Confalonieri e D'Alema faccia a faccia sul futuro della emittenza pubblica e privata Antitrust duello Fìninvest-pds di Maria Grazia BruzzoneMaurizio Costanzo

Confalonieri e D'Alema faccia a faccia sul futuro della emittenza pubblica e privata Confalonieri e D'Alema faccia a faccia sul futuro della emittenza pubblica e privata Antitrust, duello Fìninvest-pds Costanzo e Santoro annunciano Telesogno «Il terzo polo può diventare realtà» ROMA. D'Alema e Dotti, Confalonieri e Letta insieme a Napolitano. E di fronte i Santoro, i Guglielmi, i Curzi con il codazzo delle loro schiere, e il direttore della Fieg Sortino e il presidente della Fnsi, Roidi, e un bel pezzo della Rai, Tana de Zulueta per Videomusic con l'ex padrona Marcucci e Milano per Tmc, Mussi e Vita insieme a Bonsanti, Bogi diventato progressista e l'immancabile Usigrai. Eccoli lì schierati, i protagonisti della nuova, eterna battaglia italiana, quella sulla televisione. Aggiornata al 1995, terzo atto: «Antitrust». C'è persino Augias, a fare da moderatore come in ogni show che si rispetti. Ma la foto di gruppo rimanda a vent'anni fa, al primo atto della lunga guerra, che aveva per tema la riforma della Rai, allora ancora monocristiana. Con i privati di là da venire, protagonisti dell'atto secondo, quella legge Mammì oggi da abbattere. Ci sono proprio tutti, e non pochi sono gli stessi di allora. Né è senza significato che i grandi protagonisti, Forza Italia e Fininvest, abbiano accettato di confrontarsi in pubblico con gli avversari Progressisti, anzi, col pds organizzatore del convegno, visto che i grandi assenti di oggi sono proprio i de, vecchi e nuovi. «Trovarci qui a parlare dei problemi con ragionevolezza e competenza è una cosa positiva, se pensiamo che fino a ieri ci andava il sangue agli occhi», commenta, amichevole, Fedele Confalonieri, l'unica vera «colomba» nel talk-show di ieri. Perché gli altri hanno sì accetta- to il confronto pubblico come prova che nessuno si tira indietro, che il dialogo è aperto e non si svolge nei meandri dei corridoi. Ma a ben guardare, la disponibilità concreta sembra ancora davvero poca. I contendenti non si scoprono; e, appena lo fanno, affondano subito il coltello perché sia chiaro che nessuno ha intenzione di cedere. E alla fine viene da chiedersi se tutto il can can sull'antitrust non finirà per risolversi, a breve, in qualcosa che è meno di un dimagrimento reale di Rai e Fininvest. Viene il dubbio - mentre Berlusconi da Milano continua a tuonare contro l'antitrsut - che allora bisognerebbe estendere a tutto, anche alle auto e ai telefonini - che l'auspicato Terzo polo, intanto che la discussione procede sulle tecnologie avanzate e quant'altro, tanto per cominciare, sarà soltanto la subconcessione, in qualche forma, di una rete Fininvest alla Artisti Associati dei Guglielmi, Santoro, Costanzo, magari anche dei Curzi. Perché «un terzo o un quarto polo culturalmente identico a quelli esistenti non alzerebbero il basso livello culturale della tv», spiega l'ex direttore di Rai3. Perché «anche noi dobbiamo poter trovare all'edicola una tv in cui riconoscerci», si lascia scappare D'Alema. Padrone di casa, il segretario del pds esordisce con la concessione che «sarebbe utile uscire da una guerra delle tv che il referendum non risolverebbe». Ma subito ricorda che la Mammì «è sì una legge dello Stato, ma dichiarata incostituzionale dalla Corte». E comunque «una legge nuova, che dia delle certezze, converrebbe anche alla Fininvest o, quando sarà costretta a cedere la sua rete, potrà solo svenderla a Porta Portese». «Qui nessuno concede nulla a nessuno» avverte D'Alema. Che suadente rammenta che per Berlusco¬ ni «esiste comunque un problema deirincompatibilità» e ribadisce che il eda della Rai «se ne deve andare». Poi però si ammorbidisce proponendo che «intanto ora, attraverso una riduzione di Rai e Fininvest, si faccia il Terzo polo, verso cui comunque si deve andare». E addirittura propone una Rai «servizio pubblico a un solo canale finanziato dal canone, il resto privatizzato, tutto o in parte», con gli impianti scorporati e messi in comune con quelli dei privati in un «sistema Italia». Certo, D'Alema rispondeva a un Dotti tanto poco colomba, da indurre Augias a scherzare sulle «piume nere che spuntano sul manto candido». Un intervento pieno di niet. «Non siamo disposti a strozzare la discussione perché ci sono i referendum - che tanto vinciamo - o perché bisogna votare a ottobre». «Non vorrei che l'obiettivo si spostasse da una legge organica a un intervento rapido, tanto per aggiustare le cose in qualche modo». (Anche Napolitano aveva parlato della possibilità di uno stralcio). La sua Ènea - che anticipa la proposta di legge di Forza Italia in arrivo giovedì - è che la Consulta non chiede affatto di ridurre le reti in sé ma solo in rapporto alle frequenze disponibili. «E noi chiederemo che vengano ampliate le frequenze, come vuole anche la Cee», sostiene Dotti. Che aggiunge la possibilità di «agire sul pluralismo nelle reti Fininvest: nel periodo transitorio - propone - potremmo spegnere le news, senza toccare le strutture di impresa». Spegnere le news e magari dar vita al Telesogno dei Santoro Guglielmi Costanzo &• C. «Magari l'avessimo fatto subito; non saremmo arrivati a questo punto», sussurra Confalonieri. Maria Grazia Bruzzone Il segretario del pds Massimo D'Alema con il presidente della Fininvest Fedele Confalonieri A destra Maurizio Costanzo

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