Il deserto degli scorpioni dove l'uomo è un intruso di Francesco Fornari

Il deserto degli scorpioni dove l'uomo è un intruso Il deserto degli scorpioni dove l'uomo è un intruso CENTO METRI SOTTO IL MARE U NA vita passata senza uccidere non vale la pena di essere vissuta»: Hugo Pratt, il disegnatore di fumetti padre di Corto Maltese, che ha vissuto nel '37'38 in Dancalia e lì si è ispirato per le figure di indigeni africani delle sue storie, ricorda questo proverbio degli Afar, i nomadi guerrieri padroni della regione, che racchiude tutta la filosofia di quel popolo. Duri e crudeli, così com'è dura e crudele la vita in questa depressione (oltre cento metri sotto il livello del mare) al confine tra Etiopia ed Eritrea, oceano essiccato dove si trova l'Erta Ale, uno dei due vulcani al mondo sempre attivi da cui sgorga un fiume perenne di lava. Un deserto. Eppure, oltre tre milioni di anni fa questa era una regione fertile, abitata dai nostri progenitori; qui nel 1973 fu trovato lo scheletro di Lucy, uno dei primi ominidi. E all'inizio di quest'anno nella valle del fiume Awash sono stati scoperti i resti di un individuo adulto vissuto in questi luoghi più di quattro mi- lioni e mezzo di anni or sono. Questa landa desolata custodisce forse il segreto delle nostre origini. Oggi questo territorio, la più torrida e inospitale depressione della terra, grande quasi quanto l'Italia, è popolato da mezzo milione di abitanti di religione musulmana: gente sempre in guerra, per niente rispettosa dei confini stabiliti dai governi di Asmara e Addis Abeba e delle loro leggi. Gli Afar, parola che significa liberi, sono pastori e mercanti di sale, sempre in movimento lungo piste che solo loro conoscono con le lente mandrie di cammelli che spostano da un «burra», accampamento, all'altro, incuranti del caldo soffocante la temperatura media oscilla sempre attorno ai 50 gradi -, della totale mancanza d'acqua; gente in grado di vivere per giorni, settimane, nutren¬ dosi soltanto di scorpioni e serpenti. Per gli Afar ogni straniero che attraversa la loro terra è un nemico potenziale, perché per dissetarsi porta via un po' della loro acqua, il bene più raro e più prezioso in questo angolo desolato del mondo. Dal 1869, quando l'Italia intraprese la sua avventura coloniale, fino al 1991, quando si concluse la lunga guerra d'indipendenza tra Eritrea ed Etiopia, il popolo Afar ha vissuto in mezzo a conflitti di ogni genere ma non si è mai schierato con l'uno o l'altro dei contendenti, cercando soltanto di trarre qualche giovamento dalle battaglie che si combattevano sul suo territorio e attaccando senza distinzione i convogli militari che si avventuravano nel deserto. Ma da qualche anno il sogno della grande «Afaria», uno Stato indipendente a cavallo del triplice confine tra Eritrea, Etiopia e Gibuti, ha cominciato a farsi strada fra gli elementi più politicizzati della popolazione. E' nato il Fronte di liberazione Afar del sultano Ali Mireh che controlla una regione grande quanto due terzi dell'Italia e mantiene rapporti abbastanza buoni con i governi di Asmara e Addis Abeba. Il rapimento dei turisti italiani potrebbe essere opera di uno dei gruppi di oppositori del sultano Ali Mireh, di cui non riconoscono l'autorità, al fine di richiamare l'attenzione del mondo occidentale su questa guerra interna o, più semplicemente, per creare delle difficoltà alla politica del Fronte di liberazione. Ma è anche possibile che i nostri connazionali siano stati catturati da una delle bande di ex miliziani del deposto presidente etiopico, il colonnello Menghistu Haile Mariam, oggi in esilio nello Zimbabwe, che dal maggio 1991 si sono rifugiati nel deserto dancalo e sopravvivono taglieggiando la carovane e i piccoli villaggi. E qui da un paio d'anni si sono riversati anche molti somali, in fuga dal loro Paese sconvolto dalla guerra civile. Questi «shifta», banditi, in passato hanno già dato fastidio alle rare comitive di turisti coraggiosi che si spingono in questa landa desolata attratti dal fascino dell'avventura. Un viaggio in Dancalia è un viaggio verso l'inferno in una delle regioni più inospitali del pianeta, fra vulcani, distese di sale, vapori di zolfo, un caldo intollerabile, attraverso una terra che sfugge a qualsiasi controllo. Francesco Fornari Hugo Pratt, il padre di Corto Maltese visse qui due anni e si ispirò ai nomadi per i suoi fumetti Un fumetto di Hugo Pratt ambientato nel deserto

Persone citate: Hugo Pratt, Menghistu Haile Mariam