Russo, il boss della Gazzetta di Cesare Martinetti

Russo, il boss della Gazzetta Russo, il boss della Gazzetta E i corrotti passavano in gioielleria IL GIORNALISTA IN MANETTE BARI DAL NOSTRO INVIATO Qualcosa di forte per l'assessore. Un cognac? Sì, va bene un cognac. La scena si svolge nella villa «texana» di Francesco Cavallari, il boss della sanità barese, grande elemosiniere e corruttore dei politici. Nel salotto della sua casa, quella sera, tra la fine del '90 e l'inizio del '91, oltre a lui ci sono Franco Russo (allora redattore capo della Gazzetta del Mezzogiorno) e Tommaso Marroccoli, assessore regionale de alla sanità. E' lui che ha bisogno di un cognac tonificante per riprendersi dal malore che gli ha provocato'malignamente Russo annunciandogli che il suo «dovere di giornalista» gli imponeva di pubblicare una notizia appena ricevuta e cioè che 10 stesso Marroccoli risultava indirettamente coinvolto in finanziamenti illeciti in odore di camorra. Il povero assessore Marroccoli si sentiva - naturalmente del tutto estraneo a quella storia. Ma la cosa che gli provocò 11 tracollo fu che la notizia potesse venir pubblicata sulla Gazzetta, verbo della società barese. Che intreccio di stress. Marroccoli, dopo il cognac che lo aveva riportato in sesto, si diede un gran daffare, lì per lì, per convincere Russo. Si offrì la testimonianza diretta è stata data ai giudici da Cavallari di esibire a Russo tutta la documentazione contabile, quasi che si trovasse di fronte a un ufficiale della Guardia di Finanza o a un giudice. Tutto poteva accettare, l'assessore Marroccoli, ma non che quella notizia uscisse sul giornale. Un problema di reputazione? Non solo. Quella notizia gli avrebbe provocato grosse difficoltà nella sua attività di imprenditore. La sua azienda aveva realizzato un enorme complesso immobiliare in provincia di Taranto, i mille appartamenti erano stati messi in vendita da poco, doveva rimborsare un mutuo di cento miliardi. Tutto poteva sopportare, non quella notizia sulla Gazzetta. Russo, il direttore del quotidiano finito in carcere martedì nella grande retata barese, non fu tenero con l'assessore. Nemmeno dopo la promessa di aspettare la documentazione contabile della sua azienda per farsi un'idea più precisa. Insisteva sul fatto che il suo dovere di giornalista gli imponeva di dare un'informazione corretta. Dovette intervenire Cavallari par tentare di convincerlo che Marroccoli era una persona onesta. Certo, lui, Cavallari, non poteva lamentarsi dell'onestà dell'assessore che sarebbe poi stato accusato di corruzione pluriaggravata, sistematica omissione dei doveri di ufficio, compimento di atti contrari ai doveri per il fatto che nella qualità di assessore liquidava con puntualità l'85 per cento dei rimborsi richiesti dalle favolose CCR (case di cura riunite) e chiedeva regolarmente alla giunta regionale di liquidare a saldo il rimanente 15 per cento. Niente di male, se non fosse che non si curò mai di rilevare le incongruenze e le falsità delle richieste di rimborso. Ecco un piccolo spaccato del teatrino barese: il corruttore, il giornalista e il politico. Una storia minima della grande storia che avviluppa il sistema di potere della capitale delle Puglie. Sarà pure, come ha scritto ieri nel fondo di prima pagina della Gazzetta Giuseppe Gorjux, reintegrato sulla cattedra di direttore dall'arresto del suo imbarazzante collega, che «Russo ha diritto alla presunzione di innocenza fino a sentenza definitiva». Ma l'episodio di cui sopra sta scritto nell'atto d'accusa dei giudici centro Russo ed è stato raccontato ai magistrati da Cavallari in persona che ieri s'è pure premurato di precisare che i giornalisti baresi sono sempre stati corretti con lui. Nessuna estorsione, solo «collaborazioni». Ma quella con Russo (che in questo caso agiva in rappresentanza della Edisud, l'editrice del quotidiano) costò ben sessanta milioni al mese. Sponsor il presidente della Cassa di Risparmio Passaro (consigliere d'amministrazione della Gazzetta): 2 milioni al giorno da Cavallari al giornale per una semplice rassegna stampa quotidiana. Il fumo della chiacchiera barese avvolge tutta l'inchiesta. Ci sono i trentacinque arrestati, ma decine di sospettati. E questo pesa sulla formazione delle liste elettorali. Per fortuna è arrivato il rinvio dei termini di presentazione. I beneficiati di Cavallari sono stati tanti. Tutti i partiti hanno collocato qualche raccomandato tra i 4 mila dipendenti delle cliniche di Cavallari. E qualcuno di loro passava abitualmente dall'autosalone Piscazzi, o dalla gioielleria dei fratelli Pesce, o all'agenzia di viaggi Mondojet dove il munifico Cavallari aveva sempre un conto aperto. Per gli amici. Cesare Martinetti L'accusa di don Cicci: lo pagavo perché trattasse bene gli amici sul suo quotidiano In alto: la protesta dei dipendenti delle Case di cura riunite davanti alla clinica «Villa Bianca» Qui accanto: Franco Russo

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