«Terzo polo tv? Un bel sogno, ma...»

«Terzo polo tv? Un bel sogno, ma.»» Cauto anche Zavoli: non basta il progetto illuminato di due professionisti «Terzo polo tv? Un bel sogno, ma.»» Biavi: troppe incognite sul piano Costanzo-Santoro I Telesogni, che belli. Ma meglio stare con i piedi su madre terra Rai. Enzo Biagi e Sergio Zavoli, «grandi vecchi» dell'informazione televisiva di Stato, sospendono il giudizio sul progetto del terzo polo Costanzo-Santoro. Vi «guarda con simpatia» Biagi, pur scorgendovi «molte incognite». Decisamente critico è Sergio Zavoli, per cui «occorre ben altro che il progetto illuminato di due grandi professionisti per concretare una nuova tv, un compito che dovrebbe spettare alle istituzioni». «Più voci ci sono, giuste o stonate, meglio è» dice Biagi, confermando che venerdì condurrà da Milano la teleconferenza-convention indetta per contare divi e operatori tv che aderiscono a Telesogno. Ma? «Ma ho un contratto con la Rai fino a fine dicembre e a 75 anni il domani è dietro l'angolo. E poi la Rai appartiene a tutti noi, ha una funzione insostituibile. Spero che Costanzo e Santoro abbiano valutato gli ostacoli da affrontare: pubblicità, capitali, palinsesti». Biagi è scettico «sugli spazi reali per la raccolta pubblicitaria in un Paese in cui i consumi non crescono e non credo che gli stranieri possano investire sulla tv di fronte a tanta instabilità politica. Chi ha già giornali in Italia potrà intervenire? L'azionariato popolare ha già messo in crisi il manifesto e La Voce». A fronte dei tanti problemi di positivo, secondo Biagi, «c'è la fuoriuscita dalla Rai, negli ultimi tempi, di dirigenti e tecnici di grande va¬ lore». Ma la copiosità di risorse umane potrebbe rivelarsi un boomerang. «Non è facile la convivenza tra divi. La tv è un mestiere da vanitosi. E tutti finiscono col sentirsi direttori». Biagi assolve i colleghi, «ma la carta dei doveri approvata dal eda Rai è comica. C'è persino scritto che prima di una intervista un giornalista deve preparare l'argomento. Potevano aggiungere di mettersi un cartello al collo per non scordare il proprio nome». Dall'alto dei suoi dieci milioni di spettatori, Biagi smentisce pressioni nella scelta dei temi del suo «Fatto». «Mi sembra di lavorare in Svizzera, non mi chiama nessuno. La mia forza è l'audience». 50 puntate trasmesse («ne mancano 20 alla fine, sempre che qualcuno non sia d'accordo»), sola spina nel fianco la mancata intervista al Cavaliere: «Spero che un giorno anche Berlusconi si faccia intervistare, ma forse non gli vado a genio. Ciascuno è libero di scegliere l'intervistatore che vuole». [r. sii.] Il giornalista Enzo Biagi conduttore della trasmissione «Il fatto»

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