Veneziani cacciato dei colonnelli di An di Pierluigi BattistaMarcello Veneziani

TEMPESTA NELLA DESTRA Il fondatore di «Italia settimanale» appena estromesso: grazie a Storace, lui è leale Veneziani; cacciato dei colonnelli di An «Una stqria 0i squallida ancóra della lottizzazione» TEMPESTA NELLA DESTRA VROMA ENEZIANI, il suo ex amministratore delegato la definisce un «nostalgico». «Grottesco. Parlavo di "post-fascisti" nel 1987, quando gli attuali post-fascisti si definivano ancora neo-fascisti. Sarebbe più serio che questo signore ripetesse quanto mi ha comunicato in privato venerdì scorso, e cioè che sul mio nome è stato posto un veto in alcuni ambienti di An e che, se mi fossi fatto da parte, l'Italia settimanale avrebbe finalmente ottenuto la pubblicità che adesso le manca». Le quote di pubblicità per i giornali d'area legate ad accordi politici con i partiti. Storia vecchia, non le pare? «Peggio che una storia vecchia. Fosse la solita solfa della lottizzazione, tutto sarebbe più squallido ma meno pericoloso. Quando è la politica a decidere se un giornale deve o no esistere vuol dire invece che siamo al pizzo, al pedaggio obbligatorio. Mica male». Fini però ha avuto parole di stima nei suoi confronti. «Lo ringrazio. Così come l'ho ringraziato stamattina quando mi ha telefonato per protestare la sua innocenza e la sua estraneità in tutta questa faccenda». E lei ci crede? «Voglio crederci. Diciamo, ora che An ha scoperto Gramsci, che la mia vuol essere una manifestazione di ottimismo della volontà. Comunque è chiaro che tutta questa faccenda appartiene allo stile dei colonnelli, anzi dei marescialli, che con An hanno annusato l'odore delle stanze del potere. E ne sono rimasti stregati». Fuori i nomi. «Preferirei non fare polemiche personali». Francesco Storace le ha manifestato solidarietà. (Appunto. Storace è un uomo schietto e leale. Le cose non le manda a dire per interposta persona, anche se la si pensa in modo diverso». Circola il nome di Adolfo Urso come capo dei congiurati. «E perché mai?» Per dissensi sulla linea politica. «Premesso che non mi sono mai posto il problema della sua linea politica, capisco che Ureo possa avere qualche problema. In primo luogo ha alle spalle un'infelice esperienza professionale nel settimanale. Poi, con la sua estromissione dal coordinamento politico di An, è reduce da un recente, bruciante insuccesso. E' umano che possa avere più di un motivo di rivalsa. E comunque non è un mistero che nuovi soci di Italia settima- naie, Nicola Pomello candidato di An per le regionali e Mafalda Molinari senatrice di An, sono transitati nelle stanze di Adolfo Urso». Non è un bello spettacolo, questo della destra che si dilania in dispute intestine. «E lo dice a me? Tutta questa faccenda porta drammaticamente argomenti all'avversario e accredita l'immagine della destra come di un universo allergico alla cultura e al¬ la ricerca indipendente e originale. La cosa straordinaria e deprimente è che la sinistra non ci ha mai perdonato che fossimo schierati in un campo diverso ed evidentemente che qualcuno nella destra non ammette che si possa essere liberi. Peccato». Peccato che si possa dire che in An alberghino ancora pulsioni «fasciste»? «Mettiamola così: io sono diventa¬ to fascista dopo aver letto Giovanni Gentile e Berto Ricci. Altri di "fascista" hanno la forma mentis alla Starace, l'attitudine psicologica dell'Ovra e della sornministrazione di olio di ricino. Un partito della "anticultura", impastato di diffidenza assoluta per l'intellettuale, ha purtroppo sempre trovato ospitalità nella destra». Meglio la sinistra? «Ma per carità, la sinistra resta pur sempre il rifugio di ogni genere di conformismo culturale». E ora che fa Veneziani? «Coltiva la tentazione di rimettersi a. scrivere libri di filosofia. Ma per il momento va a trascorrere qualche giorno al mare prima di cercarsi un buon avvocato: hanno addirittura censurato il mio editoriale d'addio ai lettori. Garbati, vero?». Pierluigi Battista Marcello Veneziani fondatore della rivista «L'Italia Settimanale»

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