caso, infatti, il referendum sulla Mammi si trasformerebbe probabilmente in un referendun su Berlusconi. Vincendolo, il Cavaliere avrebbe un ottimo trampolino per poi lanciarsi verso le politiche: Pròdi, in questa prospettiva, rischierebbe di perdere la corsa pur rimanendo in tribù- na. «Io tocco ferro - ammette il pidiessino Lanfranco Turci, che è un grande amico del professore - ma è ovvio che se le cose andassero in questo modo Prodi perderebbe ancora prima di scendere in campo». Forse è proprio questa prospettiva che spiega le «malinconie» e le polemiche che sono divampate a sinistra in piena campagna elettorale. Con il fondo sull'Unità di sabato, ad esempio, in cui ha criticato i candidati del centro-sinistra nelle regionali, il professore (lo confidano i suoi uomini) ha tentato solo di «smarcare» le sue responsabilità da una possibile sconfitta. Un tentativo rischioso che gli ha portato addosso altre polemiche. E sempre partendo da questa «angolatura» si capiscono meglio le polemiche nel pds. I limiti della strategia di D'Alema, infatti, hanno ridato l'iato a quei settori del pds che perseguono più pervicacemente l'idea del «partito democratico». Non sono tanto le critiche di Napolitano sul «verticismo» che impressionano, quanto i silenzi. A cominciare da quello di Walter Veltroni. O ancora, colpiscono le analisi di Petruccioli: «Qualcuno crede che la destra sparisca spegnendo la tv. Io sono d'accordo che in Italia c'è una situazione anomala del sistema tv, che la tv influenza la gente, ma il guaio peggiore è l'influenza che il video lia avuto sulle élites. Ormai c'è la convinzione che tutto dipenda dalle tv. Ma su... questo è vaporizzare la politica». Insomma, riecheggiano i discorsi su altri problemi, sul partito democratico, sul superamento del pds. Naturalmente sottovoce. E intanto qualcuno, sia pure per pura accademia, ricorda che nel sistema «bipolare» chi perde se ne va. «L'unico che lo ha fatto - ricorda Giovanna Melandri - finora e stato Occhetlo». «In Germania e in Inghilterra osserva Petruccioli - dove le sinistre sono da parecchio all'opposizione si sono succedute diverse leadership». Discorsi che non hanno nulla a che vedere con l'oggi, ma che possono tornare utili per il domani che seguirà le elezioni politiche. Del resto qualche giorno fa lo stesso Occhetto nel Transatlantico di Montecitorio ricordava: «Se avessi resistito per due mesi nessuno avrebbe chiesto poi le mie dimissioni, ma non l'ho fatto». E D'Alema? Il segretario è appeso all'ultima promessa di Bossi: fra dieci giorni - gli ha detto ieri - convoglieremo tutti i nostri voti sui candidati più credibili. Ma quelle di Bossi, si sa, son solo promesse. Augusto Minzolini Il professor Romano Prodi continua il suo giro elettorale a bordo del pullman che finora l'ha portato da Bari nel Veneto e, ieri, in Abruzzo e Molise

Luoghi citati: Abruzzo, Bari, Bianco, Germania, Inghilterra, Italia, Molise, Veneto