Mezzo secolo di bugie Storie di sosia e fughe in Paraguay di Giuseppe Mayda
Erano stati nascosti in un campo militare russo a Magdeburgo Mezzo secolo di bugie Storie di sosia e fughe in Paraguay Si IL DESTINO DEL FUEHRER ITLER ha raggiunto il suo ultimo scopo. Proprio come Alarico, che fu segretamente sepolto nel letto del Busento, anche quest'altro distruttore del genere umano non corre certamente il pericolo di essere ritrovato». Così nel 1947 lo storico Hugh R. Trevor-Roper concludeva il suo saggio-inchiesta «Gli ultimi giorni di Hitler» che aveva scritto per conto del servizio segreto inglese. Ma ora, dopo mezzo secolo, il «giallo» è stato invece chiarito, e per sempre. Durante tutti questi anni sulla fine di Hitler sono corse leggende e verità manipolate: dal sosia del Fuhrer, che in realtà era un domestico dei Goebbels, rinvenuto annegato in una piscina sotterranea della Cancelleria del Reich, a un presunto nascondiglio di Hitler in Paraguay, alle clamorose e false rivelazioni del dottor Arnaudov, medico tedesco di origine bulgara, che sosteneva di sapere dove vivevano Hitler e sua moglie Eva Braun, all'autista di Hitler, Eric Kempka, il quale affermò che il corpo del Fuhrer era stato distrutto dal fuoco incessante dell'artiglieria russa, allo scrittore tedesco Erich Kuby che andò a cercare i resti di Hitler a Mosca pensando che potessero essere stati mummificati e conservati in una bara di piombo o sotto spirito. In realtà i corpi carbonizzati di un uomo e di una donna - poi identificati per Hitler e la Braun - erano stati scoperti la mattina del 2 maggio '45, a Berlino, da una pattuglia del controspionaggio sovietico in forza al 79° corpo Fucilieri della Guardia, nel giardino della Cancelleria, accanto al bunker del Fuhrer: lì erano stati bruciati in un rogo di 180 litri di benzina dal capo della scorta del Fiihrer, Otto Guensche, nel pomeriggio di lunedì 30 aprile, fra le 16 e le 16,30. «I cadaveri - dirà il rapporto sovietico - giacevano nel cratere di una bomba, apparivano fortemente danneggiati dal fuoco ed erano ricoperti di terra». La notizia del rinvenimento dei due corpi fu comunicata al Cremlino la sera stessa dal comandante del 301a Divisione sovietica, Antonov. L'autopsia sui resti di Hitler e di Eva Braun venne compiuta l'8 maggio nell'obitorio dell'ospedale da campo numero 496 dell'esercito impiantato nel quartiere berlinese di Buch, da parte di una commissione presieduta da uno dei maggiori specialisti sovietici in anatomia patologica, il tenente colonnello professor Nikolaj Alexandrovic Krajeskij, il quale accertò che contrariamente a quanto ave¬ vano sempre sostenuto i testimoni, Hitler si era ucciso col veleno e non con un colpo di rivoltella Walther calibro 7,65: «Sul cadavere scrisse in seguito Krajeskij - non si sono riscontrati segni di ferite. I resti di una fiala di vetro spezzata nella cavità orale e il significativo odore di mandorle amare permettono di stabilire che la morte è dovuta ad avvelenamento da combinazioni cianogene». Per l'identificazione dei due corpi un gruppo di inquirenti russi, guidato da uno dei capi del controspionaggio della III Armata, Vasilij Ivanovic Gorbusin, setacciò tutta Berlino finché non riuscì a rintracciare la clinica del professor Blaschke, dentista di Hitler, il quale assieme alla sua assistente, dottoressa Kathe Heusermann - finì per consegnare le schede mediche e le lastre fotografiche dei denti (piuttosto malandati) di Hitler e di quelli della moglie: corrispondevano perfettamente alla dentatura dei cadaveri carbonizzati. Giuseppe Mayda
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