C'ERA LA NEVE NEL GHETTO di Masolino D'amico

C'ERA LA NEVE NEL GHETTO C'ERA LA NEVE NEL GHETTO Ida Fink, uri arca di ricordi L'AIDS CURATO CON LA STORIA Martel: la sfida di due studenti IN primo piano c'è il bianco della neve segnata da tracce di passi umani, baracche di legno sullo sfondo. Questa fotografia sbiadita, un po' mossa, è tutto ciò che rimane dell'ultimo ghetto di un villaggio polacco, dove i bambini sono stati fucilati per non avere rivelato l'identità dei genitori. E' il tassello più prezioso di un'arca di ricordi, disseminati in una trentina di brevi racconti, Frammenti di tempo, di Ida Fink, un'ebrea polacca sopravvissuta all'occupazione nazista ed emigrata in Israele con la famiglia nel 1957. Ritagliate da esperienze personali o da racconti di amici, queste schegge di immagini vanno dritte al cuore del lettore, senza un'ombra di retorica. Sembrano particolari di un quadro, dettagli minimi di un idillio non ancora frantumato dall'orrore della guerra: il giardino dell'infanzia dove si raccoglievano le mele renette, la siepe di ribes, il campo di girasoli, il cinguettio dei passeri che beccavano le ciliegie, un gelato al lampone con la ragazza amata scomparsa, di cui restano nella memoria il vestito verde e le scarpe bianche. Che ne è stato di quello spazzino piccolo e gobbo che ha visto, nascosto dietro la scopa in un cantone fra due case, le sue tre bambine caricate sui camion? Tra una retata e un rifugio, in un fienile o una soffitta, con un cane bastardo come conforto alla solitudine e il sostentamento di qualche radice o patata, questi esseri umani hanno imparato a misurare il tempo nell'attesa delibazione», la cattura e la deportazione nei campi di concentramento. Stupendo per asciuttezza stilistica e visiva, di gesti movimenti parole immagini, «Alba di primavera», in cui una famiglia ebrea viene catturata dai tedeschi. Il padre, per sai vare la bambina di cinque an ni, la induce a cercare una via IN una Università canadese uno studente dell'ultim'anno che secondo tradizione ha l'incarico di accogliere una matricola e mostrarle il luogo, stringe una grande amicizia con questa, e i due diventano inseparabili. A un certo punto però il ragazzo più giovane, Paul, comincia a star male e deve tornare dai suoi. Quando l'altro lo va a trovare apprende il tragico verdetto: Aids, contratto per una trasfusione di sangue dopo un incidente automobilistico un paio di anni prima. Io, Paul e la storia del mondo, racconto che con gli altri della raccolta cui apparteneva in origine ha già ottenuto enorme favore in molti Paesi dopo quello dov'è nato, contiene la cronaca degli otto mesi di vita che rimangono a Paul dopo questa scoperta, e in particolare del modo con cui l'amico lo aiuta giorno dopo giorno ad affrontare l'orribile progresso del male. Per occupare Paul e conservargli una speranza per quanto assurda, di guadagnare tempo in attesa che la scienza con qualche miracolo trovi l'arma vincente, il narratore gli propone un gioco, parente alla lontana di quello con cui dieci fiorentini bennati si intrattennero mentre a Firenze infuriava la peste: inventare insieme una storia e mandarla avanti alternativamente. I due scelgono un tema, la saga di una famiglia chissà perché finlandese e chissà perché di origine italiana, dal 1903 al 1987, con un episodio per ogni anno. Questa storia non figura nel libro, è destinata a rimanere un segreto fra il narratore e Paul. Ci sono invece le tappe della marcia di Paul verso la morte, inframezzate da brevi sintesi di avvenimenti storici - Mein Kampf, la penna a sfera, l'assassinio di Gandhi - che i due tengono d'occhio come riferimento per il loro gioco. Conciso e commovente senza sentimentalismi, il libro giustifica la sua risonanza e occupa un posto non banale nella recente ma già ragguardevole letteratura sul moderno flagello. Come ben sapeva E. A. Poe (cfr. The Philosophy of Composition), non c'è del resto tema più patetico della scomparsa prematura di una persona amata, basta non sciuparlo, e Yann Martel (nato nel 1963, figlio di diplomatici canadesi) scrive con piglio e con passione. Il discorso sulla parte letteraria del suo lavoro si può chiudere qui. Qualche considerazione si può fare, ancora, sulla sua ideologia, che personalmente trovo opinabile. L'Aids distrugge la vita di Paul, senza alcuna sua colpa e senza che nessuno possa farci di fuga verso la chiesa, dove la gente è più fitta. Sente un colpo e, quando si volta, vede «uno straccetto insanguinato» sul bordo del marciapiede. E' difficile narrare quelle esperienze per chi è sopravvissuto perché ciò che resta nella memoria è il silenzio e «il silenzio non lo si può raccontare a parole. Il silenzio è il contrario della voce, e le parole sono voce». Il desiderio di tornare La fine della guerra non basta per cicatrizzare le ferite, ci sono dei luoghi, dei paesaggi, degli affetti che non si possono cancellare, e si prova il desiderio di tornare lì, per capire, per ricordare, per dare un senso a ciò che è accaduto. La donna dal viso «mite e gentile», a cui hanno fucilato i figli e il marito, torna a rivedere quello stagno in cui si era immersa per scomparire, ma la profondità dell'acqua, ridotta dalla siccità, non glielo aveva consentito. A chi la interroga non dice cosa era successo dopo aver raggiunto «l'altra sponda». Anche questo è un «frammento di tempo» che non si può misurare. Con una scrittura essenziale, quasi sussurrata per trasmettere l'ansia, la paura e il silenzio che avvolgevano la mente e il corpo di creature braccate, l'autrice ci consegna un'immagine memorabile dell'ebreo sopravvissuto, una sorta di revenant, «una persona uccisa dalla guerra che continua a vivere», ma ci vuole pochissimo perché, magari dopo molto tempo, torni dall'altra parte, a cercare un'identità perduta e non più ricomponibile su questa terra. niente. Ma poi distrugge anche, o perlomeno inquina forse irreparabilmente, anche le vite di tutti coloro che gli sono vicini, fedele cane compreso; e qui forse qualcosa si potrebbe fare. Il padre di Paul, prospero avvocato, alla notizia della malattia del figlio distrugge a picconate la propria Mercedes e poi le dà fuoco per punirsi di essere stato alla guida quando avvenne l'incidente fatale; non fa niente se la macchina era un'altra, e se era stato investito. Dopo, sprofonda in una disperazione da cui non esce più. Massimo Romano Ida Fink Frammenti di tempo trad. di L. Quercioli Mincer Feltrinelli, pp. 166, L. 25.000 Stesso discorso per la madre, e, quasi, per la sorella: per settimane e mesi nessuno in casa si occupa più di niente, nemmeno di cucinare o di portare i panni in lavanderia. Quanto all'amico di Paul che narra la storia, lui smette quasi del tutto di frequentare le lezioni, non dà più esami, ag gredisce il professore che cerca di capire cosa gli succede, finisce per lasciare gh' studi. Si dà da fare in casa di Paul, dove diventa pre zioso anche per badare a quelle operazioni domestiche che la famiglia ormai trascura; ma odia ciecamente il mondo esterno, il Canada gli sembra una prigione come la Danimarca a Amleto, disprezza i medici che non sanno guarire il malato. Tutto questo non ci viene pre sentato come follia o stravagan za, ma quasi come il normale mo do di comportarsi in simili circo stanze. Del padre di Paul viene per la verità stigmatizzato il con sumismo che lo lascia privo di ri sorse davanti alla tragedia; ma il lasciarsi andare del narratore viene dato come una reazione totalmente legittima. Il coraggio con cui il povero Paul affronta il suo destino può insomma insegnare qualcosa al lettore, ma non sembra che sui suoi cari abbia al tro effetto che di farli sprofonda re sempre di più nella cupezza e nel rimpianto. Ora, non voglio dire che do vrebbero esultare davanti alla di sgrazia, e naturalmente è facile mostrare fermezza dall'esterno D'altro canto se la fine di un individuo potesse servire di alibi per l'autodistruzione di tutta la spe eie, la razza umana si sarebbe spenta molti milioni di anni fa; e insomma, il contegno dell'uomo che ha donato gli organi del figlioletto assassinato dai rapinatori sull'autostrada calabra sembra offrire una lezione più costruttiva. Masolino d'Amico Yann Martel lo, Paul e la storia del mondo trad. Pier Paolo Zerilli Edizioni e/o, pp. 92. L. 20.000

Persone citate: Gandhi, Ida Fink, L. Quercioli Mincer Feltrinelli, Martel, Massimo Romano, Pier Paolo Zerilli Edizioni, Yann Martel

Luoghi citati: Canada, Danimarca, Firenze, Israele