«lo, Cavallari un benefattore»

«lo, Cavallari un benefattore» «lo, Cavallari un benefattore» BARI DAL NOSTRO INVIATO Eccolo qui il Grande Pentito, l'uomo che, fiaccato da sette mesi di carcere, ha svelato i segreti della Tangentopoli barese, un micidiale intruglio i cui ingredienti sono la politica, la sanità e il crimine organizzato. Francesco Cavallari, Ciccio per amici e estimatori, proprietario di undici cliniche che danno lavoro ad oltre quattromila dipendenti, ha riempito verbali su verbali prima che i magistrati dessero il via al'operazione «Speranza» conclusasi con 35 arresti eccellenti. A cominciare da quelli del socialista Rino Formica e del de Vito Lattanzio. Tornado in libertà ma ancora sotto inchiesta per associa•ziojje a delinqygre di stampo m$j fioso, don Ciccio si ritiene un benefattore della sua città: «Qui ho svolto un ruolo di grande importanza sociale - spiega -. La mia vita è stata un continuo atto d'amore nei confronti degli ammalati che si sono rivolti alle mie cliniche». Ma come avrebbe fatto a costruire il suo impero economico senza l'aiuto dei politici? Cosa ha fatto per ottenere l'amicizia di Formica, di Lattanzio e degli altri? «Diciamo che non mi sono tirato indietro quando mi hanno chiesto di assumere persone raccomandate o di offrire un contributo durante le campagne elettorali». Il suo nome compare in un'inchiesta sulla malavita. Ha fatto favori anche ai boss? «Qui in città tutti sanno che ho subito condizionamenti fortissimi. Il vero problema è che il mio gruppo ha rappresentato una delle pochissime occasioni di lavoro a Bari. Così, ad un certo punto, ho accolto le richieste dei politici e della povera gente e, per non saltare in aria, ho aderito anche alle istanze dei familiari di boss della mala. Ricordo che il 31 dicembre una bomba scoppiò negli uffici amministrativi della società. Il giorno dopo convocai le persone raccomandate dai malavitosi e dai politici, e le assunsi. Ero vittima di una situazione tenibile, mi trovavo davanti ad un bivio: tornare a fare l'informatore scientifico come quando ero giovane c ■> ^uarmi». Non ha esitato molto a scegliere, le pare? «Sono stato al gioco per amore delle mie aziende e per la sopravvivenza di 4000 lavoratori». Aveva molti amici anche nel palazzo di giustizia? «I magistrati venivano alle feste che organizzavo sui bord' delle piscine della mia villa. Ho già ditto agli inquirenti che non ho bussato alla porta di nessun ufficio. Sono stati gli altri a cercarmi. L'ex procuratore della Repubblica di Bari, De Marinis, mi ha avvicinato attraverso un amico comune per chiedermi una cortesia. • Dj'Capristo, della Direzione distrettuale antimafia, conoscevo il cognato. Con il dottor Curione, pubblico ministero, accomunavo la passione per il basket. Anche a Magrone (Nicola Magrone, magistrato e deputato progressista, ndr) ho risolto un problema. Ce ne sono anche altri, che ho favorito assumendo le loro figlie nel gruppo». Voghamo parlare anche dei giornalisti? «Mi spiace per l'ex direttore della Gazzetta Franco Rusma, ci tengo a sottolineare che la sua vicenda non è collegabile in alcun modo a me. Lui aveva rapporti di amicizia con un assessore alla sanità, cosa che non mi riguarda. Io non ho mai subito condizionamenti o estorsioni da parte della Gazzetta né della stampa locale. I rapporti sono sempre stati corretti. Nicola Magrone reagisce indignato alle voci secondo le quali il suo nome sarebbe inserito nell'elenco degli indagati: «Ho appreso da alcuni organi di stampa che avrei addirittura ricevuto un avviso di garanzia». Smentisce anche il sostituto procuratore Carlo Maria Capristo: «Le notizie sul mio presunto coinvolgimento nell'inchiesta sono false e offensive». Fulvio Milane

Luoghi citati: Bari