Due anni fa la piccola ferita di Sarajevo fece piangere il mondo e divenne simbolo della guerra Addio a Irma l'emozione il ponte aereo poi l'oblio di Giuseppe Zaccaria
Due anni fa la piccola ferita di Sarajevo fece piangere il mondo e divenne simbolo della guerra Due anni fa la piccola ferita di Sarajevo fece piangere il mondo e divenne simbolo della guerra Addio a Irma: l'emozione il ponte aereo, poi l'oblio UNA TRAGEDIA DI BOSNIA Irma Hadzimuratovic, 7 anni, la bimba di Sarajevo che nell'estate del '93 commosse il mondo, è spirata l'altra notte al «Great Ormond Street Children's Hospital» di Londra. Era stata colpita da una granata serba mentre attraversava la strada, la madre era morta proteggendola col corpo. La piccola era stata trasportata prima in Italia poi a Londra con un ponte aereo. A qualche giorno non mangiava più, c neanche i sorrisi e gli scherzi delle infermiere riuscivano ad attirare la sua attenzione. Lo sguardo restava immobile a fissare il vuoto, la testa non stava su da sola, le terapie s'infittivano senza ottenere risultati. I pupazzi, da un po', sembravano essersi moltiplicati, coloratissimi, magari un po' vecchiotti ma fissati dovunque gli occhi della bambina potessero raggiungerli: sulla testiera in ferro del letto, al tubo del respiratore (sì, bisognava tenerla in vita con l'ossigeno), sul comodino. Qualche giorno fa il padre le aveva avvicinato la bocca all'orecchio per dire che tutto andava bene, e molto presto sarebbe partito con lei per un bel viaggio, del tipo che a noi, da questa parte del mondo, piace definire «della speranza». Beh, la speranza adesso si è dissolta. I danni provocati dalla granata che si era schiantata alla periferia della città erano insuperabili, forse nessun ospedale al mondo sarebbe stato in grado di mantenere a lungo in vita un organismo così martoriato. Soprattutto, spiegavano i medici, quel che nella bambina aveva preso pericolosamente a mancare era la voglia di vivere. Nelle rare pause di lucidità (bisognava ricorrere sempre più spesso a sedativi, per aiutarla a sopportare il dolore) non c'era più sollecitazione cui rispondesse, non segnale d'affetto che in qualche modo potesse rassicurarla. L'ultimo tentativo era stato di due settimane fa: portare accanto al letto di ferro un gruppo di amici e amichette di scuola che potessero salutarla, che l'accarezzassero, che abbozzassero un saluto e uno scherzo. Niente da fare, nessuna reazione. Il padre, fino a quel momento instancabile nell'accudire e sollecitare la piccola, si era avvitato in una violenta crisi psicologica, fino a minacciare il suicidio. Nel resto della parentela, fra i superstiti, non esisteva proprio chi potesse prenderne il posto, chi fosse in grado di sedere accanto al quel fagottino irto di tubi per dare una mano alle infermiere, e ogni tanto sostituirli a loro. E' stato in quel momento che qualcuno ha pensato a chiedere l'intervento della Nazioni Unite. Come? Dite che in aiuto di Irma un intervento delle Nazioni Unite c'era già stato? Ma qui non si sta parlando di Irma, la piccola Irma che commosse il mondo con le immagini della sua sofferenza. Questa storia appartiene a Fawzia, otto anni, colpita a Goiradze una ventina di giorni fa dalle schegge di una granata lanciata dai serbi. Sapete, anche se se n'è parlato appena, dalla metà di marzo a Goradze gli uomini di Karadzic hanno ripreso a bombardare, e nel resto della Bosnia quelli di Izetbegovich ad attaccare. Irma e Fawzia, un destino tanto simile e assieme così divergente. Entrambe piccolissime, entrambe raggiunte per strada da un'esplosione, entrambe paralizzate in un letto e tenute in vita solo da un respiratore. Irma, però, aveva incontrato un medico che era riusciti a scuotere almeno per qualche giorno la coscienza del mondo. Fawzia no: da Goradze, in questi giorni, non c'è messaggio che possa uscire per raggiungere il sistema dei «media», non c'è foto che possa raggiungere qualche effetto. Ai medici dell'ospedale di Goradze era rimasta solo una possibilità: chiedere alle Nazioni Unite che un convoglio umanitario fosse autorizzato a superare le linee serbe e a riportare fuori dall'«enclave» la piccola ed altri bambini in condizioni disperate. Si ^%tk- erano iniziate le trattative: ad occuparsi del trasporto avreb, bero dovuto essere gli specialisti del «Medevac» (il programma per lo sgombero dei feriti gravi) che è diretto da un italiano, il dottor Fausto Mariani. E' solo grazie a questa circostanza che la storia di Fawzia è venuta fuori. C'era un convoglio pronto a raggiungere Goradze ed evacuare i bambini feriti, gli assediami serbi hanno discusso qualche giorno sulle modalità dell'operazione. Poi hanno negato il permesso. Qualche giorno fa, le ultime notizie da Goradze hanno tolto all'operazione il principale carattere d'urgenza. La bambina è morta, hanno fatto sapere i radioamatori. Mariani non ne ha mai conosciuto nemmeno il cognome. Non ci saranno altri appelli, non esistono foto pubblicabili, almeno al momento. Tutto qui quello che si può scrivere in memoria di Irma, morta a Londra sotto gli occhi del mondo, e di Fawzia, morta a Goradze sotto gli occhi del padre. Delle migliaia di Irme, Fawzie e chissà come altro ancora che sono state cancellate in Bosnia, con i loro coetanei, da quell'agosto del '93. Dal giorno in cui, dopo aver concluso quel trasporto umanitario al «Children's Hospital» di Londra, l'Europa si mise la coscienza in pace. Giuseppe Zaccaria Una folla anonima di altre bambine subisce ogni giorno nell'indifferenza il medesimo destino ^%tk- , La drammatica foto di Irma che 2 anni fa commosse il mondo [FOTO ANSA)
Persone citate: Irma Hadzimuratovic, Karadzic, Mariani, Ormond
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