Parla Menem: dalla morte di mio figlio ho aumentato gli sforzi per il Paese «Lavoro per l'Argentina e dimentico il dolore »

Parla Menem: dalla morte di mio figlio ho aumentato gli sforzi per il Paese Parla Menem: dalla morte di mio figlio ho aumentato gli sforzi per il Paese «Lavoro per l'Argentino e dimentico il dolore » BUENOS AIRES DAL NOSTRO INVIATO Al termine del colloquio di circa un'ora con il nostro ministro degli Esteri Susanna Agnelli, il presidente argentino Carlos Saul Menem incontra la stampa italiana. Sono per il Paese dei giorni critici, a causa dell'«effetto tequila» del crollo messicano, ma la fase più dura sembra passata. Gli investitori internazionali stanno sottoscrivendo il prestito in dollari argentini, dopo che quello interno, pure in dollari, è già stato coperto. Il Fondo monetario e le altre istituzioni, valutando la serietà delle misure prese, daranno i prestiti necessari. «La crisi sta per essere superata - annuncia Menem -. Dieci giorni fa non avrei potuto dirlo, ma oggi sì. Stiamo ricomponendo le nostre finanze, il tessuto bancario aveva cominciato a disgregarsi, ma ora si sta ricostruendo grazie ai nostri impegni e al coordinamento con gli enti e la finanza internazionale». C'è qualcosa di simbolico nella visita del ministro italiano, ed è la vicinanza dell'Italia all'Argentina in situazioni come queste. «Non dimentichiamo - dice Menem - che l'Italia fu l'unico Paese ad aver aiutato il nostro quando nessuno ci faceva crediti». E' alla «Casa Rosada» dal luglio '89, e con lui nella residenza che vide i fasti di Peron con Evita prima e Isabella poi, è tornato un movimento che si richiama al giustizialismo. Di fatto la sua presidenza ha segnato il distacco da quella confusa demagogia, smantellandone lo statalismo interno e il terzomondismo esterno. Menem si prepara alla rielezione alla presidenza con le votazioni del 14 maggio, forte dei successi di questi anni. Alla vigilia del voto, non ha esitato però a imporre misure impopolari per la difesa della stabilità economica dall'«effetto Messico»: inasprimenti fiscali e tagli di oltre il 10% agli stipendi, una manovra di circa 4 miliardi e mezzo di dollari, oltre 80 mila miliardi. Altro che populismo. Sui sondaggi che lo danno vincente con oltre il 25% in più del primo degli oppositori influisce certo l'onda emotiva per la tragica fine di suo figlio, Carlos Saul junior, morto due settimane fa in un incidente col suo elicottero. Ma il fatto è che la gente, memore dell'inflazione galoppante fino a quattro anni fa, ha capito la necessità di misure radicali per non tornare indietro. Dietro alla sua fama di playboy e le sue diatribe con la bella moglie Zulema, c'è un politico che ha incarnato sviluppo e stabilità. In apertura del colloquio, il ministro Agnelli - come lei stessa ci racconterà - gli ha ricordato di aver dichiarato tempo fa in una intervista che l'Italia «avrebbe bisogno di un Menem», aggiun¬ gendo che «ora Dini sta facendo proprio questo». «L'inflazione è a zero, e affronteremo una deflazione, ma abbiamo grandi possibilità per il futuro - dice il Presidente -. Abbiamo chiesto al ministro Agnelli di ricomporre rapidamente le nostre relazioni, rimaste ferme non solo a causa della crisi argentina, ma anche per fatti italiani, come per esempio Mani pulite, o crisi politiche che hanno avuto serie ripercussioni da noi. Con questa visita ricomincia una proficua attività». Ricorrenti polemiche sui desaparecidos, per i quali non si è mai avuta una lista completa, i tagli agli stipendi, il dover restar rinchiusi nella caserme dopo aver spadroneggiato, non comportano il rischio di altri «pronunciamientos» militari? E la severità delle misure di austerità, non pesa soprattutto sui più deboli? Menem, che sotto i militari si fece cinque anni di galera, è deciso: «C'è stato un solo tentativo anni fa, che non ci ha trovato né impreparati né blandi. I respon- sabili sono stati condannati all'eragastolo, figure minori sono state graziate. Un uomo di governo deve pacificare il Paese. Possiamo garantire che non ci saranno altri tentativi. In quanto Presidente, sono io il comandante delle forze armate, e posso dire che esse sono leali. Per i desaparecidos ci sono state inchieste e provvedimenti del mio predecessore e miei. Altri nomi siamo riusciti ad aggiungerne a quelli già resi noti. Ma mestatori dell'ultrasinistra continuano a tirar fuori queste storie. Si vuol fare di una vittima, quale fui io allora, un colpevole». Per le classi più deboli, «il problema è la disoccupazione, ma abbiamo in programma grandi opere pubbliche per creare posti di lavoro». In tutto l'incontro, il Presidente parla come s.e fosse gonfio di lacrime. La figura è ancora quella elegante del personaggio che ha fatto sognare le periferie e i barrios, ma la telenovela è finita. Il tono non è più quello dello spavaldo hidalgo, ma di un padre di¬ strutto. Ha mai pensato, nei giorni della morte del figlio, di ritirarsi, di cedere al dolore? «No, tirarmi indietro sarebbe stato sleale verso di lui. Nella vita ho avuto molti colpi brutti, ma questo è il peggiore. Proprio il giorno della sua morte, un mercoledì, mi sono detto che il lunedì successivo sarei tornato in ufficio, per raddoppiare gli sforzi per il mio Paese. Il dolore è il prodotto dell'amore, e bisogna convertire questo dolore in un altro tipo di amore per restituirlo alla società. Quel giorno, prima di uscire, lui aveva detto a sua madre che bisognava fare una fondazione per i poveri. E' quello che faremo, per esaudire il suo desiderio. E anch'io servirò l'Argentina con questo scopo». Maradona gli è slato vicino? «Sì, come tutto il Paese. Maradona ha passato la notte con noi dopo la disgrazia, e continua a essere vicino a mia moglie, mia figlia e me. E' un'amicizia molto cara». Fernando Mazzetti I Presidente argentino Menem: stiamo per superare la crisi finanziaria

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