Ma la diplomazia è un'altra cosa di Sergio Romano

Ma la diplomazia è un'altra cosa Ma la diplomazia è un'altra cosa PER chi è scritto questo romanzo di FrancoisRégis Bastide, intellettuale, romanziere e occasionale ambasciatore di Francia, per nomina «regia», dal 1982 al 1988? E' indirizzato ai diplomatici del Quai d'Orsay? Agli habitués dei salotti di Parigi? Ai lettori del Nouvel Observateur e del Monde! Ai colleghi delle ambasciate straniere che l'autore ha incontrato nel corso della sue missioni diplomatiche, a Copenaghen e a Vienna? Agli abitanti di quel miglio quadrato fra la Senna, il giardino del Lussemburgo e la piazza del Pantheon? Il suo romanzo è molto più di uno scherzo politico-intellettuale, pieno di citazioni e ammiccamenti. E' la bella storia di un amore-conversazione, ora intellettuale, ora romantico, fra un maturo ambasciatore, alla ricerca di una seconda giovinezza, e una giovane, splendida regina in una piccola capitale del fantastico regno di Villanovia. E' una lunga «musica da camera», in cui il «recitativo» è rappresentato dalle lettere di Riiko, dai versi delle Elegie di Duino, dai sonetti di Shakespeare, dalle memorie di Saint-Simon, dal viaggio in Dalmazia di Valéry Larbaud e dalle citazioni di Stendhal. Ma anziché limitarsi al racconto di una storia d'amore Bastide ha «condito» il romanzo con tutti gli ingredienti della sua esperienza diplomatica: personaggi.v.eri o faci^ente^denti-, ficabìB, situazioni verosimili, riferimenti all'attualità politica e alla situazione internazionale, realistiche descrizioni del quotidiano trantran di un'ambasciata fra comunicati stampa, telegrammi cifrati, telefonate ministeriali, pranzi in società e conferenze intergovernative. Chiunque abbia dimestichezza con la «carriera» cade nella trappola e diventa prigioniero dell'autore. Riconosce o crede di riconoscere alcuni dei personaggi che si nascondono sotto le iniziali, ritrova il gergo dei salotti e delle cancellerie, il linguaggio burocratico dei telegrammi, i vezzi e i tic del mestiere. Comincia allora un curioso trompe-l'oeil in cui la realtà «fotografica» si combina con una straordinaria varietà di cita¬ manzo conla sua epersonaggificabìB, sitrimenti allsituazione che descriztran di uncati stamplefonate mcietà e conve. Chiunqcon la «carla e diventRiconosce cunnasra un curiorealtà «fotuna straor va già 53 anni. E io ho sempre avuto bisogno di una figura forte accanto. Di un uomo che mi prendesse per mano, che mi raccontasse la vita, che mi "mettesse" nella sua vita, nei suoi destini. E' il denominatore comune dei miei romanzi: nel primo sono stato ammaliato da un anziano ministro che diventa la chiave di volta di tutto. Nel prossimo da una sorta di piccolo Berlusconi che incontro sull'aereo per l'Italia e che scende con me all'Excelsior». E in questo? «Dal conte Arthur. Uno di quei piccoli grandi Faust che entrano di soppiatto in un'ambasciata, che i servizi segreti ti impongono immediatamente di non frequentare e che tu, per ripicca, incominci subito ad amare di un amore clandestino e viscerale. Le regine, in fondo, vengono dopo. Non crede?». Piero Sona p] I I 1 [a 1 [a e P: 1 zioni e allusioni letterarie e cinematografiche. Con una parrucca bionda sui capelli corvini la regina lima si traveste da ambasciatore di Svezia per pranzare con l'amante: è Greta Garbo, travestita da cacciatore nelle sequenze iniziali della Regina Cristina di Rouben Mamoulian. Sul palazzo reale e sulla politica della capitale incombe la memoria del padre, Giovanni Teodoro, burbero, generoso, collerico, fieramente indipendente: è Nicola Petrovic Njegos, re del Montenegro sino alla fine della prima guerra mondiale. A una grande conferenza sulla cooperazione e la sicurezza in Europa (Csce) fa la sua apparizione un finanziere polacco-americano di origine lituana, Ladislas Gedymin, paladino dei diritti civili e dei dissidenti del blocco sovietico: potrebbe essere George Soros, finanziere anglo-americano di origine ungherese, mecenate e patrono di iniziative culturali nei Paesi dell'Europa centrorientale. Mittelburg, capitale del regno di Villanovia, è certamente Dubrovnik, anzi Ragusa, capitale della Dalmazia. Ma è anche lo studio cinematografico dove si girano abitualmente Le vedove allegre e le Marce nuziali di Erich von Stroheim. Il discorso con cui lima, alla fine della conferenza, rabbonisce il delegato sovietico e suscita un generale entusiasmo, appartiene ai film politici di Franck Capra. La visita alle misteriose miniere d'argento di Villanovia sembra uscita da un film di James Bond. Il risultato assomiglia a un quadro di Hubert Robert, grande pittore francese del Settecento, che componeva paesaggi fantastici con palazzi e rovine, in parte veri, e in parte falsi. Bastide fu nominato ambasciatore a Copenaghen nel 1982 perché Mitterrand ritenne giunto il momento di svecchiare la carriera diplomatica con nuove, fresche energie intellettuali. A giudicare da questo romanzo si direbbe che l'autore si sia invece divertito a «invecchiarla» con una storia di castelli, isole dell'Adriatico, bellezze esotiche e furtivi amori diplomatici. Evidentemente il mito della carriera resiste tenacemente ed è ancora un valore sicuro alla borsa letteraria di Parigi. Consiglio i giovani diplomatici di non credere troppo a Bastide. Il romanzo è bello, ma la diplomazia è un'altra cosa. Sergio Romano DOMENICO VECCHIONI