Silvio: vincerò i referendum di Augusto Minzolini

Silvio: vincerò j referendum LA STRATEGIA DELL'EX PREMIER Silvio: vincerò j referendum «Sarà la sinistra a farli slittare di un anno» IROMA N un angolo di Montecitorio Francesco D'Onofrio, personaggio di spicco della premiata ditta «Casini fr Mastella», ragiona su un inedito scenario futuro. «Un dato è cambiato rispetto a dieci giorni fa - osserva lui che pure è un trattativista ad oltranza -: il centro-destra potrebbe vincere le elezioni regionali e questo cambierebbe tutto, lo schema di D'Alema che si basava sulla vittoria dei progressisti in questo caso andrebbe a farsi benedire. Sull'onda della vittoria nelle regionali noi potremmo puntare a raddoppiare con i referendum. La sinistra, a quel punto, per evitare una probabile sconfitta sui referendum potrebbe fare in modo di rinviarli accettando di votare a giugno. Ecco perché ritengo che l'ipotesi di elezioni prima dell'estate non sia tramontata...». Su un altro divano di Montecitorio Gino Giugni, deputato progressista, si lascia andare ad una dissertazione che è coniugabile con i discorsi di D'Onofrio. «Secondo me - spiega - ci hanno fregato Bossi e lo spappolamento del ppi. E il rischio che in questa situazione le elezioni regionali noi le perdiamo c'è, eccome. Questa ipotesi cam- bierebbe tutto il quadro. In quel caso, infatti, Berlusconi potrebbe puntare tutto su dei referendum politicizzati: giocare la carta di un referendum, quello sulle Tv, tutto incentrato sulla sua persona, e di un altro, quello sul sindacato, incentrato sui suoi avversari. Così i due referendum si trasformerebbero per lui in un ottimo trampolino per le elezioni ad ottobre. Mentre la sinistra per risparmiarsi almeno una sconfitta potrebbe essere costretta a riconsiderare l'idea di non votare a giugno». Sono paure che tra i progressisti non appartengono solo a Giugni. Gli stessi discorsi, infatti, riecheggiano poco più in là anche sulla bocca di Lanfranco Turci. «E' vero - dice il deputato pidiessino - D'Alema ha giocato tutto su una vittoria nelle elezioni regionali, ma da come si stanno mettendo le cose noi potremmo avere dei guai». Forse bisogna partire da queste scene «rubate» al tran-tran di Montecitorio per capire le ultime sortite del cavaliere. A prima vista quel Berlusconi che percorre in lungo e in largo i corridoi della Camera sparando contro il Parlamento che ha approvato la costituzionalità del decreto sulla par condicio, o che appena qualche giorno fa chiedeva - unico al mondo - le elezioni a giugno, potrebbe sembrare un folle o un uomo disperato che sogna impossibili rivincite. Nella realtà, invece, il cavaliere dopo il silenzio degli ultimi giorni, ha scoperto di avere ancora delle «chance». Insomma, la sua follia, se è proprio tale, è una lucida follia, ha del metodo. Nel comizio che il cavaliere improvvisa nel Transatlantico si intrawedono chiaramente quali sono i suoi disegni. Dice Berlusconi: «Io i referendum li voglio fare. L'azienda è un'altra cosa, io sul piano politico li voglio fare davvero. E sono sicuro di vincerli. Questo Parlamento è una farsa, una caricatura della democrazia. Io non ho mai creduto all'idea che si possa votare ad ottobre. Ma perché bisognerebbe andare ad ottobre? Perché è l'interesse di una parte? E questo che significa? Le elezioni a ottobre non fanno certo gli interessi del Paese. Inoltre? Chi dice di voler votare a ottobre, in realtà pensa a qualcos'altro...». Cioè all'anno prossimo. Ecco perché, nella logica di Berlusconi, le regionali assumono una rilevanza fondamentale. Sono quasi un'ultima «chance» che lo stato maggiore del Polo affronta, almeno sulla carta, in condizioni favorevoli. L'altro schieramento, infatti, si presenta diviso: la Lega va per conto suo, mentre i popolari di sinistra e Rifondazione alternano la loro presenza nelle alleanze regionali che compongono lo schieramento progressista. E questa situazione è fotografata nei sondaggi (l'ultimo commissionato ieri da Famiglia Cristiana alla Swg prevede una vittoria del centrodestra). Non per nulla Claudio Burlando, responsabile degli enti locali del pds, già mette le mani avanti: «Probabilmente - ha spiegato ieri - ci sarà una patta. Sette regioni a noi, 8 a loro; o viceversa». Ma la speranza è l'ultima a morire e la strategia del Polo è tutta condizionata dal risultato delle regionali. Berlusconi, ad esempio, ieri ha perso tutto il pomeriggio ad analizzare nella casa di via dell'Anima i punti deboli del suo antagonista alle prossime elezioni politiche, Romano Prodi: di fatto, l'expresidente del Consiglio già si considera in campagna elettorale per il rinnovo del Parlamento. E a Montecitorio la tattica dello schieramento di centro-destra è tutta improntata all'attesa, all'ostruzionismo. Ieri i capigruppo dell'exmaggioranza hanno cominciato ad usare la tattica della verifica del numero legale con dei propositi ben chiari: «Quando dimostreremo - ha spiegato Tatarella - che questo Parlamento è bloccato, do¬ po la vittoria nelle regionali voglio vedere come potranno evitare che si voti a giugno». E Francesco Storace, relatore alla commissione Cultura per la legge sulla Rai, ha già predisposto un intervento monumentale per mandare avanti la sua «prolusione» per settimane. Tutto in attesa del 23 aprile. Spiega Giuseppe Pisanu, regista della strategia di Forza Italia nell'aula di Montecitorio: «Chiederemo la verifica del numero legale oggi, domani e dopodomani. Questo governo per andare avanti dovrà tenere in aula la maggioranza di 315 deputati. E si tolgano dalla testa di non votare i referendum. Debbono essere loro a dire che non li vogliono e alle nostre condizioni». Insomma, dopo una settimana di silenzio la battaglia è ripresa. Del resto Guglielmo Negri, il sottosegretario per i rapporti con il Parlamento, aveva spiegato qualche giorno fa a Lamberto Dini in questi termini il silenzio temporaneo del cavaliere: «Questi per ora stanno zitti, ma dopo le regionali torneranno a reclamare le elezioni a giugno. Non ci faranno più lavorare...». Augusto Minzolini I Sopra il presidente Fininvest Confalonieri. A lato, Berlusconi