Sarà usato al processo il componimento in cui la ragazza dà la prova che Biondino conosceva suo padre Un tema inchioda il vice del boss
Sarà usato al processo il componimento in cui la ragazza dà la prova che Biondino conosceva suo padre Sarà usato al processo il componimento in cui la ragazza dà la prova che Biondino conosceva suo padre Un tema inchioda il vice del boss Palermo, lo ha scritto la figlia di Riina PALERMO DAL NOSTRO CORRISPONDENTE La figlia quindicenne di Totò Riina, con un tema ha involontariamente messo nei guai Salvatore Biondino, indicato dall'accusa come uno dei principali collaboratori del capo di Cosa nostra. E' la conferma - ammesso che ne occorresse un'altra - di quanto gli intrighi e i crimini della mafia finiscano per intrecciarsi con le ordinarie vicende della vita comune. Anche se, a guardar bene, di effettivamente «normale», nel senso corrente del termine, finora vi è stato davvero ben poco nell'esistenza dei quattro figli del sanguinario boss di Corleone condannato a 8 ergastoli senza contare i processi che ancora l'attendono. Il tema L. (questa l'iniziale del nome di battesimo della giovane) l'aveva scritto nel rifugio segreto della famiglia al riparo da occhi indiscreti, un'elegante villa di via Bernini con piscina, piante tropicali, complicato sistema d'allarme quando, durante la latitanza del padre durata 23 anni, vissuta «in cattività» con lui, la madre e i tre fratelli. Fra le righe, la ragazzina con assoluta innocenza aveva scritto che fra i suoi amichetti annoverava due figli di Salvatore Biondino. E proprio qui sta il punto. Infatti, catturato insieme al boss dei boss dai carabinieri del Ros la mattina del 15 gennaio 1992 in viale Regione Siciliana a Palermo, Biondino si cimentò in un monologo degno della miglior recitazione. Lui, che era al volante di una R5 con accanto Riina, dichiarò stralunato al capitano «Ultimo» che comandava i cento militari impegnati nell'operazione di non aver mai conosciuto il passeggero. «L'ho fatto salire 300 metri più in là. Mi aveva chiesto un passaggio», aveva detto Biondino senza essere affatto creduto, anche perché lo spiavano da tempo e gli inquirenti erano già perfettamente convinti di chi egli fosse realmente. La perquisizione della villa, a pochissima distanza dal luogo della cattura, permise ai carabinieri di sequestrare fra le tante cose il tema scritto da L. in uno dei quaderni sui quali la madre la faceva esercitare, proprio come faceva con gli altri tre figli, tutti studenti «clandestini». Maestra elementare, Antonietta Bagarella, sorella del latitante Calogero, sposata con Riina fin da quando poco più che sedicenne se ne innamorò passeggiando nella piazza principale di Corleone, lei tanto bellina, lui corto e tozzo ma con un'irrefrenabile vitalità, si era occupata fin dalla loro in¬ fanzia dell'istruzione dei figli. Usciti finalmente allo scoperto, soltanto nel 1992 i quattro ragazzi hanno avuto la possibilità di sostenere da esterni vari esami per essere ammessi a scuola. Secondo l'accusa, il tema prova indubitabilmente i rapporti tra Riina e Biondino tanto che i loro figli, appunto, erano amici. Prodotto ieri mattina dai pubblici ministeri Egidio La Neve e Olga Capasso in tribunale dove nell'aula della quinta sezione si celebra il processo a 24 imputati di favoreggiamento nei confronti di Riina, il tema potrebbe essere acquisito agli atti. Il presidente Francesco Ingargiola si è riservato di farlo. Il tribunale è lo stesso che sta giudicando il questore Bruno Contrada. Secondo i pm si tratta di una prova d'accusa tale da mettere ko Biondino che all'inizio era stato ritenuto nulla più che un guardaspalle, anzi l'autista del padrino della mafia siciliana. Poi accertamenti più approfonditi hanno persuaso gli inquirenti che Biondino avesse una collocazione ben più rilevante nella «famiglia» del rione San Lorenzo vicinissimo alla villa-covo di Riina. C'è chi addirittura ne parla come del capo del mandamento, indicandolo come agiato possidente. Antonio Ravidà La moglie di Totò Riina Antonietta Bagarella con la figlia maggiore Maria Concetta
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