Il direttore arrestato prima dei funerali di suo padre E' choc alla Gazzetta «Russo ci ha traditi»

Il direttore arrestato prima dei funerali di suo padre Il direttore arrestato prima dei funerali di suo padre ¥ choc alla Gazzetta «Russo ci ha traditi» BARI DAL NOSTRO INVIATO Lo psicodramma al giornale è cominciato ieri mattina alle 7,15, quando la porta dell'ascensore fermo si ò spalancata per lasciar passare un uomo che reggeva una sacca da viaggio, in mezzo a due carabinieri in divisa. I tre hanno attraversato la redazione ancora deserta e si sono chiusi in un ufficio. Poco dopo il telefono ha squillato nella stanza di uno dei pochi dipendenti presenti a quell'ora: il responsabile tecnico del giornale, Costantino Bepi. «Sono Russo, puoi venire un attimo?», ha mormorato la voce dall'altro capo del filo, e Bepi si è precipitato. Sapeva cosa era accaduto, gli avevano detto già all'alba che Franco Russo, numero uno della «Gazzetta del Mezzogiorno», era finito con le manette ai polsi. «Qui ci sono due lettere: una all'editore, l'altra al comitato di redazione», ha detto il direttore. Ma l'ufficiale è stato tassativo: «Lei è agli arresti, non può comunicare con nessuno», ha detto, e ha sequestrato i fogli. E' finita così, in un mattino di bufera, con il vento e la pioggia che spazzavano le strade di Bari, la folgorante carriera di un giornalista con pochi scrupoli. E nello stesso momento è cominciato il dramma collettivo dei 100 redat- tori della «Gazzetta del Mezzogiorno», oltre un secolo di vita e 75 mila copie vendute ogni giorno. Qui a Bari si dice che «se una notizia è stata pubblicata dalla Gazzetta vuol dire che è vera», come dire che il giornale è in simbiosi con le istituzioni locali, legato da sempre al potere con tutto quello che in esso c'è di buono e di cattivo, di sano e di malato. Lo sapeva anche Russo, chiamato a dirigere il giornale alla fine dell'agosto scorso. Lo sapeva bene al punto da utilizzare il quotidiano, come scrivono i magistrati, per compiere estorsioni e «intimidazioni derivanti dalla sua condizione di giornalista in pos¬ sesso di notizie». Lui, professionista dell'informazione «affermato e nel cuore degli editori», si muoveva «nel mondo della città che conta adottando la tattica sistematica dell'estorsione». E ora, nello stanzone al terzo piano del palazzo della Gazzetta, in via Scipione l'Africano, cronisti alle prime armi e vecchi volponi del giornalismo barese scuotono il capo con l'aria affranta. Si interrogano fino ad un certo punto, perché molte cose le sapevano già. E' vero, esprimono «solidarietà umana» al direttore che proprio nel giorno del suo arresto avrebbe dovuto recarsi ai funerali del padre morto due giorni fa, ma al tempo stesso c'è il collega che ti dice senza mezzi termini: «Parliamoci chiaro, qui Russo è sempre stato considerato un corpo estraneo. Cura- va altri affari, non quelli del giornale». E ti spiega come la nomina del direttore, succeduto a Antonio Spinosa, arrivò in redazione come un fulmine a ciel sereno. Certo, Russo ottenne una valanga di sì all'assemblea di gradimento, perché era molto legato all'editore Stefano Romanazzi e nel Dna della filogovernativa Gazzetta non ci sono geni rivoluzionari. Soprattutto in un momento così delicato della vita del quotidiano, che sta vivendo una separazione «consensuale» fra l'editore storico, Giuseppe Gorjux, e quello arrivato in un secondo momento, Romanazzi. Eppure molti redattori vorrebbero cancellare, se fosse possibile, quel giorno dalla storia del giornale. Ricordano il passato del nuovo direttore e commentano amareggiati: «Tutti sapevamo che prima o poi sarebbe accaduto qualcosa del genere». Raccontano quando nel '77 Russo, «corpo estraneo» in questo giornale, venne arrestato per un tentativo di estorsione da due milioni ai danni del «Consorzio Onoranze Funebri» di Foggia, dove dirigeva la redazione. Rinchiuso nel carcere di Lucerà, chiese ad un amico di parcheggiargli la Porsche davanti al penitenziario, «perché da qui esco presto». Condannato in primo grado, assolto in secondo, tornò al giornale come inviato per poi diventare caporedattore, vicedirettore e, ad agosto, direttore. «Domani facciamo tre pagine sul fatto, ragazzi dobbiamo reagire», incita il caposervizio. La paura è che la Gazzetta possa crollare sotto il peso di tutte le manette scattate nelle case della Bari che conta, quella che probabilmente sperava di avere attraversato senza danno il ciclone di Tangentopoli. Una paura sintetizzata nella frase di un cronista: «Russo è Russo, la redazione è un'altra cosa: non è giusto coprirsi di merda per colpa di uno che si faceva portare in ufficio lo champagne dall'autista». L'incarico di direttore è assunto da ieri da Giuseppe Gorjux, affiancato da Lino Patruno. «L'immagine del giornale non può essere compromessa da quest'episodio 'riste - spiega il vecchio editore -. Se mi sento tradito da Russo? Mi permetta di non rispondere: fino a sentenza definitiva è da considerarsi innocente». La «Gazzetta del Mezzogiorno». Sotto Formica e Lattanzio

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