Sulla tv Finì ammicca al «nemico» Per le elezioni a giugno Berlusconi è sempre più solo ma spera in un Bossi dimissionato e nei referendum di Alberto Rapisarda

Per le elezioni a giugno Berlusconi è sempre più solo ma spera in un Bossi dimissionato e nei referendum Fuga in avanti del leader di An, baruffa con Forza Italia e smentita finale Sulla tv Finì ammicca al «nemico» Per le elezioni a giugno Berlusconi è sempre più solo ma spera in un Bossi dimissionato e nei referendum ROMA. Scalpita Gianfranco Fini sotto la pesante ala di Berlusconi e di nuovo tenta una fuga in avanti. «Non c'è una mia particolare avversione - ha detto sabato scorso verso norme che regolino il settore tv. Ma se si vuole il pluralismo, allora occorre cedere un canale sia da parte della Fininvest che della Rai». Pari pari quel che dice Walter Veltroni. Anche se nel pds c'è chi accusa, come Franco Bassanini e Vincenzo Vita, il polo di non essere «interessato a una vera riforma antitrust» del sistema radiotelevisivo, accusando Berlusconi di «arroccamento monopolistico». E cosi il presidente di Alleanza nazionale si offre in «par condicio» ad entrambi i dirigenti del pds: disteso dialogo televisivo diretto con D'Alema su regole e riforme, dialogo indiretto con Veltroni sui padroni delle televisioni. Ma, questa volta, Berlusconi non ci sta e richiama bruscamente all'ordine l'alleato. «Chi parla di queste cose non credo che abbia capito cosa signifi- ' chi tv», sentenzia duro il capo di Forza Italia. E Fini compare in tv imbarazzato e con gli occhi bassi per smentirsi: «Non mi ricordo di aver detto quelle cose, anche perché non è vero. Qualcuno ha interpretalo male quel che ho detto». Fine della sortita e nuova ritirata strategica di Gianfranco Fini che si accorge che, nel Polo, il bastone del comando lo impugna sempre Berlusconi. Gli è andata bene la mossa della riforma elettorale regionale con una buona dose di proporzio- naie (che Berlusconi non voleva), ma ora deve stare al gioco di squadra se non vuole rappresaglie. Perché, senza Berlusconi, Fini non ha al momento avvenire politico e quindi nuovo stop in attesa dell'inevitabile, nuova sortita. Sta lavorando di acceleratore e di freno il presidente di An, forse per ottenere dalla sinistra l'accre¬ ditamento definitivo del suo partito, forse perché, nell'immediato, ha bisogno di compensare con i voti dei moderati di centro quelli che perderà alla sua destra verso i missini irriducibili di Rauti (si parla del 2%). E così si presenta dialogante con gli avversari sui più disparati temi facendo il verso alla defunta de con la speranza di catturare una parte di quell'elettorato disperso. Avanti, ma con cautela per non correre il rischio che An prenda più voti del Polo. Evenienza che creerebbe solo tensione e imbarazzo senza risultati politici. Meglio attendere. E allora avanti verso le elezioni regionali del 23 aprile «da trasformare in elezioni politiche» (Storace). Nella generale convin- zione che le elezioni politiche vere entro giugno non potranno tenersi, malgrado le insistenze di un Berlusconi solitario. Quelli del ecd (Casini) hanno bisogno di tempi lunghi per creare «una nuova forza politica che non sia l'allargamento di Forza Italia, prima delle elezioni politiche». Fini aveva già convenuto che si può vo- tare ad ottobre. E Sgarbi sostiene che Berlusconi «è un giovane illuso quando crede che ancora si possa votare». Per lui è escluso giugno, si va oltre l'autunno («periodo proibitivo per il clima») e si arriva a marzo. Quando, però, Berlusconi potrebbe trovarsi nelle condizioni di rifare il governo se, nel frattempo, la Lega avesse dimissionato Bossi e fosse tornata all'ovile. Addio elezioni. A meno che non succeda qualcosa a causa dei referendum. L'esperienza del passato insegna che quando i referendum diventano roventi e minacciosi per troppe parti, finiscono col prevalere le elezioni anticipate come male minore. Questa è la vera carta sulla quale punta Berlusconi dopo il passaggio delle elezioni regionali e Fini concorda («al referendum sulla Mammì voterò no per ragioni squisitamente politiche»). Perché ci sono i referendum che potrebbero togliere a Berlusconi una rete tv e la pubblicità nei film, ma c'è anche quello che può togliere ai sindacati la trattenuta in busta paga delle quote degli iscritti. Se passasse sarebbe un colpo mortale per le confederazioni. Per disinnescare questo referendum si lavora a testi di legge opportuni ma il tempo manca. Venerdì chiudono le Camere. Alla riapertura si tenterà di approvare la riforma delle pensioni e intanto si avvicina pericolosamente l'il giugno. Alberto Rapisarda Il presidente di Alleanza nazionale Gianfranco Fini

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