«la truffa al Vaticano? Idea solo mia»

Per 13 ore minaccio: mi uccido Svolta nell'inchiesta Orlandi: «Don Tonino e il legale erano pedine inconsapevoli» «la truffa al Vaticano? Idea solo mia» Preso il terzo uomo, scagiona il prete e l'avvocato ROMA. L'hanno arrestato ieri notte nella casa della Caritas dove abitava, a Foggia: dodici ore più tardi, seduto davanti a due magistrati nel carcere romano di Rebibbia, Francesco Pio Sbrocchi - il «terzo uomo» del grande imbroglio che un'improbabile Organizzazione stava tessendo ai danni del Vaticano speculando sulla scomparsa di Emanuela Orlandi - ha confessato di essere l'artefice della tentata «stangata» che doveva fruttargli una quarantina di miliardi. Don Tonino Intiso e Matteo Starace, il direttore della Caritas foggiana e l'avvocato finiti anche loro in galera con l'accusa di tentata estorsione, secondo Sbrocchi sarebbero solo due pedine inconsapevoli utilizzate per arrivare al Vaticano. Sbrocchi racconta e minimizza tutta la vicenda dello sciacallaggio sul rapimento di Emanuela Orlandi, la quindicenne sparita a Roma nel 1983. Dice che a pensarci sono stati lui e alcuni amici sui quali ha fornito indicazioni per identificarli; che per costruire una storia che stesse in piedi ò andato in biblioteca a leggersi le collezioni dei giornali degli anni scorsi, in modo da raccogliere qualche notizia sul «caso Orlandi» e disegnare uno scenario credibile; che quando la notizia della trattativa è uscita sul Messaggero s'è seccato molto, perché ha capito che sarebbe andato tutto a monte. Ma don Intiso e l'avvocato Starace, ripete, non c'entrano: «Loro erano realmente convinti che Emanuela fosse viva». Il loro ruolo, secondo il «terzo uomo» fu solo quello di creare un contatto col Vaticano, che però non portò da nessuna parte. Mente o dice la verità il pregiudicato trentaseienne che in passato ha avuto altri guai con la giustizia per altre storie di truffe, raggiri e calunnie? E' quello che adesso devono capire il giudice istruttore Adele Rando e il sostituto procuratore generale Luigi Gennaro, che hanno interrogato l'uomo per tutto il pomeriggio di ieri. Ora le indagini riprenderanno per cercare le verifiche al racconto di Sbroc- chi, e scoprire se è davvero tutto frutto della sua mente e di quella di qualche amico sbandato come lui. Sbrocchi giura che dietro non ci sono organizzazioni criminali né altri «mandanti», e dà una mano al prete e all'avvocato che avevano detto di aver agito in buona fede: il lavoro degli investigatori dovrà chiarire se le cose stanno realmente così. A far arrestare Sbrocchi è stato don Fausto Parisi, un altro prete collaboratore di dòn Intiso, che ha chiamato il 113 quando ha visto la sua auto parcheggiata davanti a casa. «L'ho fatto per aiutarlo a non nascondersi ancora e a raccontare finalmente tutta la verità sulla vicenda» dice don Fausto, il quale rivela che il pregiudicato era scappato coi tre milioni della cassa della Caritas, e che in passato aveva fatto vendere ai genitori venti ettari di terreno per coprire un giro di assegni che lui aveva falsificato con la firma del padre. «E' un mitomane, un truffatore, ha sempre parlato come un folle - racconta il sacerdote - ma ogni tanto qualche frase sensata la dice, e così è riuscito a convincere don Tonino a credergli». Già un anno e mezzo fa, davanti al giudice di Melfi che l'accusava di ricettazione, falso e truffa, Sbrocchi raccontò di sapere delle cose sul «caso Orlandi» tirando in ballo un altro pregiudicato, un ex parlamentare e un <opentito». Di lui, i giudici della corte d'appello di Potenza che l'hanno condannato a un anno e mezzo di carcere per calunnia hanno scritto: «E' un soggetto privo di una sia pur minima credibilità, disturbato e logorato dalle vicende giudiziarie». [gio. bia.] Francesco Pio Sbrocchi ha confessato di essere l'artefice del tentativo di estorsione

Luoghi citati: Foggia, Melfi, Potenza, Roma