LA GUERRA DEI DOLCIUMI
Il giudice gli dà ragione: «Ingannevole lo spot della merendina» m Aosta, secondo l'uomo la pubblicità del «Bueno» era denigratoria dei prodotti artigianali mette Il giudice gli dà ragione: «Ingannevole lo spot della merendina» LA GUERRA DEI DOLCIUMI CAOSTA OME Davide contro Golia». Una lotta che sembrava impossibile e che ha trasformato invece un pasticciere di paese in un «Davide» contro un grande colosso dell'industria dolciaria italiana, la Kinder Ferrerò di Alba. Ha vinto la sua battaglia contro la pubblicità resa famosa dalla battuta: «Esagerato, mi vuoi tutta ciccia e brufoli!?». Così diceva l'univeristaria, «reduce» da un brillante esame, all'amico che le proponeva, davanti a tante «ghiottonerie» di pasticceria, di prendere tutto quello che voleva per festeggiare. Era lo spot del «Kinder bueno», lo snack dalla «bontà a cuor leggero». Uno spot che non c'è più. E' stato censurato dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato, che ha accolto la denuncia del valdostano Gianni Maggioni, titolare di una pasticceria di Sarre. Per il «giudice» lo spot è «ingannevole». Scrive: «Il confronto tra i prodotti di pasticceria artigianale e il prò- dotto industriale può determinare il consumatore, il quale è normalmente portato a pensare che un consumo esagerato di dolciumi possa provocare aumenti di peso o sgradevoli effetti sulla pelle, a credere che il prodotto Kinder Bueno, per le sue caratteristiche e per la sua composizione, sia di qualità tale da non esporre a dette conseguenze». Giovanni Santaniello, garante per radiodiffusione e editoria, è di parere diverso. Secondo lui il messaggio pubblicitario dello snack dalla «bontà a cuor leggero» non inganna il pubblico per i suoi contenuti. «Io - dice il pasticciere di Sarre - non mettevo in discussione il loro prodotto. La mia denuncia era rivolta al fatto che nello spot è stata inserita l'immagine di una pasticceria e che siano stati usati degli adolescenti». Quest'ultima «accusa» non è però stata accolta. Gianni Maggioni è ora intenzionato a continuare la sua lotta. «Mi è costata una cifra questa de- nuncia - aggiunge - ma sapevo che avrei avuto ragione, anche se, in questi casi, ora che interviene il garante, il messaggio pubblicitario è già stato recepito. Dovrebbe esserci un controllo preventivo». Nella sua battaglia si è però trovato da solo. Aveva proposto questa sua campagna anti «spot-Bueno» all'associazione artigiani e pasticcieri di Milano. «Non mi hanno preso sul serio» dice. «Ora - aggiunge - comincerò il procedimento giudiziario. Chiederò che la Ferrerò venga condannata al pagamento del costo delle emissio- ni di spot, curati da me o dalla categoria pasticcieri, a tutela dell'immagine della categoria artigianale, per un numero uguale a quelli del Kinder bueno». L'azienda dolciaria di Alba adesso ha sessanta giorni di tempo per fare ricorso contro il provvedimento dell'autorità garante della concorrenza e del mercato, che dal 22 marzo ha oscurato il messaggio pubblicitario. Gianni Maggioni era già stato protagonista delle cronache nel dicembre del '92, quando giurava vendetta per l'assassinio del fratello in America. Voleva assoldare un killer per centomila dollari. E ancora nel gennaio dello scorso anno, quando una bomba distrusse il locale di Mauro Vincenzo Bracciale di Montescaglioso (Matera), che si era rifiutato dì pagare il «pizzo». Gianni Maggioni decise di inviare il ricavato della vendita di un giorno al collega: un milione e 28 mila lire. Sandra Bovo «Questa denuncia mi è costata molto ma sapevo che avrei avuto ragione» L'inserto «Tuttodove» non esce per mancanza di spazio |p j| pasticciere di Sarre Gianni Maggioni
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